Tèrach era il padre di Avrahàm (Abramo), il primo Patriarca del popolo ebraico. Nonostante che Tèrach adorasse gli idoli e avesse cresciuto la sua famiglia nella città idolatrica di Charàn, suo figlio Abramo riconobbe da solo l’esistenza di un unico vero D-o, e alla fine lasciò la casa del padre per la Terra d’Israele.

Tèrach: la biografia in breve

La Scrittura ci fornisce pochi dettagli sulla vita di Tèrach1. Egli nacque nell’anno 1878 dalla Creazione (1883 a. E.V.) da Nachòr, che era ottavo nella linea di discendenza da Nòach (Noè). Tèrach sposò una donna di nome Amatlài, figlia di Karnevò2. Quando aveva settant’anni, sua moglie gli generò un figlio di nome Avrahàm (chiamato Avràm alla nascita), a cui seguirono altri due figli: Nachòr3 e Haràn4.

All’inizio Tèrach viveva nella città caldea di Ur Kasdìm; a un certo punto però decise di intraprendere il cammino verso la Terra di Canaan (la futura Terra d’Israele)5. Ad accompagnarlo c’erano Avrahàm (all’epoca ancora Avràm) con la moglie Sarà (all’epoca chiamata ancora Sarài) e Lot, figlio di Haràn. (Haràn morì in Ur Kasdìm, e Nachòr decise di non seguirli6 ). Durante il cammino si fermarono nella città di Charàn, nella quale decisero di stabilirsi.

Secondo alcune tradizioni, Tèrach originariamente viveva a Charàn, e lì nacque Avrahàm. Successivamente si trasferirono in Ur Kasdìm, e alla fine tornarono a Charàn7.

Quando Tèrach aveva centoquarantacinque anni, Avràm e Sarài proseguirono verso la Terra di Canaan su ordine di D-o. Tèrach morì sessant’anni dopo, nell’anno 2083 dalla Creazione (1678 a. E.V.) all’età di duecentocinque anni.

Tèrach e Nimròd

Le fonti midrashiche ci permettono uno sguardo più profondo sulla vita di Tèrach8.

Nimròd, re di Babilonia, lo nominò Capo Generale delle forze armate, facendolo diventare l’ufficiale di rango più elevato del Paese, amato e rispettato da tutti.

La notte della nascita di Avràm, gli amici e i servi di Tèrach si radunarono nella sua casa per celebrare il lieto evento. Quando stavano andando via, guardarono il cielo e videro una grande stella che saliva da oriente e che ingoiava quattro stelle dai quattro angoli del cielo. Capirono che ciò significava che il neonato avrebbe un giorno conquistato il Paese e sconfitto i nemici. Quando Nimròd lo venne a sapere, convocò Tèrach a palazzo e gli ordinò di portare suo figlio affinché fosse ucciso, promettendogli in cambio ingenti ricchezze. Tèrach provò con arguzia a distogliere il re dal suo proposito.

“Lasciate prima che vi racconti cos’altro è successo l’altra notte”, disse. “Qualcuno mi si avvicinò e mi offrì un’enorme somma di denaro affinché io gli vendessi il mio cavallo migliore, che Sua Maestà mi diede in dono. Mi consigliereste di accettare l’affare?”

“Ma questo sarebbe ridicolo”, rispose Nimròd. “Sei ricco, e niente può rimpiazzare il cavallo che ti ho regalato, che è il miglior cavallo di tutto il Paese!”

“Ed è proprio questo che mi state chiedendo”, fece notare Tèrach. “Come può il denaro sostituire il mio proprio figlio?”

Furioso, Nimròd minacciò: “Se non mi porti tuo figlio, ucciderò l’intera famiglia!”

Tèrach restò impassibile. Nascose Avràm in una grotta insieme con la madre e la nutrice, e portò loro cibo una volta al mese. Questo fu il luogo in cui Avràm trascorse i primi anni di vita.

Tèrach l’idolatra

Il Testo ci dice che Tèrach adorava gli idoli9, e anche riguardo a ciò il Midràsh fornisce ulteriori dettagli10.

Non solo Tèrach adorava gli idoli, ma faceva anche affari vendendoli. Accadde una volta che egli dovette lasciare per un po’ il negozio, e mise Avràm a vendere le statuine al suo posto. Avràm però scoraggiava tutti i potenziali clienti dall’acquistarle, spiegando l’assoluta futilità dell’adorare queste statuine, che erano state fabbricate dalla mano dell’uomo quello stesso giorno!

Non contento, Avràm prese anche un’ascia e distrusse tutti gli idoli del padre, lasciandone intatto solo uno; poi mise l’ascia nella mano di questo unico idolo rimasto. Quando Tèrach tornò e vide il disastro che era successo, accusò il figlio. Avràm spiegò che l’idolo più grande (quello che aveva lasciato intatto) distrusse tutti gli altri idoli, dopo che litigarono tra loro per via di un’offerta che una donna aveva portato. Tèrach tuonò che questo era assolutamente impossibile, e quindi capì che il figlio aveva escogitato questo trucco per far ammettere al padre che gli idoli non avevano nessun potere.

Tèrach però denunciò Avràm a Nimròd, e il re condannò Avràm a morte con il rogo. Avràm fu quindi gettato in una fornace ardente, ma ne uscì miracolosamente indenne. Nel frattempo, Haràn, il fratello di Avràm, non riusciva a decidere se stare dalla parte del fratello o dalla parte di Nimròd; decise di stare dalla parte del vincitore, e quando Avràm fu salvato dalle fiamme, Haràn proclamò di appartenere alla schiera di Avràm. Fu subito gettato nella fornace e morì. Il Midràsh narra che Tèrach era un astronomo, e aveva visto nelle stelle che suo figlio Haràn sarebbe stato bruciato11.

Gli ultimi anni di Tèrach

Quando Ytzchàk (Isacco), figlio di Avrahàm (a quel punto si chiamava così), fu svezzato, Tèrach viaggiò da Charàn alla Terra di Canaan per celebrare12.

Secondo una fonte, in tarda età sposò un’ulteriore donna, Pelilà, che gli generò un figlio chiamato Tzova13.

Nonostante Tèrach trascorse gran parte della sua vita da idolatra, alla fine si pentì e riconobbe la futilità delle sue credenze di vita, accettando il monoteismo14.

Alcuni dicono che Tèrach fosse la prima persona della storia a coniare monete15.

Il paradosso Tèrach-Avrahàm

Ciò che lascia perplessi è come poté Avrahàm venire da un padre come Tèrach16. A volte si pensa che una tale rettitudine e virtuosità siano ereditarie, e che un personaggio del calibro di Avrahàm nasca necessariamente da genitori devoti e pii. Avrahàm ci insegna che non è per forza così. Le nostre anime sono letteralmente una parte di D-o, e dunque noi possediamo un potenziale illimitato, che non dipende da fattori esterni. Di conseguenza, è possibile che l’anima di una persona elevata nasca da genitori rozzi o malvagi17.

Inoltre, la Kabbalà insegna che più in basso cade un’entità, più elevata è la sua sorgente. (Un’analogia è un muro che crolla: più la pietra del muro è alta, più lontano cadrà dalla sua posizione originale). Dunque, il fatto che Avrahàm nacque da genitori di livello così basso è indice della portata della sua grandezza18.

Di Yehuda Altein, traduzione Deborah Cohenca Klagsbald