Nelle comunità ebraiche, un tempo, quando iniziava il lieto mese di Adàr, era in vigore un’usanza particolare. In attesa di Purìm, sceglievano una persona spiritosa e la nominavano “governatore” della città in occasione della festa, momento in cui si celebra un tempo in cui nulla è veramente ciò che sembra. Inoltre, venivano nominati alcuni poliziotti, giudici e altri funzionari che eseguissero gli ordini del “governatore della provincia” per un giorno.
Un anno, i chassidìm di rebbe Tzvi di Zhidachov nominarono il giovane e estroverso nipote dello tzadik, Koppel, come governatore della provincia, e gli dissero di emettere alcune leggi divertenti. Egli istituì un “consiglio” formato da studiosi della Torà locali, membri di rilievo della comunità che, nel corso dell’anno, si erano distinti per la loro saggezza e la loro serietà.
Quando, infine, arrivò Purìm, questi sommi cittadini mostrarono al giovane Koppel il dovuto onore e il rispetto adeguati alla sua alta carica. Dopo parecchi giri di liquore, accompagnati da gioiosi brindisi, tutta l’allegra brigata si recò verso la casa del rebbe ballando e ondeggiando.
Dopo aver sorriso accogliente e divertito, anche lo tzadìk fece mostra di grande deferenza nei confronti del personaggio incarnato da suo nipote. Poi, chiese rispettosamente al “governatore” di cancellare le tasse oppressive e antisemite sulle candele e sulla carne kashèr che la sua controparte reale aveva imposto nel corso di quell’anno.
Il “governatore” esaudì volentieri la petizione del suo elettore.
Poi, il rebbe chiese a “sua Altezza” di abrogare la legge che imponeva agli ebrei di essere arruolati nell’esercito, ma a questa richiesta suo nipote scosse il capo duramente. Il rebbe lo implorò più volte, con sempre maggior sussiego e eloquenza, ma il “governatore” continuò a opporsi fermamente.
Infine, il rebbe mostrò di essere molto infastidito. Cambiando tono, ordinò a suo nipote di dichiarare l’intenzione di abrogare la legge della leva immediatamente. Nonostante ciò, il giovane ubriaco non diede ascolto al suo santo zio.
Il sorriso scomparì dal volto degli altri chassidìm quando capirono che il rebbe stava prendendo sul serio la questione, e implorarono Koppel di cedere, ma nemmeno il loro intervento servì a qualcosa. Litigarono con lui e provarono persino a minacciarlo, ma non si smosse. «Non c’è niente da fare», insisteva compiaciuto. Lo tzadìk se ne andò dalla stanza adirato, e si rifiutò persino di guardare suo nipote per il resto della festa.
Il giorno successivo, quando tutti erano nuovamente sobri, tutti i chassidìm si rivolsero incuriositi a Koppel, chiedendogli: «Che cosa ti è preso per opporti a tuo zio, il rebbe, con tale testardaggine?».
Il giovane impallidì. «Che cosa intendete? Non farei mai una cosa simile! D’altra parte –» confessò imbarazzato – ammetto che non mi ricordo nulla di ciò che è accaduto ieri, dopo che siamo andati a casa del rebbe».
Quando gli dissero tutto ciò che era accaduto, ne fu mortificato. Nonostante tutti i testimoni, faceva fatica a credere di aver agito con tale sfacciataggine nei confronti di suo zio.
Quell’anno, le autorità provinciali revocarono veramente le imposte sulle candele e sulla carne, ma la crudele legge che costringeva gli ebrei ad arruolarsi nell’esercito polacco rimase in vigore. Allora, i chassidìm compresero che, durante quel Purìm, avevano assistito a qualcosa che andava al di là della loro comprensione: il loro rebbe non stava scherzando, e ciò che era stato attribuito all’ebbrezza di un giovane, in verità, doveva essere stato un intervento divino.
Nota Biografica:
Rebbe Tzvi Hirsch Eichenstein (1785 - 11 Tammùz 1831), fondatore della dinastia di Zhidachov, era un eminente discepolo del Chozè di Lublino. Egli sosteneva la posizione secondo cui la pratica del chassidismo deve essere basata solidamente sullo studio della Cabbalà del santo Ari di Tsefàt. Scrisse e pubblicò numerosi commenti sulla Cabbalà.
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