Cosa: Lo shofàr è un corno di un animale kashèr dal quale viene rimosso il midollo osseo per poterlo suonare.

Quando: Rosh Hashanà viene menzionata nella Torà come “Yom Teruà”, “Il Giorno del suono dello Shofàr”. Infatti è questa la mitzvà del giorno, ovvero sentire i suoni della teruà (vedi Levitico 25:9, 23:24 e Numeri 29:1). Poiché Rosh Hashanà dura due giorni, è necessario sentire lo shofàr entrambi i giorni, a meno che il primo giorno cada di Shabbàt, nel qual caso lo si suona solo il secondo giorno.

Perchè: In poche parole, perchè così D-o comanda. Ma non solo per questo; infatti lo shofàr funge anche da sveglia, risvegliandoci dal nostro sonno spirituale e ricordandoci di unirci nuovamente con il Creatore.

Chi: Ogni uomo, donna e bambino ebrei.

Dove: È preferibile sentire lo shofàr in sinagoga, perciò lo si suona dopo la lettura del Sèfer. Tuttavia, se non si ha la possibilità di andare in sinagoga, suggeriamo di contattare un rabbino Chabàd che potrà aiutare a trovare qualcuno che venga a suonarvi lo shofàr a domicilio.

Come: Sembra semplice ma ci sono delle regole che vanno seguite. Il baàl tokea, colui che suona lo shofàr, recita due benedizioni ed emette tre suoni: tekià (il richiamo diretto ), shevarìm ( tre richiami a singhiozzo ), e teruà (nove o più suoni a singhiozzo).

È necessario suonare e sentire almeno trenta di questi suoni; in sinagoga si suonano un totale di cento suoni durante le varie preghiere del giorno.

Per Rosh Hashanà è preferibile usare uno shofàr di montone in ricordo del sacrificio di Yitzchàk, come pure che sia incurvato per simboleggiare il nostro cuore incurvato di fronte a D-o. È bene che non abbia spaccature o scheggiature, anche se ciò non ne pregiudica l’utilizzo in senso generale.

Il suono dello shofàr, con la sua caratteristica maestosità e potenza, esprime una forza tale da indurre l’animo umano a provare sentimenti profondi e a volte contrastanti, come non hanno mancato di rilevare i Maestri: a volte ci sentiamo sopraffatti e annichiliti dal suono dello shofàr e in altri casi ci infonde invece la fede nel futuro di Israèl .

Nel giorno di Rosh Hashanà fu creato l’uomo, culmine dell’atto Divino: in quel momento D-o fu incoronato Re dell’universo. Ogni anno a Rosh Hashanà rinnoviamo la nostra sottomissione alla Sua sovranità: ne è simbolo il suono dello shofàr.

Accettammo la Torà alle pendici del monte, e in quella circostanza si udì il suono dello shofàr (Esodo 19:16). Ogni anno, dunque, ricordiamo e rinnoviamo questo legame di sottomissione alle leggi di D-o e di accettazione incondizionata; oppure pensiamo, per esempio, ad alcuni passi profetici le cui parole vibranti sono paragonate, per intensità, al suono stesso dello shofàr (cf Ezechiele 33:1); Il suono dello shofàr provoca timore e tremito nel popolo (Amos 3:6).

La sequenza dei suoni dello shofàr provoca nell’animo sentimenti di premonizione di quanto proveremo di fronte al grande e terribile giorno del giudizio finale (Zefania 1:14). Infine, lo shofàr evoca l’ultimo grande raduno del popolo di Israèl, che avverrà proprio accompagnato dal suo suono. Ascoltando lo shofàr durante Rosh Hashanà, anticipiamo il carattere di quell’evento (Isaia 27:13) e rafforziamo la fede nella venuta del Mashìach e nella resurrezione dei morti.

Tratto da Chabadroma.org e Shabbat Shalom