Il primo venerdì del mondo, il sesto giorno della Creazione, quando tutto era innocente e puro, Adamo ed Eva vivevano nel Giardino dell’Eden, appena creato dalle mani di D-o.
A loro fu dato il compito di coltivare il Giardino e di proteggerlo e D-o comandò: «Dall’albero della conoscenza voi non mangerete, nel giorno in cui lo farete, morirete». Avevano una scelta: trattenersi dal mangiare il frutto dell’albero e vivere per sempre nel Giardino oppure mangiarlo ed essere cacciati nel mondo esterno. Non erano trascorse che tre ore dalla loro creazione, quando mangiarono dall’albero. D-o permise loro, tuttavia, di trattenersi là per lo Shabbàt, ma quando il santo giorno passò furono cacciati dal Giardino dell’Eden per sempre.
È una storia curiosa che fa sorgere spontanee alcune domande. D-o creò due esseri umani perfetti, privi di alcuna malizia. Egli in persona, l’Altissimo, comandò loro direttamente di non mangiare il frutto di un determinato albero. Che cosa fecero allora queste due anime innocenti, che non erano mai state esposte a influenze tali da esserne corrotte? Disobbedirono al Signore in poche ore. C’era forse qualche difetto nella loro creazione? O, cosa impensabile, avevano qualche cosa da ridire con D-o? Un maestro i cui insegnamenti non vengono ascoltati è una cattiva guida. Se D-o parlasse a voi e dicesse: “Non mangiate da un certo albero”, mangereste? A questo punto conviene chiedersi: era veramente l’intenzione di D-o che Adamo ed Eva vivessero per sempre nel Giardino dell’Eden in uno stato di divina rettitudine, innocenza e immortalità? O forse il suo scopo era creare un mondo in cui il male esista e in cui noi possiamo sia obbedire scrupolosamente alle sue leggi e andare in cielo, sia disobbedire e andare all’inferno?
Nell’insegnamento chassidico questa domanda è posta in altri termini: perché D-o volle instillare in noi un po’ di sé, l’anima Divina e l’espose a un mondo di tenebre?
Secondo l’insegnamento della Cabalà, la più precipitosa discesa conduce alla più grande ascesa. D-o creò l’universo seguendo uno scopo ben preciso: crearsi una dimora nel mondo inferiore. Questo è il significato più profondo dell’espressione: qualcosa che si origina dal nulla, com’è descritta la Creazione. Nulla significa che non c’è alcuna cosa che concerne l’universo fisico che giustifichi di per se stessa la sua mera presenza, esiste e ha valore solo il volere di D-o di fare del nostro mondo una dimora per lui stesso, di rendere ospitale per lui questo nostro mondo di carne e pietra, di farne un luogo in cui Egli sia conosciuto e gli venga reso merito. Eva capì che D-o desiderava che il mondo più basso, un mondo che è contaminato dalla morte e dal peccato, avrebbe dovuto elevarsi per unirsi a lui. Ella capì che gli uomini devono lasciare il Giardino dell’Eden e discendere in quel mondo inferiore e là creare la dimora di D-o. Ella comprese il compito di elevare i sei giorni della settimana che ci innalzano portandoci fino alla santità dello Shabbàt e i sei millenni che ci elevano fino alla redenzione ultima.
Così ella mangiò dall’albero e convinse Adamo a fare la stessa cosa. E quando D-o domandò all’uomo: «Hai mangiato dall’albero?» non fu in tono di rimprovero, piuttosto Egli ammirò la saggezza dell’uomo che aveva preso la decisione giusta. Adamo, d’altro canto, nella sua innocenza, ammise che la saggezza derivava da Eva, non era merito suo ciò che era avvenuto. «Lei mi diede dall’albero e io mangiai»; in risposta D-o disse: «Poiché avete fatto questo morirete, mangerete il pane a prezzo del sudore delle vostre fronti e partorirete con dolore». In realtà, questa non fu una punizione per il peccato, ma la giusta conclusione della via che Adamo ed Eva avevano volontariamente intrapreso. Il mondo, in questo modo, sarebbe diventato una dimora confortevole per il Creatore, poiché le cose stesse che lo definiscono - le mitzvòt - sono messe in pratica solo a queste condizioni. Nel fare ciò noi prepariamo il mondo per la redenzione finale.
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