È stato spesso detto che il viso è lo specchio del cuore, che il sentimento interiore si esprime nei tratti umani. E non è una coincidenza se, in ebraico, la parola viso, panìm significa anche interiorità.

A tutto ciò che possiamo provare, il piacere, la gioia, la collera, corrisponde un attitudine della fisionomia. Queste manifestazioni sono spontanee ed involontarie, difficili da reprimere o controllare. Emozioni più forti fanno sorgere manifestazioni più grandi, delle grida o degli applausi. Nel caso di una gioia intensa, vengono stimolati anche i piedi. È il caso delle danze chassidiche.

Le danze chassidiche sono l'espressione di una gioia e di un’estasi religiosa intensa. Inutile dire che non sono miste poiché questo è proibito dalla Legge Ebraica. È anche inutile aggiungere che la danza chassidica non è un invenzione recente. Possiamo citare a tale soggetto diverse referenze bibliche: Miriam, la profetessa, danza e canta lodi a D-o dopo la miracolosa traversata del Mar Rosso; il Re David rotea e salta dinanzi all'Arca dell'Alleanza. La maggior parte delle feste e sopratutto quella di Succòt erano accompagnate da danze fin dai tempi più antichi. Di fatto, il nome festa, chag, significa ugualmente danza in cerchio.

I motivi e le melodie assumono un senso, non solo per il ritmo ed il movimento che li fa risorgere, ma anche per la varietà delle loro ispirazioni. Infatti il chassidismo considera i motivi senza parole come il veicolo di un’estasi religiosa intensa, alcuni motivi potrebbero ispirare la teshuvà, altri un desiderio ardente o un ispirazione all'unione mistica dell'anima con la sua fonte.

La storia della danza chassidica richiama una controversia che ebbe luogo nella seconda metà del XVII secolo. Uno dei discepoli del Maghìd di Mezritch, Rabbi Abraham di Kalisk, pose l'accento sull'aspetto entusiastico e gioioso del chassidismo. Questo portò a numerosi eccessi, benché condannati immediatamente dai dirigenti chassidici, apportarono acqua al mulino dell'opposizione.

La scuola di Kalisk non si rilevò essere che una fase effimera nello sviluppo iniziale del movimento, allora ingiustamente denunciata di deviazionismo. Sappiamo adesso quale importante ruolo giochi in seno all’ebraismo ortodosso. Intanto, servire D-o con gioia, simchà shel mitzvà (Levitico 23:40; Deuteronomio 16:14 e 28:7; Salmi 100, etc.) continua ancora ad essere con il fervore e l'entusiasmo una delle caratteristiche dell'insegnamento del Baal Shem Tov, che inserisce una vita nuova alla pratica quotidiana.

Facciamo inoltre una distinzione tra Chassidismo di Lubavitch Chabad, (intellettuale) ed il Chassidismo polacco Chagàt (emozionale) in ragione dell'accento e del posto che sono attribuiti a queste due differenti facoltà. In Chabad la ragione e l'emozione (i sentimenti) sono fusi in un solo sistema unitario dove la mente dirige il cuore1.

Una delle dottrine della psicologia di Chabad così com'è presentata nella sua opera di base, il Tanya, è che l'intelletto essendo intrinsicamente più forte del cuore - ha la possibilità attraverso uno sforzo cosciente (la contemplazione, per esempio) di affermare la sua matrice sulle emozioni. Non si insegna ad un chassid Chabad a soffocare i suoi sentimenti, ma a servirsene in un modo misurato. La dominazione di sé lo caratterizza durante la sua condotta quotidiana. Ogni cosa a suo tempo e al suo posto, tutte le capacità umane devono essere messe interamente al servizio di D-o con spiritualità. Anche la danza, essendo una manifestazione esteriore, possiede per i hassidim Lubavitch una profonda qualità interiore. La vasta letteratura di Chabad abbraccia ogni aspetto della condotta umana e ne considera l'aspetto esoterico. Così, la danza detiene un grande posto ed è strettamente legata a qualcune delle dottrine fondamentali del chassidismo. Ci vorrebbe molto spazio per discutere lungamente dei loro diversi aspetti e di tutte le implicazioni. Non potremmo che soffermarci qui, su qualche punto ìmportante.

Danzare dai piedi alla testa

La Chassidut spiega che tutte le cose nel mondo hanno la loro controparte nel mondo spirituale.

