Lo "Shabbath" è uno degli argomenti più trattati nella storia dell'Esegesi Ebraica, sullo Shabbat, sulle regole, sulle "ghezerot", sulla "siepe intorno alla Torà" sono state scritte intere biblioteche e su ogni singola prescrizione e divieto si è discusso per generazioni non è certo con la nostra poca scienza che noi si voglia pensare di aggiungere qualche cosa a quello che tanti Dottissimi Rabbini e Filosofi hanno già esplorato. Anche la "poesia" del Sabato, quel "Lecha Dodi" così struggente anche dal punto di vista musicale, tanto che ogni comunità, anche la più piccola e remota, ha la sua particolare variazione ed interpretazione speciale, quell'accensione delle mistiche candele da parte di donne e di fanciulle, quel vestirsi a festa per fare onore alla Sposa Sabato è stata esaltata e cantata, perchè il Sabato è istituzione così antica che è difficile trovare nuovi argomenti. Ecco che un'esploratore prepara una spedizione per andare, che so, a Viterbo e dintorni. Un posto conosciutissimo dai libri di storia dell'arte e anche i libri di storia parlano moltissimo di Viterbo e dei luoghi circostanti. Cosa si potrà aggiungere su Viterbo che non sia risaputissimo e vieto? Non è vero, lo studioso accorto ed meticoloso potrà trovare nell'alto Lazio una quantità di cose sconosciute ai più e tirare nuove conclusioni estetiche e storiche di grande interesse, potrà meditare su luoghi dove ormai quasi nessuno si reca, godere delle bellezze di una natura ormai poco apprezzata e abbandonata in favore di posti più chiassosi e mondani. Tutto questo ovviamente non per paragonare argomenti religiosi a divagazioni laiche, quanto per cercare di affrontare il "Sabato" con mentalità ancora diversa e cercare ancora nuove angolazioni di pensiero sia pratico che di speculazione.
Un Sabato passato tra Ebrei religiosi, per noi solo Lubavitch, perchè non abbiamo altra personale esperienza, è avvenimento indubbiamente di grande sorpresa e di confusione intellettuale. È la stessa preparazione del Sabato, il metter via gli oggetti che non si potranno adoperare, (muktse), selezionare e scartare le medicine permesse perchè fanno parte di una terapia, il pensare in anticipo a tutto quello che si dovrà evitare per non andare contro ai precetti. E per una donna ad esempio, il trucco che non si può rimuovere nè rittoccare, la spazzola che non strappi i capelli; il sapone senza schiuma, la preparazione ( e questo riguarda anche, ovviamente, un uomo solo) di cibi che non possono essere manipolati in un secondo tempo. Tutto questo crea quel certo clima particolare che introduce a quella specie di capsula temporale, di piccola Tevà nel Diluvio delle occupazioni normali che è il Sabato.
E poi al Tempio a piedi, e la preghiera collettiva, e il ritorno e la discussione di quei temi religiosi che hanno sempre nuovi risvolti e la lettura di quei testi sempre nuovi, il racconto delle meravigliose storie chassidiche, dei miracoli dei nostro Santo Baal Shem Tov e dei suoi discepoli. Fino all'havdalà, il saluto e alla Benedizione così commovente, Benedetto Colui che divide il Sacro dal Profano. Ecco toccato il fulcro della questione: ben kodesh lechol. Il Sacro dal Profano.
Il Sabato passato così, tra i religiosi, lo si ammira e poi si pensa che è un'esperienza bellissima per loro ma stressante per noi, intendo noi, Travagliati Signori del ritorno, nei quali il Sabato è nei migliore dei casi conqui sta, e nei momenti di depressione, solo abitudine indotta, che si fà una fatica immensa ad aquisire e rispettare. Si va a piedi, non per le vie di un paese dove tutti osservano le stesse regole, ma tra strade rumorose e graveolenti di una città fumosa e nevrotica, dove nessuno sì ferma, dove l'impegno a non farsi ammazzare dalle macchine distoglie dalla meditazione. E anche nel Tempio stesso è difficile ricreare questa mistica elevazione che si vorrebbe, perchè ci si disperde tra saluti e chiacchere, nell'osservare chi c'è e chi non c'è, in quella sfibrante e borghese atmosfera festiva (peggiorata indubbiamente dall'impegno a vestirsi bene, visto che dopo un'oretta di cammino a piedi sotto il sole o sotto la pioggia si arriva in condizioni pietose e di pessimo umore), che tanto innervosisce lo stressato Shomer Shabbat. E allora si arriva alla scoraggiante conclusione che sinora, un'immersione integrale nel Sabato è possibile solo ai religiosi, e che noi un mezzo Sabato edulcorato al massimo e sfrondato via via da sempre maggiori particolari, non ci soddisfa ... E allora osserviamo solo alcune regole ed esattamente quelle che ci fanno meno scomodo.
Esistono Ebrei che vanno in macchina ma non fumano.
Esistono Ebrei che non fumano ma vanno in macchina.
Esistono Ebrei che non fumano e non vanno in macchina ma accendono il gas e la luce.
