I “buoni propositi” per il nuovo anno sono qualcosa di acquisito nella nostra società. Il problema è che molti di questi propositi, sebbene espressi con assoluta sincerità e convinzione, alla fine non vengono mantenuti; in molti casi, dopo pochi mesi cadono nell’oblio… Allora qual è il “segreto” per riuscire a mantenerli anche a lungo termine?
I Nostri Propositi…
Il desiderio che l’anno nuovo sia più appagante di quello trascorso è assodato; l’uomo ha molte aspirazioni e necessità, e il senso di appagamento e di realizzazione è un’esigenza umana basilare, a prescindere dallo status sociale e professionale. Una persona che si sente realizzata, si sente una persona felice e di successo, com’è vero anche l’opposto. Questo è quello che distingue l’uomo dall’animale, come dice il re Salomone: “Lo spirito dell’uomo è ciò che sale in alto, e lo spirito dell’animale è ciò che scende in basso a terra” (Ecclesiaste 3:21). Un animale si preoccupa che le sue esigenze materiali siano soddisfatte, l’uomo anela costantemente ad ascendere più in alto, sapendo che, nonostante quanto sia riuscito a realizzare, c’è ancora molto da migliorare.
…Per Servire Il Creatore
E qui sta il problema. Un proposito, una risoluzione per il futuro che è dettata dal bisogno di soddisfare le proprie necessità verrà infranta o dimenticata non appena la persona avverte un’altra esigenza, più pressante. Decidiamo che dobbiamo alzarci presto per fare un po’ di movimento prima di cominciare la giornata; appena però arriva il giorno in cui ci corichiamo particolarmente tardi, ecco che non possiamo più mantenere fede alle nostre parole: il sonno e un buon riposo diventano in quel momento prioritari. L’approccio della Torà ai “buoni propositi” è un po’ diverso. La decisione di cambiare le proprie abitudini è parte integrante della mitzvà della teshuvà, che non può essere spiegata solo come “pentimento” perché sarebbe riduttivo, piuttosto come “pentimento e ritorno”. La teshuvà non si basa sul bisogno dell’uomo di migliorarsi ma implica la consapevolezza che il nostro scopo è quello di servire il Creatore – che incoroniamo come Sovrano dell’universo a Rosh Hashanà – e che non Lo stiamo servendo al meglio delle nostre possibilità. Teshuvà significa provare rimorso per le nostre imperfezioni perché trasgrediscono la volontà di D-o e decidere di diventare dei servitori più fedeli. Qualsiasi proposito che emana da un impegno a migliorarci nel nostro servizio verso D-o è destinato a durare, fintanto che dura la nostra decisione di compiere la Sua volontà. Un impegno per il futuro che ha origine da una genuina teshuvà viene mantenuto anche a lungo termine, perché dopo aver accettato su noi stessi il giogo Divino, non c’è nessun’altra esigenza contingente che può interferire e diventare prioritaria.
Il Popolo d’Israele sarà redento attraverso la teshuvà, e la Torà ci assicura che alla fine dell’esilio gli ebrei faranno effettivamente teshuvà e saranno immediatamente redenti (Rambàm, Hilchòt Teshuvà 7:5). Che possiamo tutti cominciare un nuovo anno dolce, l’anno della tanto ardentemente attesa Redenzione.
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