La nostra Parashà (Sheminì) introduce le regole alimentari della Kasherùt. Gli animali devono essere ruminanti e avere lo zoccolo spaccato; i pesci devono avere pinne e squame visibili, e la Torà ci presenta con una lista di uccelli non permessi.
Molti hanno l’impressione errata che le leggi della Kasherùt sono state stabilite semplicemente per tutelare la salute e l’igiene. Migliaia di ebrei, tra i quali alcuni che mangiano Kosher, sono sfortunatamente ancora sotto questa falsa impressione.
Non c’è dubbio che una dieta Kosher è più sana anche per il corpo (come spiega Maimonide nella “Guida dei Perplessi”), tuttavia non si può negare che tale dieta è quella ideale per la nostra “salute” spirituale. Infatti essa non è solo per il corpo ma anche per il benessere dell’anima.
Mentre la Torà stessa non offre un ragionamento riguardo le leggi alimentari, i nostri saggi e filosofi hanno elaborato e commentato lo scopo delle dette leggi.
Uno degli aspetti sul livello semplice, è che le leggi della Kasherùt agiscono contro l’assimilazione. Osservando la Kashrùt, si va a fare la spesa e si socializza con correligionari rimanendo inseriti nella vita comunitaria.
A un livello più profondo, l’osservanza della Kasherùt fa sì che la nostra anima sia più sensibile a questioni ebraiche. Un corpo alimentato secondo la Torà è un corpo più “aperto” ed in sincronia con la propria anima e quindi più propenso ad apprezzare gli aspetti più elevati e profondi della vita ebraica.
Nello stesso modo che alcuni cibi non vanno bene per il livello del colesterolo, alcuni cibi non vanno bene per l’anima – la neshamà.
La Torà, alla conclusione della Parashà odierna, fa riferimento alla distinzione, al separare “il puro dall’impuro, e l’animale che è consentito mangiare da quello che non lo è”.
L’essere umano ha la capacità di separare, di distinguere, fra ciò che gli fa bene e ciò che gli fa male – ma in effetti anche gli animali hanno questa capacità.
L’alta moralità dell’uomo forse si esprime maggiormente nel poter distinguere tra il “sì” e il “no” divino espresso nella Torà, pur non avendo necessariamente una logica umana da seguire.
Questo è vero per ogni mitzvà che uno osserva riconoscendo l’assoluta autorità del Creatore, ma è ancora più vero nella Kasherùt, ove la mitzvà diventa una parte della persona, poiché all fine la persona è ciò che mangia…
Adattato da Rav Shalom Hazan dalle opere del Rebbe di Lubavitch זי“ע
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