Il ciclo naturale di sette giorni è ricorrente nella biologia. Oltre al fatto che esistono molte forme di vita che hanno una durata di vita settimanale, la scienza ha documentato le fluttuazioni settimanali nel corpo umano: pressione sanguigna, frequenza cardiaca, temperatura corporea, funzione dei reni, sviluppo dentale, stress ormonale, molteplici neuro-trasmettitori, ed il sistema immunitario.
I ritmi settimanali sembrano più semplici da identificare quando il corpo è sotto stress, ad esempio quando sta reagendo ad un virus, batterio o altri elementi nocivi. I sintomi del raffreddore (che sono un segnale che il corpo si sta difendendo dal virus), durano circa una settimana; i sintomi della varicella (febbre alta e piccoli puntini rossi) in genere compaiono due settimane dopo aver contratto la malattia. I medici hanno osservato che la reazione all’infezione della malaria e alla polmonite raggiunge il picco dopo sette giorni. Gli organi trapiantati affrontano una fase analoga di crisi quando il sistema immunitario attacca l’organo estraneo. Dopo un trapianto di rene, il paziente va incontro ad un ritmo di sette giorni durante i quali le probabilità che il suo sistema immunitario rifiuti il nuovo rene salgono e scendono. Il picco del rifiuto avviene sette giorni dopo l’operazione, e quando viene somministrato un siero per sopprimere la reazione immunitaria, si verificano una serie di picchi di aumento del rischio di rifiuto dopo una settimana, due settimane, tre settimane e quattro settimane.
Ci si potrebbe chiedere se tutti questi bioritmi non abbiano una sorte di causa culturale, ossia, il semplice fatto che noi scandiamo il tempo con cadenza settimanale – ma non è così. Una prova è fornita da una ricerca del famoso biologo Franz Halberg, che studiò le reazioni fisiche di alcuni uomini isolati in una caverna per 100 giorni senza nessuna cadenza temporale: egli scoprì che il ciclo biologico dei sette giorni restò intatto. Tra l’altro, in queste condizioni il ritmo biologico giornaliero del corpo è di circa 25 ore (questo potrebbe essere il motivo per cui ci troviamo a combattere con la sveglia tutte le mattine: il nostro corpo vuole una giornata di 25 ore, che è poi la durata di una giornata calcolata in base alle indicazioni della Torà – dal tramonto fino all’uscita delle stelle della sera successiva). Se riflettiamo ulteriormente, quando arriva il venerdì pomeriggio siamo sempre di corsa come se avessimo bisogno ancora di un’ora per prepararci per Shabbat in tempo, mentre nel corso dello Shabbat siamo perfettamente in sintonia con il santo giorno di risposo: forse perché il nostro orologio biologico quotidiano è sempre in ritardo mentre quello dei sette giorni è sempre perfettamente puntuale!
Anche i topi, gli insetti, le alghe e perfino i semi di fagiolo hanno un ciclo di attività biologica di sette giorni, a prescindere dalle condizioni ambientali.
Non rispettiamo e non dobbiamo rispettare lo Shabbat peché siamo biologicamente programmati per esso ma perché è un precetto Divino; è comunque interessante notare che Colui che ha creato il mondo in sei giorni e si è riposato il settimo ci ha prescritto lo Shabbat non solo per ricordare la Sua opera ma anche come un momento perfettamente calcolato di cessazione dalle nostre attività.
In senso più ampio, la storia del mondo si sviluppa su sette cicli di sette millenni. Il settimo – lo Shabbat della Creazione – è costituito dalla redenzione finale di Mashiach, la cui luce sta già irradiando ai nostri tempi. Il problema è quello di aggiustare il nostro ritmo quotidiano che è in ritardo; in altre parole, siamo per natura predisposti a uscire da questo esilio ma cercando questa “ora in più” e con la sensazione di avere a disposizione tempo a sufficienza per prepararci. Il Rebbe di Lubavitch ha fatto suonare la sveglia, allertandoci sul fatto che Mashiach sta arrivando ora, non più tardi. Quando entrerà il Grande Shabbat e tutti gli esseri viventi sincronizzeranno con esso il loro ciclo di sette giorni, il mondo intero si renderà conto che non c’è niente di più naturale che convivere quotidianamente con i miracoli. Dopo tutto, non è forse questo il ritmo per cui siamo stati creati?
Di Arnie Gotfryd, per gentile concessione di Chabad.org