E Mordechài sapeva tutto ciò che era stato fatto...”(Meghilla di Estèr 4, 1).

Quella notte, il profeta Eliàhu, il magnifico protettore che appare nei periodi di disgrazia per avvertire il popolo ebraico dei pericoli incombenti, apparve a Mordechài in sogno, rivelandogli i piani malvagi di Hamàn.

Inoltre, Eliàhu rivelò a Mordechài che questa minaccia costituiva una punizione per il popolo ebraico, che aveva trasgredito alle leggi della Torà partecipando al banchetto del re Achashveròsh: soltanto il pentimento completo avrebbe potuto salvare il popolo dalla spada di Hamàn.

Quando Mordechài si svegliò, si lacerò i vestiti e uscì in città vestito di sacco in segno di lutto; il suo pianto alto e amaro svegliò tutta la città di Shushàn. Le tristi notizie si sparsero per tutta la città, e gli ebrei furono colmi di un dolore grande e schiacciante, poiché sapevano di essere tutti condannati a morire il tredicesimo giorno del mese di Adàr.

Vestito di sacco e con la cenere sul capo, Mordechài giunse al cancello del palazzo. I fedeli servitori di Estèr si affrettarono a dire alla regina del grande dolore di Mordechài, ed ella ne fu alquanto turbata. Desiderando sapere da Mordechài stesso il motivo di tale dolore, Estèr gli fece portare degli abiti di ricambio, poiché non si poteva entrare nel palazzo vestiti di sacco, e gli ordinò di entrare a raccontarle che cosa fosse accaduto.

Mordechài, tuttavia, si rifiutò di togliere gli abiti di sacco; fece riportare a Estèr, attraverso il suo fedele servo Hatàch, una copia del decreto reale, che ora, a Shushàn, era pubblico. Mordechài la implorò di fare appello al re in nome del suo popolo.

«È chiaro – disse Mordechài, – che sei stata scelta come regina affinché tu possa servire il tuo popolo proprio in questo giorno così fatale. È giunto il momento di rivelare al re la tua origine, e di implorarlo di salvare i suoi leali sudditi ebrei, al cui proposito l’arrogante Hamàn lo sta ingannando».

Estèr fece replicare a Mordechài: «Sono pronta a fare tutto ciò che posso, caro cugino, ma tu conosci sicuramente l’ordine reale, istituito da Hamàn, secondo cui chiunque entri nella corte interna del re senza essere stato invitato sarà messo a morte, a eccezione di quando il re porge il suo scettro d’oro. Sfortunatamente, ultimamente non godo dei favori del re, ed è da trenta giorni che non mi invita da lui! Come posso essere sicura che il re mi veda con piacere, e che stenda il suo scettro d’oro verso di me? Naturalmente, non ho paura di morire per il mio popolo; ma se morirò invano, che cosa ci sarà di guadagnato?».

«Queste parole sono giuste e pronunciate con sincerità, figlia mia – replicò Mordechài, – ma pensi forse che potresti rifugiarti al sicuro nel palazzo reale e vedere tutti i tuoi fratelli morire? No, gli ebrei si salveranno, ma tu, se non metti a repentaglio la tua vita per loro, sicuramente morirai! Non è il momento di pensare alla tua salvezza personale. Devi correre il rischio e confidare in D-o».

Disse Estèr:... ‘Raduna tutti gli ebrei... e digiunate per me... anche io e le mie ancelle digiuneremo ” (Meghillà di Estèr 4, 15-16).

Ora, Estèr si rendeva pienamente conto di quale grave pericolo minacciasse tutto il popolo ebraico. Sì, avrebbe rischiato volentieri la sua stessa vita per il suo popolo. Che situazione disperata! Anche se la sua vita fosse stata risparmiata e le sue suppliche fossero state accolte dal re, il decreto che recava il sigillo reale sarebbe stato comunque irrevocabile. Neppure il re stesso poteva annullarlo! Che scarsa possibilità aveva di riuscire il suo misero tentativo! Eppure, Mordechài aveva ragione; non c’erano alternative, ed Estèr era decisa a non abbandonare il suo popolo nell’ora del bisogno.

