Un'allegoria del Baal Shem Tov, fondatore del movimento chassidico
C’era una volta un re che aveva un figlio unico che amava molto. Il re voleva che il figlio allargasse i suoi orizzonti e che conoscesse altre culture, lo mandò quindi in un paese lontano con una bella somma di denaro e gioelli. Lontano da casa il figlio sperperò il denaro fino a rimanere povero, senza neanche un soldo in tasca. Decise di tornare al palazzo paterno e, dopo molte peripizie arrivò al cancello del palazzo. Negli anni aveva dimenticato la lingua del paese natio e nel suo stato non fu neanche in grado di identificarsi con le guardie. Disperato iniziò a piangere a gran voce fino a che il re, riconoscendo la voce del figlio, uscì e lo accolse in casa, baciandolo ed abbraciandolo.
Il Re è Hashem. Il Principe è il popolo d’Israele che sono chiamati ‘figli di D-o’ (Deuteronomio 14:1). Il Re manda un’anima in questo mondo per osservare la Torà e le mitzvòt. Gradualmente però l’anima si dista dalle sue origini e si dimentica delle abitudini che aveva in Cielo, scordandosi perfino della ‘sua lingua’. Quindi lancia un semplice richiamo al proprio Padre. Questo è il richiamo dello Shofar, un richiamo, un grido dall’io più profondo che esprime rammarico per il passato e un buon proposito per il futuro. Questo richiamo evoca la compassione di D-o che mostra il Suo amore infinito per il figlio perdonandolo.
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