Nella nostra parashà vengono riportate le maledizioni destinate al popolo nel caso in cui esso non ascolti la voce di D-o.

A prima vista queste appaiono come gravi maledizioni, ma secondo la famosa regola che “non c'è male che proviene dall'alto”, si deve per forza dire che anche le maledizioni in realtà sono un bene nascosto. Riguardo questo concetto troviamo due espressioni.

1. La prima: “Tutto ciò che D-o fa, lo fa per il bene”;

2. La seconda: “Anche questo è per un bene”.

La prima espressione era quella di Rabbi Akiva. La Ghemarà racconta che Rabbi Akiva una volta si mise in viaggio assieme a un asino per cavalcare, un gallo per svegliarsi al mattino e una candela per studiare la notte. Arrivò in città e gli abitanti non lo fecero entrare, si trovò dunque obbligato a trascorrere la notte in un campo. Durante la notte un leone sbranò il suo asino; un gatto si mangiò il gallo e il vento spense la candela. Rabbi Akiva disse comunque fiducioso: “tutto ciò che D-o fa, lo fa per un bene”.

Al mattino scoprì che durante la notte dei banditi avevano saccheggiato la città uccidendo molte persone. Rabbi Akiva capì che le sue disavventure lo avevano in realtà salvato dai banditi, poiché se l'avessero ospitato in città, sicuramente vi sarebbero state conseguenze negative, e se l'asino o il gallo avessero fatto rumore e la candela fosse rimasta accesa, i banditi avrebbero potuto scoprirlo.

Grazie a questo modo di vedere il bene nascosto nel male, si può dire che è vero che a Rabbi Akiva siano capitate delle cose negative, ma grazie a queste si è salvato da disgrazie ben più gravi. Cioè dal male è uscito il bene.

La seconda storia è quella di Nachum Ish Gamzù. I saggi di Israele lo mandarono dal re di Roma per portare in regalo uno scrigno pieno di pietre preziose. Per strada gli furono rubate le pietre e lo scrigno fu riempito di sabbia. Nachum disse “Gam zu letovà” che significa “anche questo è per un bene”. Arrivato dal re gli porse lo scrigno. Il re vide che conteneva della sabbia e decise di castigarlo. D-o mandò Eliahu hanavì con le sembianze di un ministro del re che disse al monarca infuriato: “Può darsi che questa sabbia sia la stessa che venne usata da Abramo per vincere i suoi nemici (la gettava e questa si trasformava in frecce che colpivano il nemico)”. Subito provarono la sabbia contro un nemico e vinsero. Per ringraziarlo, il re diede a Nachum una grande somma di denaro. In questa storia il male stesso si è trasformato in bene: non solo Nachum non subì alcun danno, ma ricevette del bene forse ancora più grande di quello che avrebbe ricevuto donando le pietre.

Le due maniere di vedere il bene nascosto nel male rappresentano i due periodi diversi della Diaspora e della Gheulà. Durante la Diaspora possiamo raggiungere al massimo il livello di Rabbi Akiva, possiamo avere fiducia che dal male uscirà del bene. Quando però verrà Mashiach, si vedrà come il male in realtà è bene e come le maledizioni in realtà sono benedizioni, solo allora potremo capire il motivo di tutte le sofferenze passate nella Diaspora.

(Likutè Sichòt)