La parola challà significa “filone di pane”. Tuttavia, questa parola ha una definizione halachica particolare, inoltre colloquialmente viene usato come il nome di un tipo specifico di pane, millenni dopo che la mitzvà è stata introdotta.

La definizione halachica di challà si trova nella mitzvà positiva 133, ed essa consiste nel separare un pezzo di impasto e nel darlo al cohèn, il sacerdote. Questo pezzo di impasto viene chiamato appunto challà. L’obbligo vige per qualsiasi impasto fatto di grano, orzo, farro, avena o segale. Il cohèn e la sua famiglia mangiavano la challà quando erano ritualmente puri.

I rabbini decisero che i panettieri casalinghi dovevano dare 1/24esimo dell’impasto al cohèn, mentre un panettiere commerciale ne doveva donare 1/48esimo.

Secondo la legge Biblica, la mitzvà della challà viene osservata solamente nella Terra d’Israele. Inoltre, secondo numerose autorità halachiche, l’osservanza vigeva solo all’epoca del Tempio di Gerusalemme. Tuttavia, i rabbini ne reintrodussero l’usanza, anche nella diaspora. Siccome siamo considerati ritualmente impuri, il cohèn non può mangiare la challà. Pertanto, da secoli le donne ebree separano un pezzo d’impasto e lo bruciano. Anche i panettieri kashèr fanno lo stesso: separano un pezzo di impasto da ogni infornata e lo bruciano. Siccome questo pezzo non viene mangiato al giorno d’oggi, sarebbe uno spreco togliere 1/24esimo o 1/48esimo dell’impasto. Si toglie un pezzo e si recita la benedizione se si usano almeno 1.666 gr di farina.

Prima di separare la challà si dice la seguente benedizione:

Baruch atà A-do-này Elo-ke-nu mèlech haolàm ashèr kideshànu bemitzvotàv vetzivànu lehafrìsh challà.

Benedetto sia Tu, Sign-re nostro D-o, Re dell’universo che ci ha santificato con i Suoi comandamenti e ci ha comandato di separare la challà.

Si mette il pezzo d'impasto in forno e lo si cuoce fino a che non è commestibile. Alcuni usano bruciarlo sul fuoco.

Il pane morbido che si mangia tradizionalmente durante i pasti di Shabbàt venne conosciuto come challà.

Rav Mendy Hecht per concessione di Chabad.org