Estèr aveva una sola richiesta da fare a Mordechài: “Raduna tutti gli ebrei di Shushàn, i giovani e gli anziani, e digiunate e pregate per me per tre giorni, finché le loro suppliche raggiungeranno il Cielo e D-o avrà pena di noi. Qui nel palazzo, anche io e le mie ancelle digiuneremo, poiché solo un miracolo divino potrà salvare il nostro popolo. Dopo questi tre giorni, mi recherò dal re sfidando la legge, e se morirò, morirò...”.

Per Mordechài fu difficile venire incontro alla richiesta saggia e giusta di Estèr, poiché il digiuno avrebbe coinciso con la festa di Péssach ma, poiché era in gioco il destino di tutto il popolo ebraico, Mordechài annunciò prontamente il digiuno.

Alla fine, tutti gli ebrei che abitavano nelle 127 province dell’Impero Persiano accettarono il digiuno. Nel frattempo, in ogni luogo dove veniva proclamato il decreto di Hamàn per ordine del re, tutti gli ebrei rispondevano con grandi manifestazioni di lutto, con digiuni, con pianti e lamentazioni, e molti si vestivano di sacco e si spargevano il capo di cenere. In questo modo, tutte le comunità ebraiche dell’Impero Persiano furono attraversate da un moto di pentimento sincero.

Estèr intercede presso il re

Ed accadde il terzo giorno che Estèr indossò il costume reale, e comparve nella corte interna del palazzo...” (Meghillà di Estèr 5, 1).

Nel corso dei tre giorni di digiuno, Estèr pregò incessantemente D-o di concederle di riuscire a salvare il suo popolo. Il terzo giorno, radunò tutto il suo coraggio e si fece strada presso la sala del trono.

Durante la strada, avvertì l’ispirazione divina e, per quanto fosse debole e pallida a causa del digiuno prolungato, ignorò coraggiosamente le guardie del re e entrò nella sala del trono. Il re era sul trono, circondato dai suoi dignitari. Tra di essi, vi erano anche i figli e i seguaci di Hamàn che mascherarono a fatica la gioia che provarono nel vedere la regina Estèr che entrava senza essere stata invitata. Se soltanto il re ignorava questo ospite non richiesto, Estèr non ci sarebbe stata più...

Proprio allora il re vide Estèr presso l’entrata: appariva molto pallida e turbata, ma qualcosa nel suo volto la rendeva simile a un angelo. Achashveròsh le porse prontamente lo scettro d’oro e Estèr, sopraffatta dal sollievo e dalla speranza, si avvicinò e ne toccò la punta.

Molto sorpreso per la visita inaspettata di Estèr, il re le chiese con affetto: «Che cosa ti turba, mia cara regina Estèr, e quale è la tua richiesta? Fino alla metà del mio regno ti sarà concessa».

Estèr vide che non si trattava dell’opportunità giusta per parlare al re delle sue vere intenzioni, perciò chiese semplicemente al re se voleva partecipare a un banchetto che aveva preparato specialmente per il re e per il suo primo ministro, Hamàn. Il re acconsentì immediatamente alla richiesta, e mandò a dire a Hamàn di presentarsi al banchetto.

Estèr aveva molti motivi per invitare Hamàn al banchetto piuttosto che invitare soltanto il re. Il motivo più importante è che non voleva che gli ebrei contassero soltanto su di lei; al contrario, desiderava che si ricordassero costantemente che la vera salvezza risiede in D-o, e soltanto in Lui. Quando avrebbero saputo che aveva tenuto un banchetto in questo momento di disgrazia invitando il loro peggiore nemico, Hamàn, avrebbero iniziato a dubitare della sua lealtà. Allora, si sarebbero rivolti a D-o con zelo ancora maggiore e con preghiere ancora più ferventi di prima. Inoltre, Estèr voleva anche che Hamàn non temesse o sospettasse in alcun modo che ella stesse tramando contro di lui; in questo caso, Hamàn avrebbe potuto fomentare una rivolta aperta per deporre il re. Infine, Estèr voleva dare al re un’opportunità di sospettare del suo ingannevole primo ministro e di andare in collera con lui, causando in tal caso la sua immediata caduta.

Quando il re e Hamàn si presentarono al banchetto di Estèr, il re le chiese nuovamente che cosa desiderasse. Estèr non pensava ancora che fosse il momento opportuno per la sua richiesta, e si limitò a invitare nuovamente il re e il primo ministro a un secondo banchetto, la sera successiva, promettendo di rivelargli allora il suo desiderio...

Di Nissan Mindel, pubblicato su www.chabad.org