La vicenda qui narrata ebbe luogo quattro secoli fa a Francoforte sul Meno, florida città commerciale. La comunità ebraica contava tremila anime ed era diretta da un rabbino capo. Sebbene il ghetto fosse sovrappopolato e le sue stradine strette e poco illuminate, gli ebrei vi vivevano relativamente liberi e ciò permetteva loro di praticare l’ebraismo senza crucci, nel buonumore e nella spensieratezza. La comunità era composta prevalentemente da operai, artigiani e negozianti ma anche da ottimi uomini d’affari e banchieri che contribuivano ampiamente all’espansione economica della città.

L’imperatore apprezzava il loro prezioso apporto al paese in generale e alla tesoreria della corona in particolare. Li considerava, in qualche modo, una sua proprietà, pertanto, potevano contare sulla sua protezione. Tuttavia, essi non godevano di diritti, solo «privilegi» che, peraltro, dovevano contraccambiare con lauti contributi fiscali.

Nel 1612 il nuovo imperatore Mattia scelse Francoforte per la sua cerimonia d’incoronazione. Il governatore della città riunì i membri della giunta comunale e i rappresentanti dei circoli commerciali comunicando loro la scelta dell’imperatore e gli inestimabili vantaggi economici che la città ne avrebbe ricavato. Era, in effetti, un’occasione unica: tutta l’aristocrazia del paese, principi e regnanti stranieri, l’esercito nonché turisti sarebbero giunti per assistere alla solenne investitura.

Ad un tratto, il presidente del circolo dei panettieri, il famelico Vincent Fettmilch, noto per il suo antisemitismo, temuto da tutti, compresi i magistrati, domandò: «Ma questo profitto gioverà a noi o soprattutto agli ebrei che odiamo tanto?»

Il suo odio si era esacerbato negli ultimi tempi, dopo che una delle sue barbare incursioni nel ghetto si era conclusa con la sua sconfitta, dacché gli artigiani e gli operai decisero di difendersi da sé armati dei loro strumenti di lavoro. Diedero una buona lezione a Fettmilch stesso e alla sua banda di selvaggi che scapparono a gambe levate, feriti e umiliati. Fettmilch aveva deciso di vendicarsi. quindi, dichiarò con arroganza che né lui né gli altri membri del suo circolo avrebbero partecipato alla cerimonia se non sarebbero state esaudite le loro richieste.

Il governatore dovette dargli ascolto. Non aveva altra scelta poiché senza l’aiuto dei panettieri e l’abbondante quantità di pane non poteva sperare di riuscire il banchetto e lui sarebbe stato ritenuto il diretto responsabile del fallimento della serata. Fettmilch cominciò:

«Gli ebrei usufruiscono di troppi privilegi, ci hanno privati del nostro lavoro. Restrizioni devono essere loro imposte: in primis, non possono essere autorizzati a costruirsi nuove case né ad avviare nuove attività; reclamiamo che sia emesso nei loro confronti il divieto di effettuare una qualsivoglia operazione bancaria; l’accesso alla città deve essere loro rifiutato; in fine, la metà della popolazione ebraica deve essere espulsa».

Nonostante i numerosi sostenitori, Fettmilch non ottenne la maggioranza dei voti necessaria all’attuazione dei suoi funesti disegni. Non per questo il nuovo Haman germanico si scoraggiò. Dispiegò grandi mezzi: complotti, intrighi, minacce e promesse varie e così i suoi progetti ebbero il consenso della maggioranza. La giunta municipale presentò una querela ufficiale contro la comunità ebriaca di Francoforte recante l’accusa di abuso di privilegi da parte della stessa quale causa di gravi danni agli interessi della popolazione cristiana. Nella querela venne inoltrata domanda di limitazione delle prerogative di cui beneficiavano gli ebrei nonché l’espulsione di chi fra essi non possedesse un patrimonio superiore a 1500 fiorini.

L’imperatore, consapevole del fatto che misure così drastiche avrebbero avuto disastrose ricadute sulle casse dello stato, decise di respingere la querela. Ciò riattizzò la collera di Fettmilch. Lui e i suoi scagnozzi irruppero con violenza nel ghetto saccheggiandovi le case mentre gli abitanti erano riuniti in sinagoga per pregare. Un fronte di difesa fu improvvisato ma questa volta i nemici erano molto meglio armati e più numerosi.

La banda di scellerati procedette quindi alla sua opera di distruzione fino a profanare la sinagoga. Molti ebrei furono uccisi e feriti. Coloro che scamparono al massacro furono condotti fuori dalle mura del ghetto, al cimitero e lì fu loro ingiunto di sparire se non volevano perire sotto le spade. I rifugiati, spogli di tutto, si diressero verso le città vicine, Offenbach e Hanau, dove furono accolti con solidarietà e compatimento dai loro fratelli.

Quando la notizia della demolizione del ghetto, delle uccisioni e dello smantellamento della comunità ebraica di Francoforte giunse alle orecchie dell’imperatore, questi s’infuriò. Gli ebrei, i loro beni e il loro cospicuo rendimento erano di sua proprietà e nessuno aveva il diritto di sottrarglieli. Considerava quest’azione come una personale offesa e come una rivolta contro il suo potere.

Bisognava assolutamente intervenire prima che le cose peggiorassero, prima che venisse spodestato del suo trono. Inviò un suo messaggero presso il governatore con l’ordine di arrestare Vincent Fettmilch e di citarlo in tribunale con l’imputazione di tradimento. Inoltre, il governatore doveva autorizzare il ritorno degli ebrei ai quali dovevano essere restituiti case e averi e dovevano essere versati loro indennizzi per i danni materiali subiti. Fu arrestato poco dopo e condannato a morte. La sua esecuzione fu fissata al 20 di Adar 5376 (1616). Fu impiccato come un volgare delinquente nella piazza del mercato. Per scoraggiare event eventuali emulazioni, la sua casa fu bruciata e tutta la sua famiglia espulsa dalla città.

Per gli ebrei di Francoforte, il 20 Adar rappresenta un secondo Purìm. Così decisero di istituirlo giorno festivo e lo nominarono «Purìm Vincent». In memoria delle vittime e delle sofferenze, il 19 Adar fu proclamato giorno di digiuno collettivo, di preghiera e di pentimento, simile al digiuno di Estèr. «Purìm Vincent» veniva festeggiato dai sopravvissuti con ineguagliabile allegria in segno di gratitudine verso il Sig-re per averli salvati dal nuovo Haman.

A cura di Sterna Canarutto Traduzione di Myriam Bentolila