Le 12 tribù di Israele furono concepite da quattro donne. Due di queste, Rachèl e Leà, sono ricordate nella Storia come le matriarche del popolo ebraico. Sono così note che in Israele, ad esempio (ma anche in America), sono in cima alla classifica dei nomi femminili più comuni, rispettivamente al 21° e 9° posto! Le altre due donne sono meno conosciute: si tratta di Bilhà e Zilpà, madri di Dan, Naftalì, Gad e Ashèr. Esse erano in origine le serve (domestiche) di Rachèl e Leà, ma quando queste ultime fecero fatica a concepire, proposero al marito Yaakòv (Giacobbe) di sposarle e avere figli da loro.
In questo articolo:
Chi erano, in realtà?
Yaakòv sposa le serve
Reuvèn e Bilhà
Come poteva Yaakòv sposare due sorelle?
Chi erano, in realtà?
Ai tempi della Bibbia, spesso gli uomini avevano più mogli. A volte le mogli erano di ceto sociale diverso e mantenevano il proprio status sociale anche dopo il matrimonio. La donna di ceto sociale più alto era considerata la moglie principale, e i suoi figli godevano di un trattamento preferenziale. Quando un uomo sposava una donna che apparteneva al ceto degli schiavi, i figli di questa unione in genere restavano schiavi. Si tratta di una forma di poliginia in cui un uomo sposa più donne di diversi ceti sociali.
Secondo la tradizione, pure Lavàn (Labano) aveva (almeno1 ) due mogli2. Secondo la maggior parte delle opinioni3, la seconda moglie di Lavàn, di rango inferiore, era una concubina, mentre altri4 ritengono che ella fosse proprio la sua domestica.
Leà e Rachèl erano sorelle, nate dalla moglie principale di Lavàn, e Bilhà e Zilpà erano le figlie della sua seconda moglie, rendendole quindi sorellastre di Rachèl e Leà. Prima che queste ultime si sposassero, Lavàn diede loro in dono Bilhà e Zilpà come serve (in ebraico amòt o shifchòt)5.
Bilhà significa “essere allarmata” (lehibahèl), e fu chiamata così per la sua sorprendente (“allarmante”) bellezza6. Zilpà significa “fluire” (lezalèf); questo nome si rivelò profetico, poiché quando a Zilpà fu detto, quando ancora era una ragazza, che era destinata a unirsi a Leà nel suo matrimonio con il malvagio Esaù7, lacrime discesero sul suo volto8.
Yaakòv sposa le serve
Generalmente si suppone che una giovane sposa sia contraria all’idea che suo marito sposi la sua inserviente, e allora che cosa indusse le mogli di Yaakòv a offrirgli le proprie domestiche come mogli?
All’inizio del suo matrimonio, Rachèl non poteva concepire, nonostante il suo ardente desiderio di dare a Yaakòv dei figli e di contribuire a costruire il futuro che egli stava cercando di costruire9. La sofferenza dovuta alla sterilità fu esacerbata quando ella vide che sua sorella Leà generò non uno ma quattro figli, uno dopo l’altro. Rachèl si ingelosì della sorella e, oltre a invidiare i figli che Leà aveva concepito10, Rachèl attribuiva la fertilità della sorella alla sua rettitudine, e prese a invidiare le buone azioni che Leà necessariamente doveva aver compiuto per meritare la discendenza11. “Yaakòv, dammi dei figli!” implorava al marito. “Altrimenti, sono come morta!”12. Rachèl era così abbattuta che pensava che sarebbe morta di dolore13.
Rispecchiando sua nonna Sarà che diede la sua domestica Hagàr in sposa ad Avrahàm, Rachèl sperava che avrebbe meritato di avere figli se avesse fatto la stessa cosa14. Rachèl, per lo meno, sperava di allevare i figli di Bilhà come se fossero suoi propri figli, mitigando in parte la sofferenza che stava provando15. Così, Rachèl liberò Bilhà dalla sua condizione di serva e Yaakòv sposò Bilhà16. Bilhà generò due figli, che Rachèl chiamò Dan (“giudizio”) e Naftalì (“contesa” o “preghiera”17 )18.
