L'evento descritto sotto avvenne martedì 8 tamuz, il 24 giugno 1969.
Uno dei nostri amici, rav Elchanan Geisinski, ci invitò al suo matrimonio a Boston. Con alcuni dei miei compagni di Yeshivà, decidemmo di andarci. Come non avremmo potuto partecipare alla sua gioia? Ci stringemmo tutti in un minivan di nove posti per questo viaggio da New York a Boston. L’atmosfera era straordinaria, i festeggiamenti delle nozze molto riusciti e, ben oltre la mezzanotte, riprendemmo la strada di ritorno.
Mentre ci accingevamo a lasciare l’autostrada per dirigerci verso la corsia d'uscita, un camion che andava di corsa tamponò la parte posteriore della macchina. Il camionista aveva tentato di evitarci ma correva troppo e non poté fermarsi in tempo. L’impatto lo fece volare via dall’abitacolo del suo veicolo. Mi ricordo della mia strana reazione: aspettavo che il nostro van si riaccasciasse per poter saltare dalla finestrino posteriore. E così feci.
Il van, subito dopo lo scontro, aveva preso fuoco. Le portiere in mezzo erano bloccate e i tre passeggeri si ustionarono. Uno dei giovani seduto davanti e che era riuscito ad uscire subito, tentò di aprire le portiere ma appena toccate le maniglie, le sue dita si bruciarono. Dopo sforzi immani riuscì lo stesso ad aprire loro le portiere. Alcuni si rotolarono sull’erba per spegnersi il fuoco di dosso. Grazie al cielo eravamo tutti vivi.
Il soccorritore che arrivò era molto stupito: “Sono venticinque anni in servizio su quest’autostrada e non ho mai visto un van con tanti passeggeri prendere fuoco e lasciarli tutti vivi. Il fatto che il vostro veicolo non è esploso è davvero un miracolo”. Purtroppo alcuni di noi erano ustionati. Rav Meir Minkowitz telefonò al segretario del Rebbe a Brooklyn nonostante l’ora (erano le cinque del mattino). Parlai col segretario, Rav Hodakov, e lo supplicai di chiedere al Rebbe la sua berachà. Mi rispose che dovevo innanzitutto parlare coi medici per determinare se c’era pericolo di morte – nel qual caso avrebbe informato il Rebbe. Altrimenti avrebbe riferito tutto al Rebbe solo all’arrivo di quest’ultimo al suo ufficio quella stessa mattina ma molto più tardi.
I dottori affermarono che nessuno era in pericolo nonostante le ustioni. Ne informammo rav Hodakov e convenimmo di richiamare più tardi. In mattinata, rav Hodakov ci confidò qualcosa di strano: “Da quando lavoro in questa segreteria ho udito e visto fatti inconsueti ma mai uno come questo. Quando ho raccontato al Rebbe ciò che vi è accaduto mi ha risposto in modo enigmatico: ‘Pensavo proprio a loro l’altra notte’.
Ciò significa che il Rebbe ha pensato a voi prima che avvenisse l’incidente!”
Poi aggiunse: “Ieri sera, il Rebbe chiese che venissero pubblicate cinque lettere scritte dai primi rebbeim di Chabad: rabbi Shneur Zalman, il Mittele Rebbe e lo Tzemach Tzedek. Queste lettere erano state inviate a comunità vittime di incendi ed ognuna di queste lettere terminava con una benedizione e il celebre adagio: “Dopo un incendio si diventa ricchi”.
Questo detto yiddish si basa su una nozione cabalistica dell’ordine dei veicolispirituali tramite i quali Hashem ha creato il mondo. Per prima interviene la Ghevurà (severità, rigore) e poi Rachamim, la compassione. In altre parole, prima il fuoco e in seguito la ricchezza. Il Rebbe spiegò a rav Hodakov che aveva pensato a noi la notte prima quando chiese che queste lettere venissero stampate esigendo che ognuno di noi ne ricevesse una copia immediatamente.
Lo Shabbàt seguente, il Rebbe conversò a lungo durante un farbrenghen. La lettura della Torà era Chukat-Balak, parashòt nelle quali vengono descritti i “serpenti ardenti” che aggredirono gli Israeliti nel deserto e il modo in cui arrivò la guarigione. Il Rebbe aveva citato l’interpretazione di Rashì e aveva fatto il nesso con il nostro incidente. Alcuni giorni dopo, durante il farbrenghen di yud bet tamuz che celebra la liberazione del Rebbe precedente dalle prigioni sovietiche, e anche lì il Rebbe parlò del fuoco. Citò le parole del Rebbe precedente riguardo al suo arresto: «Se mi fosse stato chiesto prima dell’arresto se avessi accettato questa prova, non so se l’avrei accettata. Ma ora che è finita, non rinuncerei neanche un secondo a questa esperienza». Il Rebbe aggiunse che la ragione di questo incidente si collocava al di là della nostra comprensione ma, visto che era accaduto, dovevamp ricordarci che “dopo le fiamme si diventa ricchi”. Ciò significava che questo fuoco non avrebbe portato altro che abbondante ricchezza. Suggerì che diventassimo molto ricchi nello studio della Torà e non si riferì affatto alle ricchezze materiali.
I medici avvisarono rav Shalom Dov-Ber Levitin, che aveva subito le ustioni più gravi, che avrebbe impiegato almeno cinque mesi per riprendersi. Ma doveva sposarsi due mesi dopo! Era preoccupato e suo padre domandò al Rebbe una pronta guarigione. Il Rebbe consigliò di non rimandare il matrimonio e rassicurò che sarebbe andato tutto per il meglio. In effetti, si sposò due mesi dopo.
Quanto a noialtri, il Rebbe chiese di brindare Lechaim alla vita! Cosa che facemmo subito, naturalmente.
Rav Shlomo Majeski – Machon Chana – JEM
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