Il Patto matrimoniale
Negli Stati Uniti oltre il 50% dei matrimoni contratti finiscono con il divorzio e sembra che oramai gli sposi novelli abbiano poche prospettive per un'unione duratura. La società americana è inondata da accordi prematrimoniali, valutazioni post-nuziali, laboratori per la comunicazione fra sposi, psicoterapia del matrimonio e una sfilza di libri che hanno come tema quello della sopravvivenza di un matrimonio moderno; ma nessuno degli strumenti suddetti ha potuto molto per porre freno a queste statistiche sconvolgenti E mentre l'istituzione tradizionale del matrimonio ha potuto sopravvivere allo sviluppo di assortite sistemazioni alternative - matrimoni aperti, matrimoni di gruppo, matrimoni di diritto comune e nessun matrimonio affatto - il numero di famiglie frammentate e infelici continua a crescere. Ma il tasso di divorzio fra gli ebrei osservanti rimane tanto più basso della media nazionale da colpire. Qui sotto ci sono alcune riflessioni sul significato del matrimonio nell'ebraismo che possono, forse, spiegarci il perché...
Secondo il vecchio adagio americano, la prima carità comincia in casa, ma si ammette meno spesso che lì comincia anche la nostra stabilità emotiva e, in ultima analisi, ciò che diventeremo. Non è un segreto il fatto che la «famiglia» come tale è in pericolo: un numero crescente di coppie si separa, lasciando genitori soli ad affrontare responsabilità e doveri che già di per sè sono sovente schiaccianti per due persone. Come ha detto il rabbino Aryeh Kaplan nel suo libro Made In Heaven («Fatto nel Cielo»), «La famiglia è stata sempre la forza dell'ebraismo. L'ebraismo potrebbe sopravvivere senza la sinagoga, ma non può sopravvivere senza la famiglia ». E da dove comincia questa famiglia? Con l'amore. È la Torà che ci dà un paradigma dell'amore dicendo, «E amerai il tuo vicino come te stesso». Ma coloro ai quali manca l'amor proprio, che seguono la propria inclinazione verso l'autodistruzione, scelgono inevitabilmente compagni di vita destinati a incoraggiarli a proseguire in questa sfortunata impresa. Solo se si inizia ad amare se stessi, ci si potrà addentrare in quel tunnel dove si entra come dei liberi individui e si esce come adulti responsabili, capaci di sostenere rapporti d' amore.
Una volta che si raggiunge questo livello di amor proprio, ci si può avvicinare all'arena dell'amore romantico. Però, è importante non confondere l'amore con la concupiscenza, perché, mentre il primo è un sentimento ricambiato che spinge a dare, la seconda sa solo prendere. Mentre l'ebraismo tiene in gran conto l'amore tra moglie e marito, guarda l'amore puramente romantico sotto una luce un po' sospetta in quanto crede che uno slancio di trasporto sia troppo temporaneo e che non dia l'affidamento necessario per un impegno da portare avanti nel tempo. Nel quadro giusto, l'amore romantico può aggiungere una dimensione alla vita che non si trova altrove, ma quando soppianta tutti gli altri valori, può diventare anche un idolo sciocco. La migliore definizione dell'essenza del vero amore si trova nella parola ebraica per amore ahavà che ha il valore numerico di tredici. Similmente, il valore numerico della parola ebraica echad, che vuol dire uno, è tredici. Allora, nel senso più profondo, l'amore fa di due persone «Un'unità».
Mentre ahavà si riferisce al tipo di amore emotivo non-razionale e più profondo fra «anime», nell'ebraismo, si usa il termine yichud (traduzione letterale: un uomo [che si apparta da] solo con una donna) per descrivere un amore che comprende l'affetto, il rispetto, il preoccuparsi per l'altro, una comunanza di pensieri e di emozioni, un'amicizia ben equilibrata, reciproca e sostenuta che comprende anche i rapporti sessuali dentro il matrimonio. Infatti, una volta che viene convalidato il patto nuziale, sposa e sposo si ritirano brevemente in una stanza privata, per unirsi senza la presenza di alcuna persona. Questa cerimonia dell'yichud (che consiste nell'appartarsi immediatamente dopo il matrimonio è seguita per lo più dagli ashkenaziti e non dai sefarditi) simboleggia la regola che non si deve mai cercare l'amore fuori dalla camera nuziale.
