È una foto del libro Bar Mitzvà che non manca ogni volta di turbarmi. In terra una fila di cadaveri, un gruppo di soldati tedeschi in uniforme ride di un Ebreo senza età. smarrito dall'angoscia, al quale sono stati fatti indossare a forza i paramenti rituali: tefillìn, kippà, tallìt. Quest'immagine colpisce perché è estremamente indicativa. Il boia che vuole uccidere anche spiritualmente la vittima abbassa ancora di più se stesso, diventa abietto oltre che disumanizzato dalla sua stessa anonima crudeltà. Quell'Ebreo morto in quel lager da chissà quanti anni dà ai suoi carnefici e a noi una grande lezione di dignità e di identità. Volendolo ridicolizzare facendogli indossare le sue cose sacre, le cose proprie dell'Ebreo, i tedeschi lo personalizzano, ne fanno un sacerdote di fronte alle bestie, un uomo di fronte ai bruti. È la storia di Channukà, è la storia di oggi.
Al tempo dei Maccabei, prima di cominciare una persecuzione vera e propria viene introdotta una cultura alternativa, Autre, la cultura ellenistica. Un nuovo culto del corpo, la palestra, il ginnasio, la nudità folgorante e solare dell'atleta greco, una libertà straordinaria nella pratica della vita nell'insegnamento filosofico e religioso.
Sacrificarsi a lunghe pratiche culturali, mortificarsi nelle privazioni, rinunciare alla gloriosa esibizione del corpo, diventa obsoleto, ridicolo, inaudito.
La seduzione della cultura greca, presentata qui nei suoi aspetti più deteriori, non certo lo spiritualizzato aristotelismo di Maimonide, diventa esaltazione del consumo più volgare dell'anima e del corpo. Ma i vecchi si lasciano attirare dal miraggio del potere politico, i giovani dalla nuova moda. Si va allo stadio, si fa a gara nell'imitare i greci, ci si vergogna della milà considerata dagli ellenizzanti barbara mutilazione del corpo divinizzato.
Per l'ebreo pronto davanti alla violenza ad accettare la persecuzione e il martirio ma sempre aperto alla cultura e alla pratica intellettuale, l'ellenismo diventa pericolosa insidia: molti arrivano ad abbandonare la fede dei Padri, a non opporsi alla profanazione del Tempio.
Più che la paura delle persecuzioni che pure ci sono verso chi insiste nella fedeltà alle tradizioni sacre, è la paura del ridicolo, del demodé, la paura di non avere l'approvazione delle classi intellettuali dominanti.
Verrà Giuda Maccabeo a vincere i Greci. “I molti nelle mani dei pochi, gli impuri nelle mani dei puri, i forti nelle mani dei deboli” (Preghiera di Channukà). Il Tempio viene riconsacrato, la lampada sacra miracolosamente riaccesa è la festa che ci rallegra da secoli.
Molti secoli dopo anche il dottissimo Elisha ben Abuyà cederà alle lusinghe della cultura greca, lui che era asceso nel Pardés, il paradiso mistico, con gli altri tre Rabbini ricordati dal Talmud, ma bisogna dire che Elisha ben Abuyà aveva subito ben altro trauma che non la lettura di Platone o di Epicuro ... la vista del Corpo di Rabbi Yehuda Hanahtam profanato dai romani gli procurò una crisi spirituale terribile. “Non c'è giudizio e non c'è giudice” gridò vedendo in terra, in pasto ai cani, quella lingua che tante volte aveva insegnato la Torà.
Questo, possiamo dire, è per gli Ebrei occidentali, un momento storico analogo a quello passato dai nostri antenati nel primo periodo della conquista greca. La nostra cultura religiosa diventa fuori moda, scomoda pesante. L'intellettuale ebreo imita i goim, ha paura di non piacere.
Sul piano politico poi va addirittura contro gli altri Ebrei, va contro Israele, va penosamente e assurdamente contro se stesso.
Mai abbiamo visto come in tempi recenti tante lettere aperte e documenti in questo senso firmati da intellettuali ebrei.
Siamo Ebrei ma siamo buoni, pare vogliano dire, noi siamo i perseguitati noi o i nostri parenti siamo stati anche nei Lager! Noi non siamo come questi Coribanti dell'ebraismo, come questi pazzi sionisti che vorrebbero addirittura una cosa così assurda come conservare Eretz Israel, difenderla e possibilmente dare a tutti gli Ebrei del mondo la possibilità di ricostruirsi casa e radici...
Chiedere ai goim di ristudiarsi la storia della nascita dello Stato ebraico è forse troppo, visto che in questo momento, Israele demonizzato è colpevole di tutti i mali del mondo. Situazione che purtroppo non è poi neppure nuova.
L'Ebreo italiano è vero, ha tradizioni diverse da quelle dell'Ebreo orientale. Tradizioni anche di cultura laica, risorgimentale, liberale.
Quando è venuto il momento delle persecuzioni però gli è stato duramente ricordato chi era. Laico, risorgimentale, liberale...era sempre Ebreo.
Così come il bambino scopre a volte di essere ebreo giocando coi compagni. Alla prima mossa sbagliata ecco l'insulto, lo scherno. Sei Ebreo, sei diverso.
Perché allora farci ricordare dagli altri chi siamo invece di essere consci e orgogliosi della nostra appartenenza al popolo scelto dal Sign-re, “Perché io ho scelto per me Giacobbe, Israele per mio tesoro”.
Ecco, senza augurare a nessun Ebreo poco sicuro di sé l'arrivo di un nuovo Giuda Maccabeo, devo solo dire che questi pavidi intellettuali ci fanno solo una gran pena e che vorremmo solo che, come miracolo di Channukà, la goccia d'olio della loro neshamà ebraica tornasse a galla sull'annacquamento del loro conformismo squallido. Eretz Israel e la Torà ce le hanno date non gli uomini, anche se gli uomini giusti hanno fatto di tutto per difenderle e conservarle, ma il Signore Ha-Shem. E non è poco.
di Donatella Valori
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