“Non ti vendicherai” Levitico 19:18
“Che cos’è la vendetta? Vendicarsi è chiedere a qualcuno ‘prestami la tua falce’ e lui dice di no. Il giorno dopo lui viene da te e ti chiede ‘prestami la tua ascia’. Tu rispondi ‘non te la presto, proprio come tu non mi hai dato in prestito’ ”. Talmùd Yomà 23a.
Il desiderio di vendetta è parte della natura umana. Quando qualcuno fa un torto a un altro, scatta il desiderio di vendicarsi. Ci si adira, ci si aggrappa ai ricordi di tutti i torti subiti e, quando si ha l’opportunità, si risponde in malo modo. Tuttavia, la Torà proibisce la vendetta. Esploriamo alcune delle fonti disponibili riguardo a questo comandamento.
Maimonide scrive nel Mishnè Torà Deòt 7:7, “vendicarsi è una caratteristica molto negativa. Infatti una persona dovrebbe abituarsi ad andare oltre i suoi sentimenti per tutte le cose terrene, poiché coloro che capiscono [lo scopo profondo del mondo] considerano tutte queste questioni come vanità e insignificanti per le quali non vale la pena vendicarsi.”
“Piuttosto”, continua Maimonide, “se una persona che ti ha fatto un torto ti chiede un favore, dovresti rispondergli “con un cuore completo” . Come dice il Re Davide nei Salmi, 7:5, “Ho ripagato coloro che mi hanno fatto del male? Ecco, ho salvato coloro che mi hanno odiato senza motivo”. Inoltre, la legge Ebraica proibisce di serbare rancore, tanto che il Talmùd (sempre in Yomà) spiega che è proibito dire a colui che ha fatto il torto che tu ti comporterai bene anche se lui non l’ha fatto.
Rav Schneur Zalman di Liadi scrive nel suo Codice delle Leggi, 156:3, che “si dovrebbe cancellare qualsiasi sentimento di vendetta dal proprio cuore e mai ricordarlo a se stesso”.
In effetti, non vendicarsi non significa solo modificare le proprie azioni, nemmeno il pensiero di vendetta dovrebbe entrare nel proprio cuore (vedi Rav Yona Gherondi Shaarei Teshuvah 3:38). Rav Aharon Halevi di Barcellona spiega nel Sèfer Hachinùch mitzvà 241:
“Una delle fonti di questo comandamento è che una persona dovrebbe sapere nel suo cuore che tutto ciò che le succede, nel bene o nel male, accade perché D-o lo vuole. È D-o che ha desiderato che ciò accadesse e non si dovrebbe pensare di vendicarsi sull’altra persona poiché essa non è la causa di ciò che è accaduto”
Rav Schneur Zalman di Liadi spiega nel Tanya, Ighèret Hakòdesh 25, che nonostante la persona che ha subito il torto debba perdonare, colui che ha commesso l’azione è comunque responsabile della sua azione poiché “D-o ha molti agenti tramite il quale Egli può agire”.
Infine, il versetto che proibisce di vendicarsi si conclude con le famose parole “amerai il tuo prossimo come te stesso”. Rav Moshe ben Nachman, Nachmanide, spiega che cancellare l’accaduto dal proprio cuore è una garanzia che non si trasgredirà il comandamento, permettendo così di amare il prossimo qualsiasi cosa accada tra i due.
Di Dovid Zaklikowski, per gentile concessione di Chabad.org
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