Domanda: Alla fine del Kaddìsh e dell’Amidà si fanno tre passi indietro e si dice “osè shalòm”, una preghiera per la pace. Mi è stato spiegato che facciamo questi passi indietro come segno di rispetto, come faremmo se ci stessimo allontanando dal cospetto di un re. Come mai proprio tre passi? E perché preghiamo per la pace dopo i passi?

Risposta

Il Talmùd1 insegna che alla conclusione dell’Amidà si dovrebbe indietreggiare in modo rispettoso facendo tre passi indietro, e solamente dopo si dice “shalòm”, ovvero “pace” o “addio”.2

I commenti spiegano che i tre passi indietro mostrano che si sta lasciando un posto di santità passando a un posto più terreno. Come quando ci si congeda da un re al termine di un’udienza, così “ci congediamo” da D-o dopo queste preghiere speciali.3

Gran parte di questi motivi valgono anche per il Kaddìsh quando prendiamo tre passi indietro prima di dire shalòm4. Ma la domanda rimane: come mai proprio tre passi? Rav Yosef Caro cita alcune spiegazioni nel suo commento Bet Yosef.

La ritirata dei tre “mil

Quando gli ebrei sentirono l’imponente suono della voce di D-o che dava la Torà al monte Sinài, reagirono ritirandosi per una distanza di tre “mil” (unità di lunghezza dell’epoca Talmudica5). Pertanto ricordiamo questo senso di timore riverenziale indietreggiando di tre passi alla conclusione del nostro incontro con D-o6.

Moshè e I divisori celesti

Quando Moshè salì sul monte Sinài per ricevere la Torà, “il monte bruciava con fuoco fin dentro ai cieli, con buio, una nuvola e un buio opaco”7. Il Midràsh spiega che l’espressione “buio, una nuvola e un buio opaco” si riferisce ai tre divisori celesti che Moshè attraversò quando arrivò e quando lasciò la Presenza Divina.8 Pertanto anche noi prendiamo tre passi indietro quando ci allontiamo dopo l’Amidà.9

Scendendo dall’Altare

Le nostre preghiere sostituiscono il servizio dei sacrifici che venivano offerti nel Bet Hamikdàsh, il Tempio Grande a Gerusalemme. In particolare, essi corrispondono alle offerte giornaliere chiamate tamìd che venivano portate sull’altare dal cohèn, il sacerdote; che poi scendeva dall’altare all’indietro. Siccome c’erano tre livelli di roccia tra l’altare e la rampa10, anche noi facciamo altrettanto quando lasciamo la Presenza Divina11.

La Profezia di Ezechiele

Quando preghiamo, cerchiamo di essere come angeli. Un verso nel Libro di Ezechiele descrive la posizione degli angeli così: “e le loro gambe erano una gamba dritta”12. Questo versetto è la fonte della norma che richiede che si tengano i piedi uniti durante l’Amidà13 ed è anche la fonte dei tre passi indietro: il minimo per il plurale di ‘gambe’ è due, più la gamba unica, abbiamo un totale di tre passi.14

Corrispondenti ai passi di Nabuccodonosor

Infine, all’inizio della carriera di Nabuccodonosor, prima che diventasse re e distruggesse il Bet Hamikdàsh, egli era lo scriba reale del re Merodach-Baladan di Babilonia. Accadde che il re fece inviare una lettera al Re Hezechia per congratularsi della sua miracolosa guarigione. La lettera non menzionava D-o, e quando Nabuccodonosor lo venne a sapere, pensò che questo non era rispettoso nei confronti di D-o e rincorse il messaggero per riscrivere la lettera. Secondo il Midràsh15, egli meritò di diventare re e alla fine riuscì a distruggere il Tempio16 per via dei tre passi indietro che fece per difendere l’onore di D-o.

Quando facciamo tre passi indietro, diciamo una breve preghiera per la pace e per la ricostruzione del Grande Tempio; preghiamo che, a differenza dei passi di Nabuccodonosor, i nostri passi portino alla ricostruzione del Bet Hamikdàsh17.

Che ciò avvenga presto ai nostri giorni!

Rav Yehuda Shurpin, Chabad.org