È un paradosso che, spesso e volentieri, l'amore intenso dell'yichud, abbraccia anche gli obbiettivi più vacui dell’amore romantico puro e semplice. Una delle attrazioni basilari di questo tipo di amore è il mistero, ma una volta che la conquista è cosa fatta e la persona amata non è solo pronta ma anche accessibile, di mistero ne rimane ben poco. In assenza della corte amorosa, sarà difficile far rivivere quel senso di affanno e di attesa, e di solito le emozioni che hanno caratterizzato l'amore puro, subito dopo le nozze, cominciano a disperdersi. L'ebraismo affronta questo scoglio con il concetto della «purità famigliare» che richiede il totale e reciproco ritiro fisico e sessuale durante i dodici giorni che seguono l'inizio delle mestruazioni. In se questo impone alla coppia un ritmo di passività e di attività, di lontananza e di accessibilità, di passione e di disciplina, che servono tutti a mantenere vivo il matrimonio.
Nell'ebraismo il matrimonio stesso viene visto come una benedizione, un'unione spirituale di due anime, uomo e donna, che si completano come un corpo. Con il fatto che questo corpo è la Sua creazione, D-o è visto come un partner consapevole, sebbene silenzioso, cosa che fa del matrimonio ebraico ideale un triangolo fatto da due esseri umani e D-o. Per questo motivo le sconsideratezze, l'adulterio, la volgarità, ecc. non sono solo un problema per il/la coniuge ma sono, in verità, un'offesa a D-o. Essere consapevoli di questo e rispettarlo fanno molto per innalzare la condizione matrimoniale come dimora naturale dell'amore. All'interno del matrimonio, l'amore può crescere e fiorire, lasciando dietro di sè qualcosa di grande valore. Mentre è vero che, nel primo racconto biblico della Creazione, il primo comandamento è «prolificate e moltiplicatevi », e mentre, dal punto di vista della legge, la procreazione è lo scopo principale della vita matrimoniale, dal punto di vista della vita, la Torà non considera la procreazione come elemento primario e certamente non esclusivo. Si dà enorme importanza anche al bisogno di affettuosità e di un compagno per la vita, come è scritto nella Genesi, «Non è bene per l'uomo che sia solo». Questo concetto viene sottolineato durante le benedizioni matrimoniali sotto il baldacchino dove due delle sette benedizioni sono una celebrazione gioiosa dello stare insieme.
La componente sessuale è anche di primaria importanza nel matrimonio ebraico, a differenza di altre religioni dove viene accettata solo come una concessione alla debolezza umana. Secondo l'ebraismo, la sessualità è un dono di D-o e usata in modo corretto e nel giusto ambito, è considerata una gioia ed una mizvà. Nel suo commento al verso fondamentale della Torà sull'amore e sul matrimonio, Ramban dice, «Innanzi tutto un uomo deve aggrapparsi a sua moglie, poi saranno come un corpo solo », che indica che non si può sentire un'unione del corpo senza prima dividere una concordia del cuore.
Al contrario dell'opinione diffusa ed errata, per quanto riguarda la sessualità dal punto di vista ebraico, i rapporti vissuti dentro al matrimonio ebraico non esistono solo allo scopo della procreazione. Hanno un valore ed una vita del tutto autonomi e vengono giudicati non solo come un canale della vita ma anche come un canale dell'amore. La Bibbia parla della sessualità dentro il matrimonio con il termine onà, che vuol dire «tempo». L'atto sessuale ha luogo durante quella porzione del mese che segue il periodo di astensione durante e dopo le mestruazioni. Inoltre, l'onà richiede che il marito risponda alle esigenze di sua moglie quando sorgono; ed è infatti incoraggiato ad anticiparle. È un tributo al Creatore il fatto che il relativo successo dell'atto stesso si basa sulla premura reciproca; per raggiungere una vera, soddisfazione emotiva siamo obbligati ad esprimere la nostra umanità, e, in quanto la sessualità ci espone non solo al successo ma anche al fallimento del rapporto, ci impone di confrontarci ed imparare ad accettare l'importanza della comunicazione umana.