Esistono Ebrei che non accendono la luce, non vanno in macchina, non fumano che però fanno altre cose e infrangono ad libitum altri divieti. Quale può essere allora la necessità dell'osservanza del Sabato nella vita di oggi? Il Sabato è stress, è un normale riposo dal lavoro come ormai fanno tutti, o è il dono regale di HaShem dato al solo popolo Ebreo? Pensiamo che la risposta sia esattamente quella dell'hvdalà, lo Shabbat è il momento Sacro nella vita Profana, è l'attimo di cui l'uomo etico ha bisogno per tornare a se stesso. Il Sabato è la misura dell'universo morale e spirituale dell'uomo. E se interi gruppi di persone di conoscenza vanno in India poniamo o in America dai loro Guru a cercare se stessi, a ritrovare quell'attimo di spiritualità che ci distingue dai Bruti, gli Ebrei non dovranno cercare lontano, perchè appunto c'è il "dono". Ritrovare l'essenza del "Dono Divino", anzi, l'essenza del Sabato come dono. Non come concessione dell'Uomo a D-o, concessione di tempo, di attenzione, di dirottamento dell'abitudine, quindi non come attimo negativo di Sacrificio ma il recupero dello spirito del Sabato.
Ora è noto come nell'uomo comune non religioso, il pensiero di D-o non sia costante ma legato solo all'attimo del bisogno, e come la preghiera sia più di richiesta di benefici o di perdono che di lode pura al Creatore. Il Sabato dovrebbe significare questo. Il ritrovare una frazione di tempo da dedicare completamente allo Spirito e in quella frazione ritrovare possibilmente se stessi. Questa è la via del Sabato. Non è certo questa una ricerca facile, il Sabato come susseguirsi di un certo numero di azioni stabilite, fa parte di un patrimonio genetico e spirituale troppo spesso dimenticato. È difficilissimo riaquisirlo. In questo, diciamolo, i Lubavitch sono molto bravi, ti conducono al Sabato aprendoti il loro, senza minimamente far pesare la tua ignoranza, i tuoi errori, il tuo venire da un'esterno che è ormai estraneo a queste azioni. Presentano un modo immediato ed immanente di vivere lo "Shabbat" ti danno modo di intuire il Sabato Spirituale. Sul momento si resta commossi, ammaliati, turbati, poi le considerazioni di vita pratica ci risucchiano nel nostro mondo terreno dove non ci è data "chance" di vita spirituale, dove la spiritualità è anzi di troppo e il misticismo stranezza, la religione argomento che a volte ci interessa viene trattato da altri ma che non fa parte della nostra vita. Questo richiamo alla vita spirituale, alla sosta obbligata dalle occupazioni normali, dovrebbe avere risonanze positive nella nostra psiche e darci la forza per affrontare la settimana successiva. Non che la vita dello shtetl o del ghetto fossero situazioni di tutto riposo, tutt'altro. Ma anche senza cariche di cosacchi o brutalità di papalini, la vita dell'Ebreo di oggi ha anche troppi momenti drammatici. Il lavoro in un mondo spietato, la cronaca dei continui attentati alla sicurezza dei propri cari in Erez Israel la famiglia patriarcale che diventa sempre più un mito d'altri tempi, l'egoismo e l'avidità di chi ci circonda, portano ad un'allontanamento di quelli che erano i valori sicuri della nostra vita. Ci si inasprice, si diventa scettici, diffidenti, in una parola cattivi, soprattutto con noi stessi che ci accartocciamo nel rancore verso chi ci circonda e nell'amara critica verso il mondo. Il materialismo, il rispetto soltanto di quello che è certo e dà sicurezza cioè per il denaro. diventa costante di una vita che è lontanissima da qualsiasi ideale ascetico.
Osservare lo Shabbat, mettere il Talled per abitudine o riunire per il Kiddush una famiglia riluttante e distratta è già qualcosa ma non è certo tutto. Bisogna ripensare il Dono e riaccettarlo in pieno, viverlo, magari soffrendolo i primi tempi. sbagliare di sicuro tanti particolari, ma rìtrovare quell'attimo di illuminazione, quel particolare sapore che rende il cibo del Sabato diverso ad quello di tutti i giorni. Incoronare di nuovo la Regina, obbligarsi a ritrovare il Sabato dentro di noi. Restituire al Sabato quell'effettivo valore spirituale che dovrebbe, santificando l'Ebreo santificare il Mondo. Noi non sappiamo, non capiamo come quest'Entità immensa inconoscibìle che è HaShem abbia voluto e sentito la necessità del riposo, in questo sconvolgimento più che titanico di elementi e di galassie, in questa distruzione dei Mondi imperfetti e degli Universi esterni ben nota ai Cabalisti e che ora gli scienziati chiamano Big-Bang, e prima di dare inizio alla fenomenologia dell'umanità, prima che cominciasse la patetica e meravigliosa avventura dell'uomo sulla terra, D-o si riposò. È il mistico significato di quel riposo che santifica il Sabato umano, il riposo dell'essere fatto di polvere e di miseria che pure desta l'invidia degli Angeli. Quell'Essere fatto a immagine e somiglianza di D-o, che come Lui si riposa. Shabbath Shalom.
di Donatella Valori z”l