Venerdì sera, tutti a tavola con il vino del Kiddush e il pane del Motzì illuminati dalle candele dello Shabbàt, accese dalle donne e le ragazze. Prima di accendere le candele è stata detta la Berachà, la benedizione. Cosa si recita in questa benedizione? “Asher kiddeshanu bemitzvotàv vetzivanu…” Ovvero si benedice coLui che ci “ha santificato attraverso le Sue mitzvòt e ci ha comandato…di accendere i lumi dello Shabbàt”.
Vi siete mai chiesti dove ce l’ha comandato? È vero che la tradizione ebraica vuole che già dai tempi di Sarah, moglie di Avraham, si accendevano le candele dello Shabbàt, ma nella Torà non si trova un comandamento simile.
Il discorso si allarga e tocca anche altre mitzvòt che introduciamo con la stessa formula (“ci ha comandato…”) ma delle quali sulla Torà non troviamo traccia!
Tra queste ci sono la Netilat Yadayim (il lavaggio rituale delle mani) la maggior parte delle benedizioni (a parte quella dopo aver mangiato, la Birkàt Hamazòn, che è voluta direttamente dalla Torà), e sicuramente l’accensione della Hannukià e la lettura della Meghillà. Quest’ultime ricordano eventi accaduti molto dopo il dono della Torà eppure la berachà è sempre quella…”Ci ha comandato”.
Infatti il Talmud pone la stessa domanda “Dove ce l’ha comandato?” nel trattato di Shabbàt (23a).
La risposta si trova nella Parashà di questa settimana. Tutti sanno che nella Torà ci sono 613 comandamenti. Inoltre esistono sette “Mitzvòt dei Maestri” ossia istruiti dalle autorità rabbiniche del sinedrio (tra le quali si trovano gli esempi sopra ricordati).
È la stessa Torà che concede questa autorità ai maestri di ogni generazione (con diversi criteri e limiti).
L’eternità e la profondità della Torà sono tali da potere rispondere alle esigenze delle generazioni diverse. Proprio per questo si parla nella nostra Parashà di dubbi e domande che si potrebbero verificare nel corso delle generazioni, domande che non si possono rispondere semplicemente leggendo la Torà.
La Torà ci istruisce di porre la domanda alle autorità di studio e di istruzione fino ad arrivare alla massima autorità che giace presso il Bet Hamikdash (ossia il sinedrio) oppure a qualunque “giudice che vi sarà in quei giorni” (Devarìm 17,10). Con questo la Torà dà la stessa autorità che aveva Moshè ai giudici di ogni generazione pur non essendo alla sua altezza.
La Torà ci comanda di obbedire le parole dei maestri non virando né a destra né a sinistra di esse.
Quando adempiamo una delle Mitzvòt voluto dai Maestri e recitiamo nella berachà che “ci ha comandato” ci riferiamo a questa Mitzvà: Ci ha comandato di seguire le istruzioni dei Maestri ed è questo il motivo dell’osservanza di Chanukà, Purìm, ecc.
Di rav Shalom Hazan
La settimana prossima affrontiamo la domanda: Perché sembra che molti sono più attenti a queste mitzvòt dei maestri che alle mitzvòt della Torà stessa?!
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