“Gli animali si possono guardare ma non ferire” era il messaggio sulla maglietta rossa indossata da Marcia Pearson, una creatrice di moda di Seattle. “Per gli atleti professionisti, la dieta vegetariana non si batte” diceva Peter Burvash, uno dei migliori tennisti canadesi. Esibendo una varietà di manifesti e slogan, centinaia di vegetariani si sono incontrati per il quarto congresso annuale della Società Vegetariana del Nord America.
La Società Vegetariana non è solo la solita congrega di teste matte. In base alle statistiche, negli USA ci sono circa 12 milioni di vegetariani. Soltanto a New York ci sono 45 ristoranti vegetariani per i 150.000 vegetariani stretti e i 500.000 saltuari. Oggi il vegetarianismo è più rispettato ed apprezzato che nel passato.
Il fenomeno del vegetarianismo conquista rapidamente nuovi adepti in tutto il mondo. Mentre un tempo chi non mangiava carne veniva considerato anormale o sospettato di essere seguace di qualche strano ed esotico culto orientale, oggi il vegetarianismo non suscita più meraviglia. Una sorprendente gamma di motivi induce la gente a rinunciare alla carne ed a seguire una dieta così lontana dall'ideale americano una gallina in ogni pentola e dalla tipica cena costituita da carne e patate. Tra questi sono da notare l'attenzione per la salute, per la linea, le idee della macrobiotica, il timore dell'inquinamento, ragioni morali e religiose. Come accade per i numerosi altri movimenti ideologici o sociali che pervadono la società americana, gli ebrei, ed in particolare i giovani, vengono coinvolti nell'entusiasmo generale. Diviene quindi interessante il confronto faccia a faccia tra vegetarianismo ed ebraismo per scoprire se nell'ebraismo vi siano eventuali controindicazioni, o se al contrario possiamo trovare nell’ebraismo una ulteriore motivazione per intraprendere questo tipo di vita.
Una sommaria valutazione di duemila anni di scritture ebraiche rivelano che i nostri saggi e pensatori si sono spesso confrontati con i valori etici dei mangiare carne, e che le loro conclusioni sono state le più svariate.
Ci proponiamo di esaminare i molti riferimenti al mangiare carne citati sia nell'halachà che in altri testi religiosi per comprendere come questo concetto può rientrare nella tradizione ebraica, ed in particolare valuteremo le ragioni che inducono la gente ad adottare il regime vegetariano, per stabilire se questa filosofia sia antagonista rispetto alla Weltanschauung ebraica.
Considerazioni Morali
La parte più delicata della nostra indagine, riguarda coloro che adottano un regime vegetariano a prescindere da effetti positivi fisiologici, psicologici o emotivi, principalmente sulla base di motivazioni morali o filosofiche. Queste considerazioni morali si limitano generalmente a due categorie. Da una lato perché non è moralmente giusto togliere la vita ad un animale per uno scopo così triviale come per mangiarne la carne, e dall'altro che non è umano che una persona infligga sofferenze ad un'altra creatura.
Mentre affrontiamo questi problemi, teniamo a mente il problema relativo alla possibilità per un ebreo religioso di accettare valori morali non citati nella Torà e nell'halachà o alla possibilità di approvare linee di condotta che potrebbero essere contrarie alla Torà o che quantomeno ne mettono in discussione gli standards come inferiori o meno umani. Non è presuntuoso o quasi al limite della blasfemia definire come atto di crudeltà un'azione descritta nell'halachà e nella Torà? Prima di tutto è necessario rispondere a questa sfida alla tradizione ebraica, dato che se ci fosse una contestazione della tradizione ebraica, questo escluderebbe automaticamente l'accettazione da parte degli ebrei osservanti. Ove gli standards dei vegetarianismo condannano i valori della Torà o denunciano le mitzvòt come immorali o disdicevoli, dobbiamo categoricamente rifiutare l'ideologia vegetariana come filosofia aberrante. Noi crediamo che le vie della Torà siano sentieri di gioia e di giustizia, ogni Credo che nega la verità della Torà è fuorviante.
“Tutte le ragioni che spingono le persone a diventare vegetariane, sono ragioni ebraiche” afferma infatti il leader della Società Ebraica Vegetariana del Nord America.
Gli ebrei vegetariani citano spesso la Torà e i testi rabbinici nella ricerca di una legittimazione religiosa. È stato scritto che nell'era del Messia “l'effetto della conoscenza verrà esteso persino agli animali... e i sacrifici nel Tempio saranno fatti con vegetali e questo piacerà al D-o come nei tempi passati.” Quindi non ci saranno più sacrifici di animali nel Tempio e in nessun posto verranno uccisi animali secondo questa opinione.
