Il Nome Tishrei

In ebraico, la lingua sacra, nulla è arbitrario. Ogni parola è radicata in una fonte divina. È anche vero che nel corso del tempo molte parole furono aggiunte all'ebraico originale ad esempio molti termini della Mishnà, che sono di origini greche e romane, così come molte parole di origine aramaico e persiana, ed hanno assunto una dimensione sacra poiché sono utilizzate in un contesto sacro.

Per comprendere ciò più pienamente, possiamo tracciare un'analogia da un altro contesto, che è ampiamente spiegato nel Tanya.

Riguardo il cibo è spiegato che ci sono tre tipi: a) cibo di Mizvà come le matzòt del Seder, la carne dei sacrifici offerti al Bet Hamikdash e i pasti di Shabbat e Moèd. Tali cibi hanno una kedushà, santità, intrinseca; b) cibo proibito che non può essere consumato poiché è fortemente attaccato al reame non sacro dal quale non può essere elevato; c) cibo permesso che è di natura intermedia, che in se è parve ossia neutro, e può essere sia elevato che degradato. Se viene mangiato con una kavanà (intenzione) appropriata si eleva alla kedushà; se l'intenzione è bassa è degradato al reame della non santità.

Allo stesso modo, le parole possono essere altrettanto elevate o degradate, dipende dall'intenzione e dal contesto nel quale vengono usate. Ciò si basa sull'affermazione dell'Alter Rebbe, Rabbi Schneur Zalman di Liadi, nel Torà Or dove afferma che anche le altre lingue vengono elevate se utilizzate nel contesto della Torà. Con questa introduzione realizzeremo che lo stesso nome di Tishrei è colmo di significato speciale anche se non è di pura origine ebraica. Il semplice fatto che questo nome così come gli altri nomi dei mesi ebraici sono stati usati per migliaia di anni in un contesto di kedushà rifonda loro un elemento di santità.

Le Implicazioni della Parola

Il Midrash di Vaikrà Rabba (29,8) trova importanza nel significato letterale della parola aramaica tishri: “Permetterai, toglierai da”. Ciò fa riferimento diretto al fatto che durante questo mese, Hashem “Si ritira e perdona” i nostri peccati. Questa, incidentalmente, è la stessa espressione usata nel Kol Nidrè in riferimento all'annullamento dei nostri voti, quando chiediamo: “Possono essere tutti annullati ed assolti.” Il termine usato per annullati è sharàn che proviene dalla stessa radice di Tishrei nel quale la Tav è solo un prefisso verbale.

Inoltre troviamo significato nel fatto che le prime tre lettere di Tishrei sono tav, shin e resh. Questa è una sequenza alfabetica all'inverso, essendo Tav l'ultima lettera del l'alef bet, seguita da Shin e Resh.

In questo, vediamo un riflesso dell'elemento di Teshuvà - ritorno e pentimento. Come spiegato nella Chassidùt il processo di Teshuvà non è riservato solo al peccatore nel pieno senso della parola, ma è un movimento dell'anima raggiungibile e necessitato da ognuno. Ciò è basato sul verso ‘E lo spirito ritornerà ad Hashem.’

Tutto ciò si riferisce al desiderio naturale dell'anima di ascendere e ritornare alla sua fonte d'origine dentro D-o. È per via di questa enfasi chassidica sulla rilevanza della Teshuvà ad ognuno, che anticamente i Chassidim venivano chiamati Baalei Teshuvà.

Movimenti dell'Anima

Ci sono due tipi basilari di movimento spirituale dell'anima al servizio di D-o.

Essi possono essere facilmente compresi alla luce di un esempio menzionato nella Chassidùt (Siddur Im Dach p. 539): Due persone sono in uno stato di separazione, uno si trova in cima e l'altro ai piedi della stessa montagna e desiderano incontrarsi. Le opzioni sono due: la persona in cima può scendere o quella in basso può salire, (è anche possibile incontrarsi in un punto di mezzo). Lo stesso si applica all'unione dell'anima con D-o: qualche volta essa si eleva fino ad Hashem come per esempio, durante la preghiera ed altre volte fa discendere la Divinità attraverso l'osservanza delle Mizvòt. Nel nostro esempio, comunque, l'unione è l'incontro di una volta tra due persone, mentre nell'unione Anima-D-o il processo è costante.

