Nato nel 1902 a Nikolaev, in Ucraina, la vita del Rebbe di Lubavitch include molte delle epoche del XX secolo: l'ascesa e la caduta dell'Unione Sovietica, la Shoà, Israele, la rivoluzione culturale degli anni '60 e l'inizio dell'era dell’Internet.

Il Rebbe credeva che ogni persona—indipendentemente dal proprio background o conoscenza—può essere un canale per diffondere bontà e gentilezza ovunque si trovi. Insieme, questi atti combinati illumineranno il mondo, elevandolo e portandovi una vera trascendenza.

Quanto segue offre uno spunto su come il Rebbe, grazie alla sua grande visione, abbia cambiato categoricamente il mondo ebraico.

1. Parla ai giovani

L'ebraismo ha sempre attribuito un ruolo fondamentale all’educazione, considerandola la chiave per la continuità del popolo ebraico. Il Rebbe, tuttavia, ha chiarito l’importanza dell’esperienza e dell’interazione come elementi essenziali per trasmettere questi preziosi insegnamenti alle generazioni future.

Piuttosto che considerare i bambini semplicemente come adulti non ancora formati, il Rebbe riconosceva nel vigore, nell’apertura e nella ricerca della verità dei giovani un vantaggio unico, capace di insegnare e ispirare anche gli adulti stanchi del mondo. Il Rebbe dedicava discorsi speciali ai bambini, coinvolgendo le loro menti e i loro cuori con parole di Torà.

Dai raduni pubblici degli anni ’50 alla gamificazione dell’impegno ebraico con la rete di Tzivòt Hashem negli anni ’80, il Rebbe capì che era attraverso l’azione che si poteva attivare e indirizzare l’energia innata della gioventù, arrivando infine a ispirare anche gli adulti.

2. La ribellione è una rivelazione

Il Rebbe era un ortodosso ribelle, un tradizionalista radicale. Negli anni Sessanta, parte dell’establishment ebraico osservava con disprezzo ciò che stava accadendo tra i giovani e gridava: Disordini studenteschi! Hippie e persone strane! Questa è certamente una generazione smarrita e fuori di testa.

Il Rebbe, invece, proclamava: Finalmente, l’iceberg dell’America comincia a sciogliersi! Finalmente, i suoi giovani dimostrano che il conformismo non è lo scopo ultimo della vita! Hanno abbattuto gli idoli del falso progresso; ora devono solo essere guidati di nuovo verso le acque vive della loro eredità.

3. La forza dell’anima femminile


Un giorno, il Rebbe fu visitato da un influente politico di New York e sua moglie. Notando che la donna, un’avvocata affermata a pieno titolo, rimaneva in silenzio durante la conversazione, il Rebbe si rivolse a lei e chiese: “Perché non dici nulla? Questi sono i giorni dei diritti delle donne...”

Mentre il mondo faticava a includere le donne nel contesto della tradizione ebraica, il Rebbe da tempo le aveva già rese protagoniste: leader e pensatrici, artefici del futuro ebraico e portatrici di luce nel mondo.

4. Nessuna persona è mai persa


Il Rebbe vedeva ogni persona come portatrice di una bontà intrinseca e di un ruolo unico nel mondo. Questo significava che persino chi era incarcerato per crimini non poteva essere trascurato o ignorato, ma poteva – e doveva – essere riabilitato e attivato per il bene.

Mentre molti nella comunità ebraica desideravano lavarsene le mani, giudicando certe persone al di sotto della propria dignità, il Rebbe incoraggiava la riabilitazione di questi individui. Anche le famiglie dei detenuti vanno sostenute, ed è necessario promuovere un’educazione preventiva per chi è a rischio.

5. La vera gioia


La gioia è sempre stata un componente essenziale della vita spirituale ebraica. Eppure, troppo spesso, l’esperienza ebraica è stata associata ad aspetti negativi, soprattutto a causa di una storia segnata dalle persecuzioni, culminata negli orrori della Shoà.

Il Rebbe decise di infondere gioia in ogni aspetto della vita ebraica. Ogni momento, ogni buona azione, ogni esperienza può riflettere un senso di orgoglio e diventare un’occasione per gioire. L’ebraismo deve essere festeggiato piuttosto che compianto.

6. Sempre pratico


Il Rebbe creò la campagna delle dieci mitzvòt, incentrata su azioni semplici, pratiche e realizzabili ovunque.

Combinando la sua filosofia di portare l’azione ebraica nelle strade con la consapevolezza dell’importanza dell’esperienza vissuta, il Rebbe unì queste due convinzioni in una richiesta pragmatica: che persone compiano un’azione concreta e immediata. Prenditi un momento per mettere i tefillìn; accendi le candele di Shabbat; mangia kasher. Cosa hai fatto finora, né cosa farai domani non è il punto focale in questo momento. Qui e ora, si tratta di compiere una buona azione. Il legame creato, anche se all’apparenza effimero, è in realtà trascendente ed eterno.