I nostri rabbini insegnano che il consumo di carne non era parte del disegno originale di D-o nella creazione del mondo. Dopo la creazione del cielo e della terra e delle creature viventi, l'Onnipotente istruì l'uomo sul suo rapporto con il resto della Creazione (Genesi 1:29) “Ti ho dato le piante... per nutrirti”. Dato che c'era un legame tra tutte le creature viventi, la vita era sacra e all'uomo non era consentito togliere la vita, nemmeno per il suo sostentamento. Nachmanide spiega questo passaggio come segue: “dato che le creature che possiedono un'anima sono in un certo senso superiori e quindi sono in qualche modo simili a quelli che possiedono l'intelletto (gli esseri umani) ed hanno la facoltà di perseguire il proprio benessere e rifuggono dal dolore e dalla morte (Parshat Noach)”. C'è quindi un certo legame tra gli uomini e gli animali ed in base al disegno originale, gli animali erano destinati a servire ed assistere il genere umano, ma non ad essere il suo cibo.
È vero che le fonti sopraccitate coincidono con l'ideologia vegetariana, ma d'altro canto non è possibile limitare il pensiero ebraico alle esperienze di Adamo. Infatti l'intera Torà va presa in considerazione, e ne emerge un quadro assai diverso. Pochi capitoli dopo il racconto della Creazione, la Torà registra un sconvolgimento generale dalla società per mezzo del Diluvio Universale, che la spazza via. Dopo il Diluvio, il mondo assume un aspetto diverso. Dopo che Noè scende dall'Arca, ottiene da D-o, per sé ed i suoi discendenti il permesso di uccidere animali per nutrirsene (Genesi 9:3). Tuttavia, come sottolinea Maimonide, anche questo permesso aveva delle limitazioni: “Nonostante gli avesse dato il permesso di macellare e di mangiare, non diede alcun permesso relativo all'anima degli animali, proibì di mangiare carne presa da un animale ancora in vita e di mangiare i sangue dell'animale”.
Vediamo quindi che anche se non definitivamente proibito, il consumo di carne era sottoposto a limitazioni. La vita degli animali non era trascurabile: gli uomini dovevano mantenere una forma di rispetto nei suoi confronti e quest'obbligo è ancora in vigore. Per quanto riguarda gli ebrei, la Torà ha successivamente aggiunto ulteriori limitazioni relative al modo di mangiare la carne.
Se una persona si avvicina al vegetarianismo perché lo ritiene uno stile di vita concordante con il modo in cui D-o voleva che fosse il mondo, non si può negare la validità di questo punto di vista. Tuttavia affermare che la Torà e il Talmùd condividono con il vegetarianismo l'orrore per la macellazione degli animali come atto crudele e inumano, è semplicemente sbagliato. Una interpretazione più veritiera della legge e della tradizione ebraica indicherebbe che le disposizioni delle Torà relative al consumo di carne si possono sintetizzare come un permesso riluttante, e non come attività auspicabile. D'altronde, è sbagliato far risalire questa riluttanza alla crudeltà della macellazione. Il ragionamento è assai diverso.
Lo Chidà (Rabbi Y.D. Azulay) nota nel commento a un passaggio dei Talmùd (Chullin 84a) “i nostri rabbini ci insegnavano che il comportamento corretto era quello di mangiare carne in circostanze particolari”. Inoltre Rabbi Shlomo Luria scrive che Rabbi Yochanan e Rabbi Nachman insegnavano che era opportuno mangiare carne per rafforzare il fisico e che non era bene mortificare il corpo con eccessive astinenze, ma che non era bene farlo per il solo piacere.
Possiamo quindi concludere che se un vegetariano non vuole mangiare carne perché non vuole uccidere un animale solo per il suo piacere personale, questa persona agisce in sintonia con il credo e la filosofia ebraica. Non sta denigrando uno dei valori della Torà, dato che la Torà non indica il mangiare carne come attività auspicabile, ma solo come una cosa non proibita.
Ragioni Spirituali
Una certa attenzione dovrebbe essere dedicata anche ad altre considerazioni che portano al vegetarianismo e che si possono definire come punti di vista spirituali. Un esponente di questa linea di pensiero scrivendo sulla rivista Vegetarian Times scrive: “Il primo precetto del buddismo è di non togliere la vita ma di salvaguardarla. Mangiare la carne degli animali significa incoraggiare la loro macellazione, ed essere quindi un fattore che ne determina la morte. Come può una persona che afferma di essere contraria alla violenza ed alla sofferenza che ne deriva infliggerla ad altri in questo caso animali - direttamente tramite i cosiddetti sport come la caccia, o indirettamente comprandone la carne e consumandola? Ci inorgogliamo di essere andati oltre le primitive considerazioni di il potere ha ragione, ormai universalmente condannate, ma ci perdoniamo ogni volta che riempiamo i nostri ventri con la carne di animali indifesi animali che nella maggior parte dei casi ci hanno serviti per tutta la loro vita e che hanno quanto noi diritto di vivere su questo pianeta.”
