"E una persona innocente e giusta non ucciderai"—Esodo 23:7.

È proibito punire una persona in base a prove indirette, anche se si è praticamente certi della sua colpevolezza.

Ad esempio: Una persona insegue il suo nemico con l'intenzione di ucciderlo. Il ricercato scappa in una casa, seguito dall'inseguitore. In seguito, testimoni entrano nella casa e trovano la vittima uccisa, con il corpo in preda alle convulsioni e l'inseguitore in piedi sopra di lui con un coltello in mano, entrambi coperti di sangue. Le corti non possono giustiziare l'inseguitore poiché non ci sono testimoni che hanno visto l'assassinio con i loro occhi.

Questa legge può sembrare ingiusta, perché potrebbe causare l'esonero di alcuni criminali, eppure c'è un motivo per questo che ora spiegheremo:

Se la Torà autorizzasse le corti di punire una persona nel caso dove la possibilità che sia colpevole è quasi certa (come nell'esempio sopra), potrebbe anche accadere che puniscano persone anche in casi dove la colpevolezza è meno probabile, arrivando anche a giustizare alcuni imputati in base a considerazioni dubbiose secondo l'immaginazione del giudice.

Perciò D-o ha proibito che questi scenari avvengano, proibendo qualsiasi punizione se non ci sono testimoni che sono sicuri, senza alcun dubbio, che l'evento sia accaduto e che non c'è alcun'altra spiegazione ai fatti.

Se non si impone una pena, il peggio che può accadere è che una persona colpevole sarà considerata innocente. Se tuttavia la punizione viene effettuata in base a prove dubbiose, è possibile che un giorno una persona innocente venga giustiziata. Ed è preferibile liberare mille persone colpevoli che giustiziare una persona innocente.

Similmente, se due testimoni testimoniano che una persona ha commesso due reati capitali, ma ognuno di loro era presente a solo uno degli atti commessi, quella persona non può essere giustiziata.