“Poiché Hamàn, figlio di Hamdàta l’agaghita, nemico di tutti gli ebrei, aveva complottato contro gli ebrei per distruggerli, e aveva estratto il pur, la sorte, per consumarli e per distruggerli… Per questo chiamarono questi giorni “Purìm”, per il “pur”… (Meghillàt Estèr 9:24-26).
Tanti fattori ed eventi contribuirono alla salvezza del popolo ebraico dal decreto di Hamàn (l’ascesa di Estèr al trono, la teshuvà degli ebrei, la notte in cui il re Achasvheròsh si ricordò che Mordechài gli aveva salvato la vita ecc.). Ciascuno di questi eventi ebbe un peso considerevole nel miracolo, ma il nome della festività, la parola scelta per esprimerne l’essenza, richiama un dettaglio apparentemente insignificante: il fatto che Hamàn aveva estratto a sorte il giorno in cui sterminare gli ebrei. Perché Hamàn doveva proprio estrarlo a sorte? Non poteva semplicemente scegliere un qualsiasi giorno a lui conveniente?
Kippùr e Purìm
C’è un altro giorno dell’anno associato a un’estrazione a sorte: il giorno di Kippùr. Al culmine del servizio di Kippùr nel Tempio, il Sommo Sacerdote stava di fronte a due capre ed estraeva a sorte quale delle due sarebbe stata offerta in sacrificio e quale avrebbe portato via le colpe degli ebrei nel deserto. A prima vista non potrebbero esserci due giorni più diversi tra loro: Kippùr è il giorno più solenne dell’anno, in cui l’introspezione e il pentimento ci portano a collegarci con la parte più pura di noi attraverso l’afflizione del digiuno, e assomigliamo agli esseri celesti spirituali. Purìm invece è il giorno più “fisico” dell’anno, in cui si indugia nel cibo e nel vino, si dà beneficenza ai poveri e si invia cibo ai conoscenti, poiché esso celebra la salvezza fisica degli ebrei. Nonostante queste differenze, lo Zòhar considera le due ricorrenze intrinsecamente simili, e l’elemento comune è proprio l’estrazione a sorte! Essa rappresenta l’idea di aver oltrepassato la sfera razionale. Si ricorre a una lotteria quando nessun motivo porta a scegliere un’opzione piuttosto che un’altra, e si lascia che la questione sia risolta da forze al di là del proprio controllo. Di Yom Kippùr, dopo tutte le preghiere e il pentimento, il Cohèn Gadòl ricorre alla sorte, poiché siamo tutti uguali davanti a D-o: Gli stiamo davanti con i nostri peccati e le nostre colpe e dovremmo razionalmente essere tutti giudicati colpevoli. Invochiamo allora sfere al di là della natura e della ragione, che vanno oltre i criteri dei meriti e delle colpe; affidiamo la nostra sorte a D-o confidando nel fatto che anch’Egli, dal canto Suo, ci rapporti a Lui in un legame che oltrepassi le misure dei pro e dei contro. L’estrazione a sorte da parte di Hamàn era il tentativo di sfruttare queste sfere verso scopi opposti. Nella sua ottica, gli ebrei possono anche essere i persecutori della saggezza di D-o in terra, meritandoNe il favore e la protezione, ma D-o, nella Sua essenza, è sicuramente al di sopra di tutto, e anche delle nozioni di virtù e demeriti; in realtà, la volontà Divina è arbitraria come un dado: perché non provare a lanciarlo? Avrebbe potuto andare a segno, attirando un “capriccio” soprannaturale a suo favore.
La Sorte
E quando la sorte cadde sul mese di Adàr, Hamàn si rallegrò, poiché sapeva che era il mese in cui era morto Moshè: anche lui essere mortale, nonostante tutti i prodigi operati a nome di D-o. Hamàn però non aveva calcolato che Adàr è anche il mese in cui Moshè era nato e, in ultima analisi, l’impatto della sorte fu esattamente l’opposto delle previsioni del malvagio. Sul piano esistenziale fisico, ci sono varianti e fluttuazioni nel rapporto di D-o con il Suo popolo: a tratti meritevoli del Suo favore e a tratti molto meno, e in questi momenti di caduta perfino il profeta Moshè può morire. Hamàn contava su questo fattore, ma non aveva preso in considerazione il fatto che questo rapporto trascende i mutamenti della realtà terrena, e che anche quando la realtà sembra arbitraria come un lancio di dadi, D-o ama e protegge il Suo popolo.
Basato sugli insegnamenti del Rebbe di Lubàvitch, chabad.org
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