La parashà di Bereshìt, la prima del ciclo, narra della creazione di Adamo, il primo uomo. Sebbene D-o gli avesse proibito di mangiare il frutto dell’albero, Adamo non riuscì a vincere la tentazione e mangiò; le conseguenze colpirono non solo lui, ma tutte le generazioni successive.
Leggendo attentamente quanto narrato dal midrash a proposito di questo episodio, si rileva un aspetto particolare della trasgressione di Adamo. L’ammonimento di non mangiare il frutto valeva solo fino all’inizio del sabato, poi sarebbe stato libero. Anzi il divieto gli era stato rivolto quando tre quarti della giornata di venerdì erano ormai passati, di modo che Adamo ed Eva dovevano astenersi dal mangiare il frutto solo per tre ore. Se si considera che Adamo venne modellato dalla mano di D-o e che fu D-o stesso ad impartirgli questo precetto, come non stupirsi che egli non sia stato in grado di resistere per sole tre ore?
Tutti gli uomini hanno in sé uno yetzer harà, uno spirito del male, il cui scopo e la cui sola ragione di esistere è indurci a fare l’opposto del Volere Divino. Lo yetzer harà può nascondere e mascherare i suoi scopi con pretesti che sembrano ragionevoli, ma la sua vera intenzione è di persuaderci ad agire contro il Volere di D-o. Perciò quanto più vitale un determinato precetto è per una persona, tanto più grande sarà l’impegno dello yetzer harà per dissuaderlo dal metterlo in pratica. Anche se si tratta di un comando a cui si può obbedire con facilità, esso sembrerà terribilmente difficile da osservare, per effetto dei tortuosi ragionamenti addotti dallo yetzer harà.
Ora è facile comprendere come Adamo cedette alla tentazione. Lo yetzer harà, che allora si presentò sotto forma di un serpente, conosceva bene l’immensa portata della prima colpa e perciò usò i suoi ragionamenti più persuasivi e tutto il suo potere di convinzione in quelle tre ore, finché riuscì nel suo intento.
È questo per noi un mussar haskel (lezione): ci sono molti che asseriscono che gli ebrei diventerebbero assai più osservanti se il “peso” delle leggi della Torà venisse alleggerito. Se ci fossero solo poche e semplici norme da seguire, dicono, tutti gli ebrei le seguirebbero con devozione. Queste persone, purtroppo, misconoscono le vere caratteristiche spirituali dell’ebreo e lo scopo dello yetzer harà. Infatti anche quando c’era un solo precetto da osservare – e per un tempo limitato a tre ore – esso è sembrato terribilmente difficile.
Non sono i compromessi con le Leggi della Torà che risolvono la questione: piuttosto ognuno deve rendersi conto che ha il potere e la forza interiore di vincere il suo yetzer harà e di adempiere alla Volontà Divina.
(Saggio basato su Likuté Sichòt, vol III, 747; tradotto in Il Pensiero della Settimana a cura del rabbino Shmuel Rodal)
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