Il Talmùd definisce l’essenza di Chanukkà in base al miracolo dell’olio: al fatto che fu ritrovata un’unica ampolla di olio con il sigillo intatto del Kohèn Gadòl sufficiente a tenere accesa la Menorà per un giorno, e bastò invece per otto giorni. Si accenna al fatto che gli Asmonei furono vittoriosi sui greci, ma non si menziona nulla sul fatto che ci fu una battaglia vinta dagli ebrei in maniera assolutamente miracolosa. Questo è in netto contrasto con la preghiera “Al Hanissìm”, che si recita di Chanukkà nella Birkàt Hamazòn e nella Amidà, nella quale invece si ignora l’olio e si enfatizza l’episodio della battaglia e della vittoria. In altre parole, sembrerebbe esserci una completa separazione tra il miracolo spirituale (l’olio) e quello fisico (la vittoria), fino al punto da elidersi a vicenda: se si cita l’olio non si può parlare anche della vittoria e viceversa.
L’Aspetto Spirituale
Le battaglie e le vittorie che segnano il calendario (e la storia) ebraico sono sempre qualcosa di più di una battaglia per la sopravvivenza fisica. L’Esodo dall’Egitto, celebrato ogni anno a Pèsach, non è solo la liberazione di un popolo dalla schiavitù ma rappresenta lo sradicamento degli ebrei dalla cultura pagana egizia per ricevere la Torà e sigillare il patto con D-o. A Purìm ricordiamo che il malvagio Hamàn voleva distruggere gli ebrei perché “sono un popolo strano, le cui leggi sono diverse da quelle degli altri popoli”: celebriamo quindi la nostra salvezza fisica e anche quella della nostra identità e stile di vita. La battaglia degli Asmonei contro l’esercito di Antioco fu la battaglia più spirituale della storia ebraica. Come è noto, i Greci non miravano a eliminare il popolo ebraico fisicamente e nemmeno a privarlo della sua religione; volevano ellenizzare gli israeliti e illuminarne la vita con la cultura e filosofia greche. Gli ebrei potevano tenere i loro libri di saggezza, mantenere le loro leggi e usanze, continuare ad adorare D-o nel Tempio; bastava che fosse tutto arricchito con la saggezza greca e adornato della sua arte, che fosse introdotto il culto della bellezza e perfezione del corpo umano. Potevano continuare a studiare la loro Torà, ma dovevano integrarla con i principi e la letteratura della cultura greca. Gli Asmonei dunque combatterono per l’indipendenza dal giogo ellenico poiché esso mirava a far dimenticare loro la Torà di D-o, a farli allontanare non dai precetti in sé ma dai precetti in quanto espressione della volontà di D-o. Combattevano per la purezza della Torà in quanto parola Divina e per le mitzvòt in quanto espressione della volontà Divina. E infatti, la mitzvà di Chanukkà, l’accensione dei lumi per otto sere, è totalmente spirituale. In questa ottica, è perfettamente chiaro il motivo per cui il Talmùd definisce Chanukkà esclusivamente in termini di miracoli spirituali. Sebbene le vittorie militari precedessero e fossero il prerequisito al miracolo spirituale, vengono ignorate quando si deve identificare il miracolo che racchiude l’essenza di Chanukkà. Ma perché la preghiera che i Saggi hanno istituito si concentra solo sulle vittorie militari? Per lo stesso motivo! Le battaglie possono essere valorizzate solo se isolate dal contesto più ampio. Se sono considerate insieme al miracolo dell’olio, si ridurrebbero a un piccolo dettaglio insignificante, appena degno di essere citato.
Anima e Corpo
L’uomo è composto di anima e corpo, di una essenza spirituale che la Chassidùt chiama “letteralmente una parte di D-o” e dello strumento fisico attraverso cui essa sperimenta e influenza il mondo. Il corpo è stato concepito per servire l’anima nella sua missione di sviluppare il mondo secondo la volontà Divina. All’uomo è concesso il libero arbitrio e il corpo quindi potrebbe ribellarsi al dominio dell’anima, potrebbe soggiogare le qualità dell’anima e sfruttarne i poteri spirituali per perseguire scopi materiali. Però, nel suo status naturale, il corpo serve l’anima e le sue energie vengono incanalate per implementarne la volontà. Ci sono però diversi livelli di sottomissione. Il corpo potrebbe riconoscere che lo scopo della vita terrena risiede nelle aspirazioni dell’anima ma anche perseguire degli obiettivi propri; o potrebbe servire l’anima con tutto se stesso mantenendo comunque i propri bisogni come componente importante della vita della persona. Chanukkà ci insegna che esiste un livello di supremazia dell’anima sul corpo così assoluto da rendere il corpo virtualmente invisibile. Esso continua a soddisfare le proprie necessità perché l’anima può lavorare solo in un corpo che funziona normalmente, ma queste necessità sono eclissate dall’essenza spirituale della vita. È impossibile, e forse nemmeno auspicabile, mantenere perpetuamente questa condizione se non per lo tzaddìk più spirituale. In effetti, Chanukkà dura solo otto giorni all’anno. Ma ognuno di noi è in grado di sperimentare momenti di totale consumo spirituale; momenti in cui ci lasciamo assorbire dalle nostre ricerche spirituali al punto che i nostri bisogni spirituali diventano insignificanti.
Tratto da Chabad.org
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