I discepoli di Rabbi Levi Yitzchak di Berditchev notarono che c’era qualcosa di strano.
Yom Kippùr, il giorno più temibile dell’anno, si stava avvicinando, ed in questo periodo ogni persona misura di più i suoi passi, concentra la sua mente in pensieri più elevati, si comporta con più serietà. Questa però era un’altra cosa. Il loro maestro era incupito, come avvolto da un presagio negativo. I suoi occhi erano rossi dal pianto, e degli insoliti sospiri uscivano dalle sue labbra. “Il Rebbe sa qualcosa che noi non sappiamo” sussurravano fra loro i suoi chassidìm. “Forse vede una terribile calamità decretata in cielo per il nuovo anno – D-o non voglia!”
Alcuni giorni prima di Yom Kippùr, Rabbi Levi Yitzchak chiamò il suo gabbai (segretario). Con grande stupore del gabbai, il Rebbe voleva parlare di affari.
“Negli ultimi tempi è significativamente aumentato il numero di persone che mi chiedono di pregare per loro nel Santo Giorno” disse. “È tempo di stabilire un prezzo fisso per i kvitlach (i biglietti in cui si scrive la richiesta di benedizione con i nomi dei beneficiari – N. d. T.). Credo che dovremmo chiedere due monete per ogni nome scritto in un kvitel”.
In genere, quando un chassìd dà il kvitel al suo Rebbe, include come dono anche una somma di denaro, chiamata pidyòn nèfesh – riscatto dell’anima. Di norma, l’ammontare della somma è a discrezione del chassìd, ed è per questo motivo che il gabbai di Rabbi Levi Yitzchak fu molto sorpreso della decisione del Rebbe.
Così, nella sinagoga e nella piazza del mercato furono affissi diversi avvisi in cui si informava il pubblico della nuova regola, di cui presto vennero tutti a conoscenza: il Rebbe chiedeva due monete per ogni nome.
La vigilia di Yom Kippùr, subito dopo le preghiera del mattino, Rabbi Levi Yitzchak cominciò a ricevere i fedeli con i loro kvitlach. La nuova regola del Rebbe, unita al suo comportamento anomalo dei giorni precedenti, diffuse nella comunità la sensazione che fosse di vitale importanza essere inclusi nella lista dei nomi per i quali il Rebbe avrebbe chiesto all’Onnipotente una benedizione nel giorno più santo dell’anno. Due monete non erano una somma eccessiva, ma per un sarto o per un povero venditore ambulante con una dozzina di figli da mantenere erano una spesa considerevole. Eppure, nessuno si tirò indietro. Quell’anno nessuno voleva rischiare.
Il Rebbe stette seduto tutto il giorno, con il fedele segretario all’ingresso, e ricevette i kvitlach. Ben presto la sua scrivania fu completamente sommersa da fogli piegati e monete di rame. Alcuni tentarono di trattare la somma di denaro col gabbai, ma le istruzioni del Rebbe erano chiare: nessuna eccezione.
Verso mezzogiorno, una donna si avvicinò al segretario e implorò di essere esentata dal denaro. “Sono una povera vedova con un bambino, senza neanche un soldo nel portamonete. Non è nelle mie possibilità pagare quattro mente affinché mio figlio ed io possiamo essere iscritti nel libro della vita. Vi prego, abbiate pietà di me e di mio figlio, orfano di padre, e permettetemi di aggiungere i nostri nomi alla lista del Rebbe; prometto che pagherò l’intera somma appena l’avrò a disposizione”.
“Cosa posso fare?” disse il gabbai, “Il Rebbe mi ha chiaramente detto che non ci sarebbero state eccezioni”.
“Lasciatemi parlare col Rebbe, sono sicura che accetterà la mia richiesta”.
Il gabbai si impietosì ma Rabbi Levi Yitzchak fu irremovibile. “Sono desolato”, disse alla vedova, “ma questa è la regola – due monete per ogni nome”.
La vedova andò via col cuore spezzato, ma risolvette di procurarsi in un modo o nell’altro la somma necessaria; il suo nome e quello di suo figlio dovevano essere inclusi nella lista del Rebbe.
Le ore passarono. L’ultimo postulante aveva lasciato la casa del Rebbe e il momento solenne del Kol Nidrei, che apre le preghiere di Kippùr, si stava avvicinando. Il gabbai contò le monete sulla scrivania e le chiuse a chiave nel cofanetto. Poi, raccolse meticolosamente tutti i kvitlach nel pacchetto che il Rebbe avrebbe tenuto con sé durante le preghiere.
Tutti i fedeli erano già riuniti nella sinagoga, avvolti nei Talitòt, in attesa del Rebbe. Ma Rabbi Levi Yitzchak era in ritardo, ancora nella sua casa, lo sguardo rivolto alla finestra come in attesa di qualcosa.
A un certo punto scorse una figura minuta avvolta in uno scialle correre per la strada ormai deserta. Era la vedova! Con un foglietto in mano e qualche moneta. “Grazie a D-o il Rebbe è ancora a casa!” esclamò. “Questo è il mio kvitel, Rebbe. Pregate per me e per mio figlio affinché possiamo essere iscritti nel libro della vita”.
“Ma ci sono solo due monete”, notò Rabbi Levi Yitzchak, “potete scrivere un solo nome”.
“Santo Rebbe”, implorò la donna, “ho corso tutto il giorno chiedendo denaro in prestito a ogni persona che conosco. Questo è tutto quello che sono riuscita a raccogliere. Vi supplico, pregate per entrambi noi! Vi prometto di portarvi le altre due monete entro una settimana”.
“Sono desolato”, insistette il Rebbe, “il prezzo è due monete per ogni nome. Quale nome volete scrivere nel kvitel?”
Dita tremanti e volto bagnato dalle lacrime, la povera vedova prese il foglio e cancellò il suo nome. “Pregate per il mio Shloimele, Rebbe”, disse, “che possa avere un anno di vita, salute e felicità”.
Nel sentire queste parole, gli occhi del Rebbe s’illuminarono, scacciando la nebbia che li aveva offuscati nelle settimane precedenti. Afferrò le due monete e il kvitel, li sollevò al cielo ed esclamò, trionfante: “Padre che sei in cielo! Guarda! Guarda cosa una madre mortale è capace di fare per suo figlio! E Tu – forse si dovrebbe dire, D-o non voglia, che Tu sei da meno per i Tuoi figli? Riesci forse a guardare questa donna negli occhi e rifiutare di concedere ai Tuoi propri figli un anno d vita, salute e felicità?”
“Venite”, disse il Rebbe alla donna e al gabbai, “rechiamoci in sinagoga per il Kol Nidrei”.
Di Rav Yanki Tauber
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