Il personaggio di Elishèva compare solo una volta nella Torà:

“E Aharòn prese per sé una moglie, Elishèva, la figlia di Aminadav, sorella di Nachshòn, ed ella gli generò Nadàv e Avihù, Elazàr e Itamàr”1.

I Saggi elencano gli uomini santi e prominenti della sua famiglia2 :

  • Era sposata ad Aharòn, il Gran Sacerdote, ed era dunque la progenitrice di tutti i kohanìm (sacerdoti) dai tempi della Bibbia fino a oggi.
  • Suo cognato era Moshè, il più grande profeta mai vissuto.
  • Suo padre era Aminadàv, il cui lignaggio risale a Pèretz, figlio di Yehudà3.
  • Suo fratello era Nachshòn, il capo della tribù di Yehudà, il quale si buttò coraggiosamente nelle acque agitate [del Mar Rosso], catalizzando il miracolo dell’apertura delle acque.
  • I suoi figli erano Nadàv e Avihù (che morirono per via di un fuoco Divino durante l’inaugurazione del Tabernacolo), e Elazàr (Gran Sacerdote) e Itamàr.
  • Di conseguenza impariamo anche che suo nipote era lo Zelota Pinchàs (figlio di Elazàr), che D-o ricompensò con il sacerdozio e il “patto di pace”.

I Saggi riconoscono la peculiarità del fatto che suo fratello sia menzionato nel contesto del suo matrimonio, e ne traggono una lezione importante su come riconoscere un coniuge adatto. Aharòn osservò le buone qualità di Nachshòn e le prese in considerazione quando doveva decidere se imparentarsi con Elishèva. “La maggior parte dei figli tendono a emulare i fratelli della loro madre”4, spiegano, e i figli di Elishèva, tutti santi e giusti, certamente rispecchiavano il loro zio Nachshòn.

Ma chi era lei?

Un’ostetrica coraggiosa

Il nostro primo indizio è l’insegnamento del Talmud che identifica Elishèva e sua suocera Yochèved nelle due ostetriche ebree che coraggiosamente sfidarono l’ordine draconiano del Faraone di uccidere tutti i neonati maschi ebrei5.

La sua gioia fu guastata dalla tragedia

Elishèva era una donna di estrema fede, nonostante le sofferenze che dovette sopportare.

Nel giorno tanto atteso dell’inaugurazione del Tabernacolo, i Saggi ci danno una vivida immagine della gioia che Elishèva provò, descrivendoci di come ella si sentiva orgogliosa, vedendo il proprio marito e i suoi quattro figli prendere il manto del sacerdozio, mentre suo fratello, rappresentante della tribù di Yehudà, portava la prima delle offerte dei capi-tribù6.

Poi i suoi due figli maggiori, Nadàv e Avihù, entrarono nel Santo dei Santi e “offrirono un fuoco estraneo davanti a D-o, che Egli non aveva comandato”; il risultato fu che “un fuoco uscì da D-o e li consumò, ed essi morirono davanti a D-o”7.

Il testo ci dice che vayidòm Aharòn, “e Aharòn stette in silenzio8 ”. E Elishèva? “La sua gioia si trasformò in lutto e [il suo volto diventò cinereo] come una colonna di fumo”9. Possiamo solo immaginare quanto l’accaduto fosse doloroso per Elishèva, forse ancor più che per il marito, eppure lei mantenne salda la sua fede.

Sulla reincarnazione e la perfezione

I cabalisti10 ci dicono che la sua anima si reincarnò in Kimchìt, la donna retta la cui modestia e compassione furono la ragione per la quale meritò che sette dei suoi figli divenissero Gran Sacerdote11.

Si reincarnò anche in Batshèva, moglie del Re David, pronipote di Elishèva stessa e reincarnazione di Aharòn. Entrambi i nomi finiscono con shèva, che vuol dire “sette”, che è un riferimento ai sette attributi (middòt) Divini12. C’è però una differenza. Elishèva era sposata con Aharòn, l’incarnazione del primo attributo (chèsed – gentilezza), che è associato al Nome Divino E-l (la prima parte del nome “Elishèva”); la “gentilezza” è essenzialmente buona e pura, che è il motivo per cui la loro unione era perfetta dall’inizio.

Batshèva, invece, sposò il Re Davìd, che è associato al secondo attributo (ghevurà, tradotto come “potenza” o “rigore”). La ghevurà viene da D-o e ha la sua funzione, però deve essere prima “addolcita”. Come sappiamo, Davìd e Batshèva subirono la punizione Divina per il loro matrimonio. L’idea era nobile, ma il momento non era opportuno13.

Madre della regalità

Osservando che la maggior parte della genealogia indicata nella Torà segue la linea paterna, il Rebbe sottolinea che Elishèva, sua suocera Yochèved e sua nuora (la figlia di Putièl, che sposò Elazàr e generò Pinchàs), sono personaggi unici e la Torà vuole menzionarle. Questo perché le forze di un figlio sono merito della madre, e questi tre uomini favorirono la divulgazione della Torà: Moshè, com’è noto, insegnò la maggior parte della Torà; Elazàr insegnò le norme riguardanti gli utensili appartenenti a non-ebrei; Pinchàs contribuì a delineare le linee-guida riguardo a quando gli zeloti possono agire. E come mai furono così grandi? Perché furono cresciuti da grandi donne!14

La Torà è avara di parole su Elishèva, ma forse proprio questo è il punto. Ella era una donna di convinzioni e fede, le cui azioni dicevano più delle parole.

Traduzione di Deborah Cohenca Klagsbald