Dopo che Leà vide che Rachèl era parzialmente riuscita nel suo intento, Nachmanide riporta che ella pure volle più figli. Rachèl e Leà erano profetesse e sapevano che Yaakòv era destinato ad avere dodici figli. Per fare in modo che la maggior parte dei figli fosse concepita da lei o dalla sua serva, nonostante che avesse già avuto quattro figli (Reuvèn, Shimòn, Levì e Yehudà), Leà offrì la sua domestica Zilpà a Yaakòv in sposa. Sembrerebbe che il suo gesto fosse sincero solo a metà, sperando in cuor suo che lui avrebbe rifiutato19. Zilpà generò due figli, che Leà chiamò Gad (“buona fortuna”) e Ashèr (“sorte”)20.
Alla fine Rachèl generò due figli, Yosèf e Binyamìn. Dopo la morte prematura di Rachèl, Bilhà allevò i figli della defunta come se fossero suoi propri figli21.
Reuvèn e Bilhà
Ai tempi del Talmud, la Torà veniva letta in ebraico e poi nella lingua parlata aramaica, così che la congregazione potesse capire. Il lettore cantilenava un versetto in ebraico, e poi il meturghemàn (traduttore) lo ripeteva in aramaico22. La Mishnà23 elenca quattro episodi biblici che non dovrebbero essere tradotti, per timore che possano essere equivocati da chi sia incolto: uno di questi è l’episodio di Reuvèn e Bilhà24.
Il versetto dice semplicemente: “E accadde, quando gli israeliti risiedevano in quella terra, che Reuvèn andò e giacque con Bilhà, la concubina del padre, e Israèl [Yaakòv] sentì [di ciò]; e così, i figli di Yaakòv erano dodici”25.
Una tradizione talmudica interpreta il versetto letteralmente, ma la maggior parte delle fonti interpretano in maniera diversa, dando origine al detto talmudico: “Chiunque dica che Reuvèn peccò [con Bilhà] non fa altro che sbagliarsi, come è detto: ‘Ora i figli di Yaakòv erano dodici’: questo ci insegna che tutti i fratelli erano uguali [in rettitudine]”26. Allora che cosa vuol dire il versetto? Il Talmud (citato in Rashì27 ) spiega che Reuvèn spostò il letto di Yaakòv dalla tenda di Bilhà alla tenda di sua madre Leà. Reuvèn sapeva che Yaakòv amava Rachèl più di sua madre28, ed era lei che all’inizio Yaakòv voleva sposare. In effetti Yaakòv lasciò il suo letto nella tenda di Rachèl finché lei era in vita. Dopo che Rachèl morì, Reuvèn suppose che Yaakòv avrebbe spostato il suo letto nella tenda di Leà. Nella sua mente, Bilhà e Zilpà erano inferiori alle loro padrone originarie Rachèl e Leà, e quando Yaakòv scelse di spostarsi nella tenda di Bilhà, Reuvèn si sentì legittimamente indignato: “Se la sorella di mia madre era la rivale di mia madre, forse che la serva di mia madre deve diventare pure lei la sua rivale?”. Quindi prese il letto di Yaakòv e lo spostò nella tenda di Leà29.
Anni dopo, quando Yaakòv benedisse i figli prima di morire, rimproverò Reuvèn per il suo atto: “Impetuoso come l’acqua, tu non avrai superiorità, poiché sei salito sul letto di tuo padre quando hai profanato [Colui il Quale] è salito sul mio giaciglio”30. Yaakòv punì Reuvèn per la sua azione irrispettosa omettendo di conferirgli i diritti usuali del primogenito31. Il Libro delle Cronache riporta: “Reuvèn era il primogenito, ma dopo che denigrò il letto del padre, la primogenitura fu trasferita ai figli di Yosèf figlio di Israèl (Yaakòv)”32. I due figli di Yosèf (Menashè e Efràim) divennero due tribù distinte, rispecchiando la doppia eredità che spetta ai primogeniti.