La prescrizione Talmudica richiede che, a parte il periodo post-mestruale, l'onà abbia luogo almeno una volta alla settimana, preferibilmente di venerdì sera, un momento in cui si ritiene che la gioia del rapporto sia idonea per il giorno più santo della settimana. Secondo la legge ebraica, ci vuole una grandissima sensibilità: per incominciare un rapporto, l'oscurità della stanza dev'essere pervasa di parole tenere, di dolcezza e di rispetto.
Mentre la procreazione non è l'unica causa dell'atto sessuale, è certamente una delle preoccupazioni principali. È però, cosa straordinaria che il sesso debba essere lo strumento delle procreazione. Di tutte le pulsioni umane, la sessualità è senza dubbio la più turbolenta e incostante. Di tutti i doveri umani, mettere al mondo e crescere dei figli richiede più di ogni altro l'ordine, la stabilità e la tranquillità. È solo con l'istituzione del matrimonio che si possono riunire queste due forze contraddittorie - un potere enorme incanalato verso un bene immenso. Con il matrimonio, la sessualità non perde il suo impeto, ma si mette al servizio della vita: l'amore nella famiglia non perde la sua stabilità, ma mantiene il suo gusto. Questa unione equilibrata è una benedizione incalcolabile.
Però, la Torà non tollera delle situazioni di rapporti forzati, la così detta «violenza domestica»: è scritto che «Colui che coarta la propria moglie avrà figli immeritevoli» e certamente questa è una situazione in cui la presenza Divina non resta. Il Talmud dice inoltre, «come un leone strappa la sua preda e la divora e rimane senza vergogna, così un villano percuote sua moglie e poi ha rapporti con lei e non conosce vergogna». Un possibile risultato di questo atteggiamento è che praticamente non esiste una storia di mariti violenti e moglie picchiate nella comunità ebraica tradizionale.
Per quanto riguarda l'adulterio, sebbene alcuni lo vedono come un bellissimo passatempo - il tema di grandi romanzi, l'argomento dello scandalo politico, il punto focale di film di successo e il sogno di coppie stanche che si sentono intrappolate dal dovere e dalla noia non ha posto nella vita ebraica. Mentre per molti la fedeltà può sembrare semplicemente un'usanza arcaica, per l'ebraismo l'infedeltà non ha nessuna base, come si vede nel precetto « Non desiderare la moglie del tuo vicino ». L'ebraismo non intende fare dei mortali dei robot, ma vuole tutelare la santità del matrimonio, mentre l'adulterio viene visto come un'offesa nefanda a D-o e degno della punizione più severa.
Ciò che abbiamo citato sopra copre solo alcuni dei tantissimi riferimenti al matrimonio e ai suoi aspetti fatti dai nostri saggi, ma dovrebbe offrire qualche illuminazione sul motivo per cui gli ebrei sono riusciti così bene a mantenere uniti i propri matrimoni.
Per gli ebrei osservanti, è molto semplice. La Torà riconosce la natura della condizione umana, i nostri bisogni e la nostra fragilità, le nostre forze e le nostre debolezze, e copre in modo esteso ogni singolo aspetto della vita coniugale. Solo D-o stesso avrebbe potuto indagare così in profondo la natura dell'uomo, proprio all'essenza del suo essere, trovando per l'uomo un modo di vita che sarebbe fiorito malgrado il caos della vita moderna. Solo D-o stesso avrebbe potuto mostrare tale compassione «umana», molta di più di quanto siamo capaci noi esseri umani, per noi stessi e per gli altri. Il matrimonio, come molte altre cose della vita ebraica, dipende da quanto noi onoriamo il S-gnore, mettendone in pratica la legge. Più è grande la nostra adesione alle Sue leggi, più alte sono le ricompense e maggior successo avrà l'unione: una cosa che... parla da sé!
Compilato da Shivaun Woolfson, basato sul libri Made In Heaven di Rav Aryeh Kaplan, pubblicato dal Moznaim Publishing, Brooklyn, NY e The Jewish Way in Love and Marriage di Maurice Lamm, pubblicato da Harper and Row.
Tradotto da L.R.
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