Dopo la preghiera di Minchà del primo giorno di Rosh Hashanà si osserva il Tashlìch, che letteralmente significa gettare. Questo rituale consiste nel recarsi in riva a un corso d’acqua e nel recitare alcune preghiere, accompagnate dal gesto simbolico di svuotare le proprie tasche (metafora dell’anima) da tutti i peccati commessi durante l’anno, facendo buoni propositi per quello in arrivo.
Il Tashlìch si svolge proprio in riva a un fiume poiché Rosh Hashanà è il primo dei giorni detti “terribili” (Yamìm Noraìm) che portano al digiuno di Kippùr, in cui l’ebreo arriva a concepire D-o non solo come il Creatore del mondo ma anche come Colui che lo governa giorno dopo giorno, che condiziona la storia e, quindi, la vita di ogni essere vivente. Dal canto nostro, noi, in quanto sudditi al cospetto del Re, dobbiamo rendergli conto delle nostre azioni. In passato, i re venivano consacrati in riva a un fiume, quale espressione simbolica della speranza che il regno prosperasse come il flusso del fiume, eterno e inarrestabile. Allo stesso modo ci dobbiamo porre davanti al nostro Re, consacrandolo e rispettandolo.
La preghiera di Tashlìch ricorda questa cerimonia magistrale, provocando nella persona un forte impatto emotivo e spingendola alla riflessione e all’introspe-zione psicologica. Per questo alcuni maestri consigliano di recarsi ad effettuare il Tashlìch in piccoli gruppi, per non essere portati a distrarsi con conversazioni inadatte alla situazione. Le comunità che non abitano nelle vicinanze di corsi d’acqua possono svolgere il rituale presso fontane o laghetti. Nel caso in cui fossero anche questi troppo lontani, è possibile posticipare la preghiera sino a Hosha’nà Rabbà, l’ultimo giorno di Sukkòt, quando D-o suggella definitivamente ciò che è stato deciso a Kippùr.
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