I lumi di Chanukà vengono accesi per commemorare il miracolo accaduto con la Menorà del Bet Hamikdàsh. Ci sono delle differenze importanti tra la Menorà e i lumi che accendiamo durante Chanukà.
Nel Bet Hamikdàsh si accendeva sempre un numero fisso di lumi (sette) mentre a Chanukà si aggiunge ogni sera un altro lume. Inoltre, la Mitzvà era di accendere la Menorà durante il giorno, mentre la Chanukià si accende dopo il tramonto. Anche il posto delle candele è diverso: nel Bet Hamikdàsh erano all’interno, mentre durante Chanukà è importante che siano visibili anche dall’esterno.
Osservando il contesto storico possiamo capire il senso di queste differenze.
Il primo Bet Hamikdàsh fu costruito nell’epoca di Shelomò (Salomone), in un periodo di indipendenza, pace e tranquillità. La storia di Chanukà, invece, accadde quando Israele era occupata dai greci-siriani. Anche spiritualmente molti seguivano l’ellenismo, la cultura e il modus vivendi greco e avevano lasciato le vie della Torà.
È proprio da questo contrasto che derivano le differenze tra le due Mitzvòt. Quando la situazione in generale – spiritualmente e materialmente – è positiva, ci si può accontentare di un’illuminazione fissa e costante. Quando invece si tratta di momenti di oscurità, non è sufficiente la luce del giorno passato e serve un lume in più per poter affrontare l’oggi.
Dall’altra parte questo ci insegna anche che in condizioni spirituali negative, non ci si può sempre aspettare di trasformarsi e cambiare in un momento – prendendo troppo ci si potrebbe ritrovare con nulla... Bisogna invece aggiungere un lume alla volta.
Un’ultima differenza: le candele di Chanukà non vanno messe solo all’interno come nel Bet Hamikdàsh, ma verso l’esterno per illuminare anche la strada, e si accendono di sera dopo il calare del sole simboleggiando l’illuminazione dell’oscurità.
Ogni ebreo deve vedersi come un “ambasciatore di luce”, che quindi non tiene la sua luce chiusa in casa ma la diffonde all’esterno con tutte le possibilità a sua disposizione.
Basato su Likuté Sichòt vol. I p. 89 Adattato da rav Shalom Hazan
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