«E tu sarai benedizione (Genesi XII:II)»

«Le benedizioni sono affidate nelle tue mani (Rashi)»

Due soci. All’epoca del Baal Shem Tov, c’erano due sarti, Reb Moshé e reb Yankel che vivevano nella città di Vilna. Essi esercitavano il loro mestiere in modo onesto e confezionavano abiti per i poveri del loro quartiere. Poiché il numero dei sarti era grande, i nostri due amici decisero di associarsi e di spostarsi alla ricerca di clienti. Andavano nei villaggi della regione e lavoravano duro poiché nella maggior parte dei paesini circostanti non c’erano sarti. Così Reb Moshé e reb Yankel riuscirono a guadagnarsi da vivere anche se modestamente. Dopo lunghi anni di spostamenti, lontani da Vilna, decisero di tornare in città con il ricavato in tasca. Sulla strada del ritorno incontrarono un ebreo, un collettore delle imposte per conto del paritz locale, il signore proprietario delle terre di quella zona. Sembrava abbattuto e i due amici gli chiesero cosa non andasse. Dopo tentennamenti, si decise a parlare e raccontò che la figlia del nobile era in procinto di sposarsi e quindi il padre l’aveva incaricato di trovare un eccellente sarto per la confezione dell’abito nuziale. Aveva fatto venire i più bravi professionisti della regione ma nessuno purtroppo piacque al padrone e a sua figlia. La data del matrimonio si avvicinava e il paritz si stava facendo minaccioso: se non avrebbe trovato un sarto all’altezza del compito, sarebbe stato scacciato dalla città e cose peggiori sarebbero potute accadergli.

I due sarti si guardarono e poi dichiararono all’unisono: «Ottimo! Noi siamo sarti e possiamo cucire l’abito da sposa». Il collettore cominciò a ridere: «Voi due? Ho incontrato i più abili ed esperti sarti della regione e non sono stati in grado di soddisfare il gusto del mio padrone. Spiegatemi in che modo potrei raccomandarvi presso di lui allorché cucite vestiti solo per il popolo? Come potrete confezionare un abito da sposa che è peraltro figlia di un nobile?»

«Lei ha ragione di essere dubbioso», risposero gli interessati, «tuttavia, siamo sicuri che la Provvidenza ci ha condotti fino a qui; e poi, cos’ha da perdere? A noi il paritz sembra abbastanza matto da poter apprezzare il nostro lavoro!» Il collettore pensò che, in effetti, non aveva tanta scelta. Così presentò i due amici al suo padrone. Questi concesse loro l’autorizzazione di creare l’abito da sposa. Ebbene sì, a lavoro eseguito, ne fu completamente incantato. Non solo, ordinò tutto il guardaroba per la cerimonia nuziale; e senza torcere il naso pagò lautamente i due artigiani per il loro lavoro. Fece chiamare il collettore per ringraziarlo di aver trovato dei sarti così bravi. Aggiunse che poteva tenersi il lavoro senza farsi crucci.

***

Una grande mitzvà. Quando la moglie del paritz vide l’esultanza dei due sarti per il successo del loro correligionario, si rivolse al marito: “Ma guarda, guarda la gioia di questi due ebrei. Sono così felici che il loro amico non è stata scacciato via dal villaggio. Sono sicura che potrai parlar loro di un altro correligionario, l’ex collettore che languisce in prigione. Forse potranno pagare il riscatto che tu esigi per la sua libertà”. Il paritz chiamò i due amici e informò del triste destino del prigioniero, incarcerato con i suoi familiari in una cella sotterranea perché in debito con il paritz stesso. La loro prigionia durava da così tanto tempo che supplicavano di morire pur di non vivere rinchiusi.

«Qual è l’ammontare del debito?» domandarono i sarti.

«Quattrocento rubli d’argento» ripose il paritz.

Reb Moshé guardo l’amico: «Cosa ne pensi?»

«Sei matto?» ribatté reb Yankel. «Se la somma fosse più ragionevole, sarei disposto a venire incontro. Non dimenticare che i soldi che possediamo sono il frutto di lunghi e faticosi anni di lavoro!»

Reb Moshé disse: «Allora ti propongo questo: mettiamo un termine alla nostra collaborazione e dividiamoci il ricavato». Dopo aver diviso il denaro, ognuno di loro possedeva esattamente… quattrocento rubli d’argento a testa. Nonostante i tentativi di persuadere l’ex-socio a donare qualcosa, Reb Yankel rimase inflessibile: non voleva dare un solo rublo. Di conseguenza reb Moshé versò tutti i quattrocento rubli d’argento che aveva guadagnato col sudore della sua fronte. Il paritz afferrò il denaro e ordinò l’immediata liberazione della famiglia dell’ex collettore che ringraziarò sentitamente reb Moshé.

I due ex soci lasciarono il villaggio e tornarono a Vilna.

***

Le benedizioni. Al suo arrivo, reb Yankel investì tutto il suo denaro in un’attività commerciale che diventò ben presto molto florida. Nel frattempo, reb Moshé, che non possedeva più niente, incontrò le peggior difficoltà a sopravvivere. Il suo morale era a terra e doveva mendicare per un po’ di cibo. In una delle volte che elemosinò un po’ di soldi per poter mangiare, un uomo d’affari gli rispose: «E io cosa ricevo in cambio dei soldi che ti dò?»

«Le darò la mia benedizione», rispose reb Moshé.

«Ma cosa vale la benedizione di un povero miserabile?» pensò l’uomo. Ciononostante, gli diede qualche monetina e Reb Moshé lo benedisse.

Quello stesso giorno, le negoziazioni che l’uomo doveva contrattare con un fornitore molto difficile si rivelarono estremamente fruttuose. Ciò lo sorprese tanto che decise di cercare reb Moshé poco prima di un altro appuntamento con lo stesso fornitore. Così fece. Diede la carità a reb Moshé, ottenne la benedizione, si recò all’appuntamento e andò tutto liscio. E così il commerciante prese l’abitudine di rivolgersi sempre a reb Moshé prima di un affare importante. In pochi mesi la sua attività prosperò ancora di più fino a farlo diventare considerevolmente ricco.

Non aveva parlato a nessuno delle sue nuove abitudini. Ma un giorno le condivise con i suoi amici. In poco tempo il passa-parola ebbe il suo effetto e la gente prese l’abitudine di rivolgersi a reb Moshé per una benedizione. Tutti coloro che venivano da lui riscuotevano immediato successo nella vita.

Un giorno, due chassidìm del Baal Shem Tov arrivarono a Vilna per vedere reb Moshé. Al ritorno raccontarono al maestro il fenomeno “reb Moshé”. Alche il Tzaddik chiese loro di invitarlo a casa sua, a Medziboz. Moshé ne fu lusingato e preso da grande gioia. Accettò immediatamente la proposta. Quando il tzaddik incontrò reb Moshé, gli chiese: «Lei sa per quale ragione il dono delle benedizioni le è stato regalato dal Cielo?» Reb Moshé ripose che non ne aveva la minima idea. Allora il Baal Shem Tov gli chiese di raccontargli gli eventi importanti della sua vita. E questi glieli raccontò concludendo con l’episodio del paritz, del matrimonio di sua figlia e del denaro che lui aveva versato per il riscatto del collettore imprigionato.

«Non dica più niente. Esclamò il Baal Shem Tov!» A partire da quel giorno. Il Baal Shem Tov insegnò la Torà a Reb Moshé e le preoccupazioni si allontanarono per sempre dalla vita di reb Moshé. Diventò un grande Tzaddik e scrisse libri in materia di Kabalà.