Come poteva Yaakòv sposare due sorelle?
Il Talmud ci dice che Avrahàm osservava tutta la Torà prima che essa fosse stata data33. Presumibilmente, egli insegnò ai suoi discendenti a osservare anche i precetti34. In effetti, il Midràsh riporta che Yaakòv osservava lo Shabbàt35, e Rashì riporta un dialogo in cui Giacobbe dice al fratello Esaù: “Ho abitato (גרתי) con Labano e ho osservato tutti i 613 (תריג) precetti36. Tenendo conto di questo, i commentatori, nel corso delle varie epoche, si sono imbattuti in esempi in cui sembra che i patriarchi omisero di osservare un determinato comandamento, incluso il matrimonio di Yaakòv con due sorelle, nonostante il divieto biblico al riguardo: “E non prenderete una donna con sua sorella [come mogli] come rivali”37. Per risolvere questa contraddizione sono state date molte spiegazioni, tra cui:
Nachmanide risponde che i patriarchi osservavano le norme solo quando risiedevano in Terra d’Israele; fuori dalla Terra Santa osservavano solo le norme morali che vigono su tutta l’umanità, e queste permettono di sposarsi con sorelle38.
Rabbi Samuel Eliezer Eidels, il Maharshà39, spiega, basandosi sul detto: “Un convertito è considerato come se fosse nato di nuovo”, che Rachèl, Leà, Bilhà e Zilpà si convertirono all’ebraismo prima di sposare Yaakòv, e dunque legalmente non erano più sorelle40.
Rabbi Yehuda Lowy, il Maharàl di Praga41, spiega che l’osservanza da parte dei patriarchi dei comandamenti era basata sul rùach hakòdesh (ispirazione Divina). Nei casi in cui si discostarono da questa osservanza, pure era il rùach hakòdesh che ingiungeva loro di comportarsi così. Nel nostro caso, D-o vide che queste quattro donne erano particolarmente adatte a essere le progenitrici del popolo ebraico, e così Egli sospese il divieto per Yaakòv.
Il Lubavitcher Rebbe, Rabbi Menachem Mendel Schneerson, di benedetta memoria, si chiede come mai Rashì – che in genere si pone domande che un semplice lettore della Torà si porrebbe – non pone nessuna domanda sulla questione. In due sichòt42, il Rebbe risponde alla questione delle due coppie di sorelle. Egli spiega che i patriarchi accettarono di osservare la Torà non come obbligo (come lo divenne dopo che fu data la Torà), ma come un’auto-imposizione restrittiva. Tuttavia, le Sette Leggi dei Noachidi e altri usi morali comunemente accettati erano assolutamente vincolanti. Dunque, di fronte a valori in contrasto tra loro, una prassi morale comunemente accettata sorpassava la loro accettazione non vincolante dei divieti della Torà. Nel nostro caso, Yaakòv aveva promesso a Rachèl che l’avrebbe sposata43, e in quel tempo mantenere una promessa era una norma morale accettata44 ; dunque, anche dopo aver sposato Leà, doveva mantenere la sua promessa a Rachèl nonostante fosse vietato dalla Torà45.
Questa spiegazione non giustifica il matrimonio con Bilhà e Zilpà, alle quali non era stata fatta nessuna promessa. In una lunga e complessa trattazione giuridica, il Rebbe osserva che: a) la madre di Bilhà e Zilpà, secondo Rashì, era una serva46 ; b) i figli di una serva non hanno lo status legale di fratelli47. Di conseguenza, sposandole Yaakòv non violò nessun divieto della Torà.
Per concludere, nonostante ci venga detto poco su queste due grandi donne, Bilhà e Zilpà, quello che sappiamo ci dà un’immagine vivida di donne di devozione, compassione e bontà – tratti che hanno indubbiamente tramandato ai loro figli.
Traduzione Deborah Cohenca Klagsbald
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