Nell'azione della danza, il corpo si muove completamente. Il corpo intero dai piedi alla testa è assorbito dalla gioia e dall'esuberanza della danza. In questo frattempo sono certamente le gambe, a giocare il ruolo principale. Il concetto di testa e di piedi si ritrova egualmente nell'anima, si applica al popolo ebraico intero, ed anche alla Shechinà, la Manifestazione Divina stessa.

Nell'uomo, la testa detiene il ruolo supremo per via della sua posizione e delle sue qualità, mentre i piedi sono superiori in quanto servono come sostegno per tutto il corpo ed il portamento da un posto all'altro. La testa può decidere dove vuole andare ma sono le gambe che devono condurla al posto designato. Senza il potere della locomozione che esiste nelle gambe, il corpo intero, testa compresa, sarebbe gravemente handicappato. In più, se i piedi si incespicassero, anche leggermente, il corpo intero si schiaccerebbe con gran fracasso ferendosi gravemente.

L'analogia applicata all'anima è che anch’essa possiede una testa e dei piedi. La testa dell'anima è quell'aspetto concernente le facoltà intellettuali, mentre i piedi rappresentano la fede che è la fonte della vita spirituale di un ebreo, di ogni ebreo senza eccezioni. Così la danza chassidica pone l'accento sulla grande qualità della fede semplice che come i piedi può elevare il corpo intero, testa compresa.

Il popolo ebraico costituisce ugualmente un solo organismo (umà shelemà), quindi i Saggi della Torà sono la testa del popolo, l'ebreo comune, i piedi. È evidente che i piedi non possono essere separati dalla testa, ne la testa dal resto del corpo. Deve esserci un'unità ed un'armonia perfetta fra tutti gli ebrei, perché Israele sia un organismo in buona salute (Giudici 20:11; Chaghigà 26a; Cuzri 111 (19); Igheret Hakodesh - fine di cap. 22b, etc.). Così le danze chassidiche donano l'esempio di quest'unità, poiché tutti i chassidim vi partecipano e sono congiunti insieme; sia che servono con i piedi che con la testa.

Quanto alla Shechinà, la Presenza Divina nel mondo, esiste anche qui il concetto di testa o di trascendenza o immanenza della Divinità, ovvero, sovev e memale secondo la terminologia della letteratura chassidica, perfettamente unificati nell'unità di D-o.

Sottolineamo che è la concezione umana a fare una distinzione, che non esiste in realtà. Siamo noi a distinguere fra gli attributi divini come manifestati nella natura e ciò che la trascende. In altre parole, ci sono aspetti della Manifestazione Divina che possiamo comprendere fino ad un certo grado e quelli che vanno al di là del potere di comprensione dell'uomo e dell'angelo. Proclamando come noi facciamo quotidianamente nello Shema, l'Unità di D-o, dobbiamo comprendere incessantemente e più che ci è possibile, ciò che significa quest'unità e fare che Or En Sof (luce dell'Infinito) irradi sulla nostra persona, la nostra anima ed il mondo che ci circonda.

Questo è un concetto profondo che non possiamo trattare qui in modo esauriente, ma che viene trattato in dettagli dalla letteratura chassidica Chabad. Diciamo solamente che l'unità di D-o è rappresentata simbolicamente dal cerchio, che non ha né inizio né fine, nonostante si parli della parte superiore del cerchio e di quella inferiore. Il cerchio mistico richiama anche la famosa espressione del Rabbi Shneur Zalman di Liadi, fondatore di Chabad: “D-o converte lo spirituale in materiale e l'ebreo converte il materiale in spiritual”. In altre parole, la creazione è una discesa del spirituale nel materiale mentre il culto divino e soprattutto il compimento delle mitzvòt con degli oggetti come gli tzitzìt in lana e i tefillìn in cuoio, costituisce l'elevazione del materiale verso il reame spirituale e della santità. Attraverso questi atti di ogni momento, l'ebreo completa lo schema della creazione e rende l'unità di D-o una realtà anche nella propria esperienza quotidiana.

Infine, il ritmo e il battito delle mani che conducono la danza hanno anch'essi un significato particolare: pongono l'accento sulla vitalità che deve animare il servizio divino. Il tratto caratteristico dell'avanzata e ritirata (ratzò veshuv) nella danza chassidica, è un simbolico aspetto fondamentale del servizio divino - una nota e basilare dottrina della filosofia Chabad come pure nella Kabbalà. La qualità ispiratrice della danza chassidica è stata largamente enfattizzata dai leader Chabad fin dal suo principio. Nonostante le occasioni delle danze non siano molto frequenti fra i Chassidim di Lubavitch, la loro qualità ispiratrice e la loro influenza è durativa e risentita nella vita di tutti i giorni.