Trentanove giorni dopo aver ricevuto i Dieci Comandamenti, i Benè Israel scolpirono il vitello d’oro. Durante novanta giorni Mosè implorò Hashèm di concedere grazia al Suo popolo. La trasgressione era grave, eppure Moshè era fiducioso in un esito positivo alle sue pressanti suppliche. Qual è il misterioso ingrediente che ci rende tanto sicuri di beneficiare del proscioglimento delle nostre colpe?
La risposta la fornisce appunto Yom Kippùr, giorno in cui Moshè rivelò il segreto di D-o: c’è sempre una porta aperta, una possibilità di redimersi, di Teshuvà -ritorno e pentimento. Ma sta all’uomo prendere l’iniziativa di ricollegarsi al Sig-re. Il primo Yom Kippùr, inoltre, fu introdotto un altro elemento importante: la speranza. La speranza di essere migliori, in un’umanità migliore e di venire accolti di nuovo con magnanimità dal Creatore.
Tuttavia, Egli ci assolve dai nostri peccati a condizione di dimostrarGli la nostra capacità a perdonare il prossimo e a chiedergli perdono. In ebraico, Mechillà (perdono) deriva dalla parola Machlùl (cerchio). Ognuno di noi è stato programmato per tracciare, vita natural durante, un cerchio, una figura geometrica perfetta tramite buone azioni da compiere costantemente, in moto perpetuo. Purtroppo, le delusioni della vita e le vessazioni subite dai nostri simili spezzano il cerchio della fede. Se, però, scusiamo il prossimo con facilità, il giro non si ferma.
Non basta perdonare chi ci ha ferito ma bisogna saper anche perdonare se stessi, perdonare D-o e perdonare la vita con le sue svolte impreviste e le sue incomprensibili crudeltà. L’indulgenza necessita sforzi ma soprattutto la buona volontà di ricollegarsi col Creatore. Ecco perchè Mosè insistette instancabilmente nel chiedere venia ad Hashèm durante novanta giorni, molti di più dei quaranta che gli occorsero per udire la Torà. La consapevolezza di essere - dal momento della nascita, dal primo vagito - una creatura unica, irripetibile, insostituibile nonchè essenziale all’insieme del creato ci permetterà di elevarci al di sopra del livello del dolore arrecatoci dalla momentanea cattiveria altrui e trovare l’amore e la capacità di scusare sia gli altri che se stessi.
La clemenza è una caratteristica Divina, è il prodotto dell’aspettativa che nacque il primo Yom Kippùr, quando D-o fece apparire un nuovo spiraglio e ci diede i mezzi per trascendere i parametri umani e i limiti imposti dalla natura che obbediscono ad una logica di causa ed effetto. Quando la speranza genera il perdono, abbiamo ricostruito il cerchio infinito che non dà peso alle vicissitudini transitorie di una vita fatta di alti e bassi.
Il messaggio del giorno più sacro dell’anno è quello di non rassegnarsi mai, di mantenere viva la speranza negli altri, in noi stessi e in Hashèm. E ad ogni Yom Kippùr si ripresenta l’opportunità di rinfrescare le nostre vite e di ricominciare il percorso, ovvero il cerchio, con buone intenzioni.
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