Ovviamente l’ebraismo condivide questa avversione nei confronti della sofferenza degli animali, dato che il monito di rispettare anche la sensibilità degli animali è una delle basi della nostra fede ed ha origini nella Torà: come insegnano i nostri rabbini, il divieto di far soffrire gli animali deriva dalla Torà stessa e non solo da decreti rabbinici. Inoltre la Torà che proibisce di distruggere inutilmente un frutto anche in tempo di guerra, non approverebbe mai lo spreco (non solo la barbarie) causato dal cacciare animali solo per sport. Per quanto riguarda la caccia come sport, Rabbi Yechezkel Landau, il famoso Nodah BiYehuda scrisse: “Questo concetto mi stupisce ... non troviamo nella Torà una cosa simile, eccetto per Nimròd e Esau (entrambi cacciatori, entrambi perfidi) e non è questo il comportamento dei figli di Abramo, Isacco e Giacobbe”.
L'attenzione per la vita degli animali è una costante nel pensiero ebraico, evidente in una serie di disquisizioni legali ed in molte area. Ad esempio Rabbi Moshe Isserles (Ramo) nota che nonostante sia una mitzvà dire una benedizione indossando un vestito nuovo per la prima volta, di ringraziare D-o per la Sua grazia, molte persone non la pronunciamo indossando un capo di pelle o delle scarpe, dato che il verso parla della “grazia di D-o per tutte le sue creature”. Rabbi Isserles sembra condividere la domanda “come può un ebreo uccidere di proposito un essere vivente con le sue mani, con il solo scopo di ornamento o di piacere?”
Portando nella pratica il concetto di compassione per le creature viventi, non esiste alcun sistema religioso o legale paragonabile agli insegnamenti della Torà. In base alle sue regole, non è consentito uccidere nello stesso giorno un animale adulto e la sua prole - sarebbe troppo crudele eliminare contemporaneamente due generazioni. Anche se la Torà consente di uccidere animali per il beneficio dell'uomo - gli uomini non possono farlo in modo vizioso. E anche se gli animali possono non capire che il loro vitello morirà nello stesso giorno - l'ebreo non deve permettersi di diventare insensibile allo spargimento di sangue. Quindi la sostanza dei precetto non è di non uccidere nello stesso giorno l'animale e la sua prole, ma piuttosto di non diventare crudeli, l’ebraismo pretende dai suoi discepoli un alto livello di coscienza nei confronti di tutte le creature viventi.
La macellazione è crudele
Alcuni vegetariani definiscono la loro causa come l'unico comportamento umano, fermo restando che la macellazione è inevitabilmente una sofferenza per l'animale, e quindi sempre crudele. Nel Vegetarian Times leggiamo: "In base a ricerche sui sistemi di ipnosi, pare che anche la morte per decapitazione causi dolore che persiste fino a dopo la morte. Durante un'esecuzione a Parigi, un ipnotizzatore ripercorse l'esperienza del condannato, e pare che il dolore si sia protratto per parecchio tempo dopo il distacco della testa, proprio come accade con il pollo che continua a correre dopo essere stato decapitato. Analogamente, quando vengono squartati alligatori che sembrano morti a tutti gli effetti, i loro cuori battono ancora, è noto che pesci privati di tutte le loro interiora tentano di mordere chi si avvicina troppo. Questo implica che la sofferenza si protrae nel sistema nervoso degli animali non solo prima e durante la macellazione, ma anche dopo.”
C'è chi afferma che si tratti di automatiche contrazioni del tessuto muscolare, e non di reale dolore, ma nonostante questo, la legge ebraica prevede che il dolore nell'istante della macellazione deve essere ridotto al minimo.
Le particolari regole per ridurre la sofferenza dell'animale ci ricordano che abbiamo a che fare con delle creature viventi.
Le leggi della shechità (macellazione rituale), sono molto chiare rispetto alla necessità della rapida recisione della trachea e dell'esofago per rendere la morte meno dolorosa possibile. Per questo viene recisa anche la giugulare “perché da qui esce la maggior parte del sangue e anche perché la Torà proibisce di far soffrire gli animali: quindi il coltello non deve avere difetti”.
