L’espressione “Rosh Hashanà” significa letteralmente “capo dell’anno”: questo giorno si rapporta agli altri giorni dell’anno come il capo si rapporta agli altri organi del corpo. In particolare, ci sono tre dimensioni nella relazione tra la testa e il corpo, e il nostro servizio verso D-o di Rosh Hashanà è caratterizzato dai paralleli spirituali di queste tre funzioni fisiche. Prima di tutto, il cervello controlla il funzionamento del corpo nel suo insieme e di ciascun organo, e di Rosh Hashanà ci ripromettiamo di avanzare in tutti gli aspetti dell’osservanza della Torà; questi buoni propositi presi in questo giorno influenzano la qualità del nostro servizio verso D-o nell’anno che sta cominciando. In secondo luogo, l’energia vitale di tutti gli organi è accentrata nel cervello, in cui ciascuna componente è legato a un organo, e con Rosh Hashanà hanno inizio i dieci giorni penitenziali; siccome la teshuvà (pentimento e ritorno) include tutti gli altri precetti, può espiare le mancanze nell’osservanza di una mitzvà. Infine, il cervello è la sede della forza del pensiero, che è la facoltà umana più elevata, e il servizio di Rosh Hashanà comporta un livello di legame assoluto tra l’uomo e D-o. I nostri Maestri insegnano che in questo giorno D-o chiede all’uomo “AccettaMi come Re su di te” (Talmùd, Rosh Hashanà 16a, 34b), e in effetti il nostro riconoscimento della sovranità di D-o è un motivo dominante della ricorrenza.

I Tre Legami

Questi tre elementi di Rosh Hashanà rappresentano tre livelli di legame con D-o. Il primo legame viene instaurato attraverso l’osservanza della Torà, poiché essa esprime la volontà del Sign-re; osservando i precetti scritti nella Torà leghiamo i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni a Lui. Però, il legame con D-o instaurato con l’osservanza delle mitzvòt presuppone che l’uomo sia un’entità separata che desidera connettersi con D-o, mentre la teshuvà comporta un legame che unisce l’uomo a D-o direttamente, senza bisogno dell’intermediazione dei precetti, e questo è il secondo livello di legame, più profondo del primo. Ciascuno di noi condivide un legame con D-o che non dipende dalle nostre azioni. Dunque, anche una persona che non ha instaurato un rapporto con D-o attraverso i precetti o che l’ha ostruito, può ancora provare il desiderio di tornare a Lui. Questo desiderio suscita una risposta da parte del Sign-re; come un padre che ama i suoi figli incondizionatamente, a prescindere dal loro comportamento, così il Sign-re mantiene un legame con noi anche se il nostro comportamento sembra allontanarci da Lui. Quando una persona torna a Lui con la teshuvà, questo legame affiora in superficie. Dal momento che il legame con D-o raggiunto attraverso la teshuvà è più profondo di quello raggiunto con l’osservanza dei precetti, esso può compensare eventuali carenze nell’osservanza delle mitzvòt. Tuttavia resta ancora una certa distanza tra l’uomo e D-o, ed è proprio la sensazione di distacco che origina il desiderio di riavvicinarci a Lui. La nostra volontà di accettare D-o come Re esprime il terzo legame, quello indissolubile, dell’uomo con D-o: l’uomo accetta la sovranità di D-o perché non può concepire nessuna alternativa, non può concepire la possibilità di vivere senza un Re. Allo stesso modo, per così dire, D-o non può concepire di restare senza sudditi, e per questo motivo si rivolge all’uomo e gli chiede “AccettaMi come Re su di te”, e gli chiede “Accetta la Mia sovranità e dopo accetta i Miei decreti”. È chiaro quindi che l’osservanza delle mitzvòt è possibile solo dopo aver stabilito la sovranità di D-o su di noi, che è a sua volta il presupposto alla teshuvà, poiché rammaricarsi della condotta passata e decidere di compiere la volontà Divina nel futuro implica l’esistenza di una rapporto suddito-re. Di Rosh Hashanà ci concentriamo su questo aspetto fondamentale, ma perché il legame indissolubile con D-o è instaurato attraverso l’accettanza della Sua sovranità? La risposta si ottiene capendo che nel profondo, sotto i vari strati e sfaccettature della nostra personalità, il nucleo del nostro essere è l’anima divina; non esiste nessuna libera espressione di noi stessi che dica chi siamo veramente, ma è accettando la sovranità del Sign-re che la nostra quintessenza e la parte più genuina di noi trovano espressione. Così, quando di Rosh Hashanà diciamo “Regna sull’intero mondo nella Tua gloria” (Machazòr di Rosh Hashanà), dovremmo esprimerci con un profondo desiderio, e ogni aspetto del nostro essere dovrebbe essere dato a D-o. Accettare la sovranità del Sign-re accelera l’espressione ultima del Suo Regno con la Redenzione, poiché allora “D-o sarà il Re del mondo intero e in quel giorno Egli sarà Uno e il Suo Nome sarà Uno” (Zaccaria 14:9). Possa avvenire nell’immediato futuro.

Adattato da Likkutè Sichòt, chabad.org