Nella letteratura ebraica tradizionale i figli d’Israele sono legati al pesce (vedi ad es. Genesi 48:16), e un aneddoto del Talmùd chiarisce il paragone: Il malvagio governo romano emanò un decreto che vietava agli ebrei di studiare e praticare la Torà. Pappus ben Yehudà venne e trovò Rabbì Akivà che faceva raduni pubblici e si occupava di Torà, e gli disse: “Akivà, non hai paura del governo?” Questi replicò: “Lasciami rispondere con una parabola. Una volpe stava camminando lungo un fiume e vide molti pesci che nuotavano da un posto all’altro; disse loro: ‘Da cosa state scappando?’ Risposero: ‘Dalle reti tese per noi dagli uomini’. Disse loro la volpe: ‘Perché non uscite sulla terra asciutta così che io e voi possiamo vivere insieme, come vivevano i miei antenati e i vostri?’ I pesci replicarono: ‘E tu saresti quello che chiamano il più furbo tra gli animali? Non sei furba ma sciocca! Se già ci è difficile sopravvivere nel nostro elemento, ancora di più nell’elemento in cui moriremmo!’” (Berachòt 61b). I pesci sono gli ebrei perseguitati nella storia; la volpe rappresenta la continua e insidiosa tentazione all’assimilazione; le acque del mare protettive e vitali simboleggiano la Torà, che salvaguardia la sopravvivenza del nostro popolo e che funge da ponte che collega l’intelletto umano a quello Divino. La Torà non serve da intermediaria affinché uomo e D-o possano comunicare – questo ruolo era assegnato ai profeti – ma un viale in cui D-o può comunicare insieme al Suo popolo, una sorte di sede di incontro tra il Creatore e le Sue creature, e questo non esisteva prima del Dono della Torà. La rivelazione al Sinài e l’interpretazione della Torà da parte dell’uomo attraverso i 13 principi di esegesi fecero nascere il primo punto di accesso tra la saggezza finita e la saggezza Infinita. È l’origine Divina della Torà che le conferisce la possibilità di superare le prove del tempo e sopravvivere, intatta, ai tumulti della storia nel corso dei secoli; ed essa non solo insegna ideali eterni e valori che trascendono il tempo ma tocca anche preoccupazioni specifiche, tendenze e sviluppi di ogni era. Allora, seguendo il sistema designato da D-o stesso, l’uomo riesce ad applicare l’antico al contemporaneo, a creare uno specifico spazio mentale dove, per così dire, “terra e cielo si baciano” (Talmùd Bavà Batrà 74a). I Profeti, i Saggi, i Commentatori, i Maestri di ogni tempo e luogo fungono da interpreti, traduttori, trasmettitori che trovano la rilevanza e l’applicazione della Torà nei vari campi dell’esistenza. Come tutte le posizioni di privilegio, questa funzione è accompagnata anche da grande rischio e responsabilità: trovare rilevanza nei testi antichi richiede creatività e pensiero innovativo, ma originalità, immaginazione e inventiva spesso si scontrano con l’aderenza a precise linee-guida, metodi definiti e sistemi strutturati. Essere progressisti molte volte significa essere trasgressivi. E allora come fare?
Pinne e Squame
È qui che entrano in gioco i pesci, e in particolare le specie di pesci kashèr. I requisiti che rendono un pesce permesso sono le pinne e le squame (Levitico 11:9), e in questo verso, al di là del significato letterale, la Torà traccia le linee-guida per una sua interpretazione corretta nel costante rinnovarsi del mondo. Le squame servono prima di tutto a proteggere il pesce dagli elementi, a preservare corpo e ossa intatti. La funzione delle pinne è quella di facilitare il movimento in acqua: permettono al pesce di sollevarsi, spingersi e girare, ossia di andare avanti. Lo stesso vale per la navigazione nelle acque della Torà: uno studioso di Torà “kashèr”, che la sa affrontare mantenendone la veridicità, possiede sia pinne (creatività) che squame (integrità), e questo si applica ai più grandi commentatori come allo studente di yeshivà e agli editori di pubblicazioni e nei siti web. Si applica anche a chi è impegnato nelle faccende comunitarie e nella politica: la chiave sta nel riconoscere la necessità di trovare la freschezza per progredire e pensare avanti e al tempo stesso l’impegno all’integrità della tradizione ebraica genuina. Bisogna saper rivoltare la terra senza muovere i confini, essere protettivi e progressivi (in questo ordine!); solo così l’uomo potrà beneficiare della saggezza. Sono le nostre pinne e squame che ci hanno preservati fino ad oggi.Di Mendel Kalmenson, chabad.orgDi Mendel Kalmenson, chabad.org
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