Le 79.976 parole e le 304.805 lettere del Pentateuco contengono tutta la Torà (legale, omiletica, mistica, orale), ma, non una di esse è superflua: se un versetto viene ripetuto con lirismo, se due parole sono state usate mentre una sola sarebbe stata sufficiente, ciò viene ad insegnare che dietro alla reiterazione c'è un messaggio, un nuovo concetto, unʼaltra Legge.
Eppure, due sezioni, Vayakhèl e Pekudé (nel Libro dellʼEsodo) costituiscono, nella totalità, una ripetizione apparentemente inutile. Nelle sezioni precedenti, Terumà e Tetzavé, le Scritture riportano con dovizia di dettagli tutte le istruzioni, impartite dal Sig-re a Mosè, inerenti alla costruzione del Mishkàn-Santuario.
Una semplice frase del tipo: «e i figli si Israele fabbricarono il Santuario esattamente come D-o aveva ordinato a Mosè» avrebbe potuto far «risparmiare» ai Testi un migliaio di parole.
Due Santuari
In realtà, due sono i Santuari: un modello celeste e uno terrestre. D-o si riferisce «alla forma che ti è stata mostrata sulla montagna» poiché, in effetti, Egli mostrò a Mosè unʼimmagine della residenza nella quale voleva abitare; ai piedi del monte il popolo tradusse questa visione spirituale in una struttura in cedro e oro. Nella storia del mondo non vi è mai stato traduttore che avesse dovuto affrontare due linguaggi tanto diversi: lo spirito è impalpabile, la materia è concreta; lo spirito è infinito, la materia è circoscritta dal tempo e dallo spazio.
Ma, più essenzialmente, lo spirito è, per antonomasia, in grado di subordinarsi ad una verità superiore, quando la materia riconosce solo la propria immanenza. Eppure, Hashèm (D-o) desiderava una residenza nel mondo materiale. La Presenza divina risedette nel Mishkàn fisico e non in quello «alto», sulla montagna. È vero che lʼuniverso materiale è il più inferiore fra la creazioni divine, ma, proprio per questo motivo Hashèm lo scelse quale ricettacolo della Sua presenza.
Il Desiderio di D-o
Egli desidera che tutta la sfera terrestre, comprese le sue imperfezioni, sia santificata ed elevata al fine di servire il Suo disegno. Ciò spiega lʼesistenza dei due santuari. In parole semplici, il messaggio è il seguente: «non scoraggiatevi innanzi al profondo fossato che separa lo spirito e al materia». D-o non richiede che venga replicata materialmente la perfezione dello spirito impresa peraltro impossibile - bensì che venga edificata una dimora tangibile con elementi appartenenti al mondo materiale.
Per enfatizzare questo principio, la Torà ricorre a ben duecento versetti «supplementari» recanti precise indicazioni riguardo allʼedificazione del Mishkàn. Ogni pannello, ogni zoccolo e ogni tassello fabbricati dai figli dʼIsraele riproducevano con esattezza e minuzia la versione spirituale descritta qualche capitolo prima. Si trattava, tuttavia, di un Mishkàn diverso. La terra deve rispecchiare il cielo, per riflettervi, nei minimi particolari. lʼimpronta divina nella vita. Ma resta materiale nella sua essenza, resta una dimora terrena per Hashèm, che fa uso della caratteristiche della materialità per esprimere la verità divina.(
Likutè Sichòt
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