7. L’ebraismo nelle piazze


Al giorno d'oggi, le grandi chanukkiòt pubbliche sono una presenza comune, da Midtown Manhattan al South Lawn della Casa Bianca, dalla Torre Eiffel alle spiagge delle Hawaii, e oltre.

Per secoli, gli ebrei sono stati abituati a nascondere il proprio ebraismo. Il Rebbe celebrava la libertà americana di servire D-o e portò non solo Chanukkà, ma ogni festività ebraica e quasi ogni comandamento al centro della vita pubblica.

Essere ebrei non è qualcosa che avviene solo in sinagoga, ma ovunque un ebreo si trovi, diffondendo luce e bontà anche nelle notti più oscure dell’inverno.

8. Identificarsi con l'ebreo dove si trova


Nel 1974, il Rebbe presentò al mondo il “Mitzvà Tank”: camion o camper trasformati in centri mobili di vita ebraica, dove l’orgoglio ebraico poteva essere espresso alla grande – con audacia, forza e prontezza nel coinvolgere il pubblico. Essere ebrei non era più un’esperienza passiva. Al contrario, la lotta per l’identità e la continuità ebraica divenne un’azione attiva, in cui ogni ebreo poteva prendere una posizione positiva.

9. Una comunità


L’ebraismo è relativamente unico nella sua visione secondo cui i non ebrei non devono diventare ebrei per raggiungere il loro scopo divino. Ognuno di noi, seguendo la propria vocazione, può condurre una vita retta ed etica.

Tuttavia, la storia non ha spesso concesso agli ebrei la possibilità di essere una “luce per le nazioni”, partner nella costruzione di un mondo giusto e retto.

Il Rebbe, invece, incoraggiò tutta l’umanità a seguire i principi morali universali che D-o ci ha affidato, noti come le “Sette Leggi di Noè”.

Ogni individuo ha una strada all’interno del proprio percorso. Ma esiste una base universale che ci accomuna tutti.

Attraverso questa cooperazione, il Rebbe credeva che il mondo potesse raggiungere la sua ragion d’essere finale.

Come disse il Rebbe all’ex sindaco di New York David Dinkins: “Siamo da una parte sola. Siamo un unico popolo, che vive in un’unica città, sotto un’unica amministrazione e sotto un unico D-o.”

10. Usa la tecnologia


Spesso c’è chi considera l’ebraismo tradizionale, in particolare quello praticato dai Chassidim, come anacronistico e contrario alla tecnologia moderna.

Eppure, il Rebbe promosse una visione della vita ebraica non in contrasto con i progressi tecnologici, vedendo in questo campo in rapida evoluzione uno strumento prezioso per raggiungere un bene più grande.

Utilizzando i mezzi di comunicazione più avanzati, il Rebbe incoraggiò già negli anni ’50 l’uso della radio, negli anni ’80 quello dei satelliti, e nei primi anni ’90 quello dell’Internet, affinché fossero messi al servizio della conoscenza e dell’educazione ebraica. Quando la tecnologia veniva utilizzata nel modo corretto, egli insegnava, non era qualcosa di negativo, ma un segno stesso della presenza di D-o e della bontà nel mondo.

11. Lampionai


Diffondere la conoscenza ebraica non è un compito riservato solo ai professionisti o ai leader religiosi. Il Rebbe esortava: se tutto ciò che sai è “alef”, allora insegna “alef”!

Ognuno di noi ha il potere di istruire e ispirare gli altri. Ma non solo: il nostro compito è quello di non limitarci a insegnare, bensì di rendere gli altri pienamente capaci, affinché possano a loro volta insegnare ad altri. Come un lampionaio che accende una fiamma: una volta che lo stoppino è ben acceso, può essere usato per accendere molti altri lumi.

12. Pensa a livello globale . . .


Il Rebbe promosse il messaggio di Ufaratzta — “e ti espanderai” — esortando gli ebrei a viaggiare e stabilirsi nelle comunità di tutto il mondo, seguendo il principio che “anche se conosci solo la lettera Alef, insegna Alef”, offrendo così a ogni singola persona l’accesso alla propria eredità.

Rispondendo a questo appello, circa 5.000 coppie di emissari Chabad-Lubavitch, presenti in oltre 100 paesi, gestiscono oggi 4.000 istituzioni in tutto il mondo.

13. ... Agisci a livello locale


Nonostante la portata globale del movimento Chabad, gli emissari sono parte integrante e viva delle comunità dove vivono. Questo concetto si estende a tutti coloro che ne fanno parte: ogni ebreo ha il potere e la responsabilità di diffondere la conoscenza ebraica.

Ogni comunità — e ogni individuo al suo interno — è investito della capacità di fare un’azione, dire una parola o avere un pensiero, che può inclinare la bilancia e portare la redenzione al mondo intero.