«Ogni cosa è osservata (o prevista), il permesso è concesso, il mondo è giudicato secondo bontà, e tutto secondo la quantità di azione.» (Massime dei Padri 3:15)
Quale è la relazione tra queste quattro affermazioni, e quale insegnamento può essere derivato da tutto ciò?
Tutto è osservato, intendendo non solo le nostre azioni ma anche i nostri più segreti sentimenti e pensieri. Quello che è importante è ciò che siamo e ciò che succede in noi. Quello che conta è il nostro grado di coinvolgimento. Non fa nessuna differenza se una certa pratica non è più di una usanza o una espressione di devozione, piuttosto che un articolo di legge.
Tutto ciò è abbastanza problematico e pone diverse questioni. Se tutto ciò è vero e noi siamo costantemente osservati e considerati responsabili di ogni dettaglio, come mai non ne siamo consapevoli? Come è perfino possibile che noi abbiamo la libertà di sbagliare? Inoltre, in uno scrutinìo così dettagliato, ogni piccola mancanza viene immediatamente notata e presa in considerazione. Se uno è alla presenza di un re, anche la più piccola mancanza potrebbe essere fonte di disgrazia. Noi sappiamo che siamo tutti inadeguati in qualche modo nel nostro servizio. Come possiamo sperare in un giudizio positivo?
« Il permesso è concesso ». Benchè tutto è osservato e perfino previsto, ci viene concesso il potere di agire come vogliamo. E benchè Egli veda tutto, nel momento del giudizio applica particolare bontà.
Per la persona devota, questo indica la necessità di una devozione ed amore particolare nel servizio di D-o, per averci Egli dato la possibilità di fare ciò in base alla propria libera scelta invece che per obbligo. Ed egli impara che, benchè possa osservare qualche mancanza, nel suo prossimo, egli lo deve giudicare favorevolmente, concedendo tutte le attenuanti dei caso. Colui che guarda il suo prossimo in questa luce porterà di conseguenza il giudizio Divino a proprio favore. Egli può moltiplicare le sue mitzvòt/meriti attraverso l'abbondanza dell'azione, il che significa, ad esempio secondo Maimonide, che invece di fare la carità in un'unica occasione, dovrebbe dare lo stesso ammontare in azioni separate su base regolare, modellando in tal modo il suo carattere.
tradotto da Michele Boccia
Parliamone