Sarebbe scorretto dire che l’ebraismo condanna il consumo di carne come il vegetarianismo, dobbiamo trattare gli animali con riguardo, tuttavia come evidenzia Maimonide (Leggi della Preghiera 9:7): la pietà per gli animali non può essere l'aspetto più importante delle mitzvòt, perché se così fosse, la macellazione ci sarebbe vietata del tutto. Siamo in effetti tenuti a ridurre il dolore al minimo indispensabile.
Anche Rabbi Shneur Zalman di Liadi, il mistico e fondatore del movimento chassidico Chabad Lubavitch, ha espresso il suo parere sulla macellazione degli animali. Tuttavia, il suo pensiero esprime una concezione completamente diversa del rapporto uomo-animale di quanto abbiamo detto finora. Egli spiega che tutto il mondo esiste per glorificare il suo Creatore: “Se l'individuo timoroso di D-o mangia carne o beve vino per aprire il suo cuore a D-o e alla Torà o per adempiere alla mitzvà della gioia dello Shabbat e dello Yom Tov, questa carne viene santificata e si eleva a D-o come sacrificio” Tanya, cap. 7.
In altri termini, se la carne macellata viene consumata da una persona timorosa di D-o, si trasforma e diventa parte di un insieme più elevato e finalizzato al servizio di D-o.
Motivi di salute
Migliaia di persone diventano vegetariane per motivi che non hanno alcuna attinenza al problema morale dell'uccisione dell'animale. Da una prospettiva molto più pragmatica, rinunciano alla carne perché quella che oggi è disponibile sul mercato, è contaminata da additivi e sostanze chimiche e le greggi vengono allevate in modo tale da rendere la carne odiosa e potenzialmente pericolosa.
Se queste descrizioni corrispondessero a verità, la religione ebraica ci vieterebbe di consumarla.
È ben noto infatti che la religione ebraica dedica la massima attenzione nella conservazione della vita. Mangiare di Yom Kippùr, guidare di Shabbat, quasi tutto è permesso per salvare una vita umana. È forse meno noto che è vietata qualsiasi azione che metta in pericolo la vita, sia nell'immediato che a lunga scadenza. Il Talmùd avvisa che è proibito bere acqua rimasta scoperta a lungo, dato che potrebbe essere stata avvelenata da un serpente, anche se oggi questa ipotesi appare improbabile, la regola è in vigore.
I nostri rabbini hanno anche stabilito che costituisce violazione dei precetti religiosi camminare vicino ad un muro pericolante o entrare in una casa in rovina per via del pericolo di crolli.
Seguendo i molti precedenti descritti nei codici della Legge Ebraica, avremmo poche difficoltà nel giungere alla conclusione che se effettivamente mangiare carne fosse pericoloso per la propria salute non sarebbe solo lecito, ma obbligatorio ridurre al minimo il consumo di un alimento così dannoso.
Per quanto mi riguarda, concordo con l'affermazione del Vegetarian Times relativa al fatto che “anche se apparentemente la dieta vegetariana ha un'impronta più spirituale, un vegetariano non è necessariamente più spirituale dei suo vicino carnivoro”. Consideriamo ora un antico detto rabbinico: “Colui che ha compassione per i crudeli, finisce per essere crudele con coloro che meritano la compassione”. Spesso infatti la presunta superiorità morale dei vegetariani manca di consistenza. Sfortunatamente, oggi molte persone che dedicano attenzione al mondo animale non sono altrettanto sensibili alle sofferenze dei genere umano. Il salmo glorifica D-o “per la Sua compassione per tutte le Sue creature”. Chi è vegetariano in base a considerazioni di tipo morale dovrebbe quindi orientare la sua sensibilità anche verso gli esseri umani.
In conclusione, è implicito che l’ebraismo è una religione che enfatizza molto la giustizia e la compassione per tutte le creature di D-o. La Torà e tutti i nostri insegnamenti proibiscono di infliggere sofferenze inutili, anche se minime, prevede una lunga serie di regole per garantire che la macellazione avvenga con questo spirito. Inoltre, dato che il Giudaismo auspica la ricerca della spiritualità piuttosto che l'attenzione per le cose materiali, ci raccomanda di ridurre il consumo di carne. D'altronde, l'halachà suggerisce di mangiare carne in alcune occasioni, e dunque non possiamo giudicare quest'attività come ingiusta o immorale.
Il più saggio degli uomini, re Salomone, disse che non c'è nulla di nuovo sotto il sole. Anche se per molte persone il vegetarianismo è una nuova moda, l’ebraismo si è confrontato con queste idee moderne migliaia di anni fa. Ciò dimostra quindi ancora una volta la grandezza e la sensibilità dei nostri Saggi.
Di Rabbi Alfred S. Cohen. Basato su un saggio apparso su The Journal of the Halachah and Contemprorary Society.
Tradotto da S. H.
Parliamone