Ciò significa che quando l'anima ottiene un determinato livello di unione non rimane soddisfatto di quello, ma ne cerca uno ancora più intenso, non volendo interrompere la sua ricerca dell'infinito.

L'anima è costantemente bramosa di trovare molti canali che servono come recipienti per la discesa e la rivelazione della Divinità nel mondo. Questi canali sono le molte mizvòt e le loro numerose ramificazioni. Questo spiega le continue ripetizioni delle mizvòt quotidiane: infatti,ogni volta che viene osservata una mizvà anche se ripetuta ogni giorno, questa serve come in un ulteriore canale per la rivelazione Divina; può anche attivare la rivelazione. L'anima è così costantemente coinvolta in uno di questi due movimenti:

a) Ratzò, avvicinarsi in amore per raggiungere l'elevazione;

b) Shov, ritirarsi nel timore, sviluppando uno stato di auto-annullamento davanti alla volontà Divina, ed attirando giù l'emanazione Divina attraverso le mizvòt.

Troviamo che anche gli angeli si impegnano in questi due tipi di movimenti. Ciò nonostante, gli angeli sono chiamati omdim, coloro che si erigono e stanno basilarmente allo stesso livello, in contrasto alle anime che sono chiamati melachim, ovvero coloro che ‘vanno avanti’, costantemente mossi in avanti nel loro movimento dell'anima. Una delle ragioni per questa differenza fra anime e angeli risiede nel fatto che l'anima applica se stessa con uno sforzo intenso in questi movimenti. Ciò avviene specialmente nel caso dell'anima che funziona sotto le condizioni di questo mondo, dove deve sormontare grossi ostacoli con le forze delle sue più intime risorse. Nei suoi sforzi per sormontare le proprie tendenze naturali e incanalarle nel servizio di Hashem l'anima richiama il suo reale io interiore, la sua essenza che riflette l'Infinito di Ein Sof: in questo modo egli è un mehalech, uno che avanza nei vasti spazi dell'infinito.

Periodi di Enfasi

Mentre è vero che l'anima dovrebbe funzionare pienamente ad entrambi livelli, ratzò e shov, questi sono meglio attuati da un enfasi che si alterna su uno e poi sull'altro.

Questo è sulle basi dei vari cicli quotidiani, settimanali, mensili e annuali.

Nel cielo giornaliero i tempi della preghiera sono al livello di ratzò, seguito durante il resto del giorno da periodi di studio di Torà ed osservanza generale di mitzvòt nel mondo secolare shov. Cosicchè durante la preghiera una persona deve concentrarsi ed essere totalmente coinvolta da ratzò, estraniando dalla propria mente tutto il resto; ed altrettanto quando è coinvolta nel fare una mizvà che richiede tempo, energia e dedicazione, uno è equalmente coinvolto in un alto livello di concentrazione.

Il ciclo settimanale coinvolge Shabbat nel livello di ratzò, il punto di elevazione ad una sfera più alta, seguita da shov dei sei giorni settimanali, nei quali infondiamo un pò del vigore spirituale ottenuto di Shabbat, ma durante i quali chiaramente enfatizziamo coinvolgimento con il mondo fisico di shov.

Il cielo mensile comprende due movimenti. Rosh Chodesh e la sua vigilia (chiamata Yom Kippùr Katan). Si fa un resoconto spirituale, analizzando il mese che è passato, come l'uomo di affari fa l'inventario quando chiude il suo negozio. Egli deve fermare il movimento di shov, di diffondere su e giù nel mondo e concentrarsi su ratzò.

Per fare un inventario efficiente uno deve estraniarsi dal suo programma giornaliero e concentrarsi sulla merce. Ciò gli assicura il successo nei suoi affari successivi, poichè sa dove si trova, dove va, su cosa deve concentrarsi o rettificare. È capace di raggiungere un auto-rinnovo (chodesh-mese, da chadash che significa nuovo) ascendendo alla sua fonte - ratzò - e poi riportando l'impeto del rinnovo nel mondo-shov.

L'Enfasi di Tishrei

Lo stesso dicasi del ciclo annuale. Il mese di Tishrei può essere paragonato ad uno Shabbat annuale nel quale il movimento di ratzò, Teshuvà e ritorno, è enfatizzato ed intensificato al grado più alto possibile, cosicchè i mesi che seguano riflettono una netta elevazione sull'anno precedente.

Uno dei tranelli frequenti da evitare nel servizio di D-o è quello della monotonia. La sensazione di essere coinvolto nelle azioni noiose e ripetitive.

La Chassidùt insegna e rivela l'elemento della vera vita e rinnovazione che si trova entro ogni aspetto della creazione e specialmente nella Torà e le mizvòt. Ciò è riflesso nel detto dei Chassidim « Ah! Domani deve essere veramente diverso ». Oppure, il detto dell'Alter Rebbe, “una notte d'inverno ed una giornata d'estate è un intero anno.”

Con l’attitudine appropriata ogni giorno può essere vissuto con significativo di contenuto, con vigore spirituale e con una vitalità rinnovata ed intensa. Questo metodo non lascia spazio per la monotonia e la noia. Mentre questo entusiasmo quotidiano per il rinnovo è desiderabile ed attendibile non è comunque di facile raggiungimento per ogni individuo. Questo è perchè, in aggiunta al ciclo quotidiano, abbiamo bisogno di cicli settimanali e mensili. È più che altro al livello del cielo annuale che ognuno deve, senza fallo far risvegliare rinnovo entro di sè. Lo scopo di Tishrei e delle festività che si celebrano in questo mese è appunto per ottenere ciò.

Un Tishrei passato bene, con una onesta e seria auto-valutazione nella bontà di Hashem non può che elevare un individuo ad un piano più alto e farli vivere i mesi che seguono in rinnovata dedicazione agli ideali centrali dell'ebraismo

In altre parole l'elevato raggiungimento spirituale ottenuto durante Tishrei deve essere susseguentemente tradotto in una concreta espressione di Shav.

Il Rebbe Rashab, Rabbi Shalom DovBer di Lubavitch, usava dire che le rivelazioni effettuate durante ogni Tishrei richiedono recipienti appropriati e che questi recipienti sono gli ulteriori hiddurìm (miglioramento opzionale nell'osservanza delle mizvòt) che uno accetta su di se ogni anno, in rispetto ad entrambi comandamenti negativi e positivi. È risaputo che anche lui, il Rebbe Rashab, usava fare questo, di anno in anno avrebbe aumentato i suoi hiddurìm.

Senza questi recipienti di shov l'altezza spirituale di ratzò è atta a dissiparsi e vanificarsi dopo Tishrei. Ciò è specialmente rilevante nei paesi dove molti ebrei si recano alle funzioni solo tre giorni all'anno. Non c'è dubbio che per quanto possa la loro osservanza essere marginale, c'è un elemento di verità e buone intenzioni (a parte la sola pressione sociale) nel loro servizio. Se fosse così, sulle basi della Mishnà che una mizvà ne porta un'altra, questa mizvà di pregare questi tre giorni dovrebbe portare un'altra mizvà e poi ancora un'altra.

Perchè non lo fa? La risposta è che la natura di Tishrei essendo basilarmente ratzò se non è seguita da uno shov immediato di applicazione pratica tenderà a dissiparsi ed anche a svanire completamente.

Questa è una delle ragioni per cui tutti i Rebbe di Chabad alla conclusione di Simchat Torà, l'ultima festività del mese di Tisherei, quotarono il verso “E Jacov andò per la sua strada” (Gen 32-2) e spiegarono che si riferisce all'ebreo che lascia l'esaltante mese di Tishrei per entrare nuovamente nel mondo secolare ma prende Tishrei ed il suo ratzò con se, e lo traduce in shov, per fare dimora per Lui in questo mondo.