Usi e Simboli

Quando, in tempi remoti, il Bet Hamikdash si trovava a Gerusalemme, il primo giorno (Rosh Chodesh) di Adar era giorno di "appello" speciale. Veniva annunciato alle comunità ebraiche che era il momento di dare un "mezzo shekel" alla tesoreria del Bet Hamikdash. Era una mitzvà che tutti erano in grado di fare e che effettivamente tutti eseguivano molto volentieri.

Come veniva adoperato questo denaro?

Serviva anzitutto a pagare i sacrifici pubblici che venivano offerti due volte al giorno nei giorni settimanali ed anche durante lo Shabbat, il Rosh-Chodesh e le feste. Questi sacrifici venivano offerti nel Bet Hamikdash per conto di tutta la popolazione.

Korban ('sacrificio') significa in realtà 'l'avvicinamento', perché rammentava alla gente di avvicinarsi maggiormente a D-o. Nei tempi moderni, la preghiera prende il posto dei sacrifici, poiché il Bet Hamikdash è ancora in rovine e sarà ricostruito solo quando verrà il Moshiach.

La preghiera ha precisamente lo stesso scopo che avevano i sacrifici nei tempi passati: tenere gli ebrei vicino a D-o.

Il denaro del mezzo-shekel serviva pure per mantenere il Bet Hamikdash in buono stato.

Così, ogni Ebreo, ricco o povero, aveva una parte uguale nei sacrifici pubblici e nelle riparazioni del Bet Hamikdash. La Torà prescrive: "Questo essi daranno...: mezzo shekel secondo lo shekel del santuario... tutti... dell'età di vent'anni in sù faranno un'offerta a D-o.

I ricchi non daranno di più, ed i poveri non daranno meno di mezzo shekel... come espiazione per le loro anime." (Esodo 30:13-15).

La Torà non ci dice perché doveva essere mezzo shekel, né ci dice i motivi di altre mitzvòt che dobbiamo compiere senza chiedere il perché. Ma risulta chiaramente dalla Torà che era una somma che anche i poveri avevano la possibilità di dare, e tutti dovevano dare la stessa somma; poiché ricchi e poveri, D-o li ama tutti nello stesso modo; essi sono tutti figli di D-o.

Si suppone che l'idea del mezzo shekel contenesse una lezione importante. Essa simboleggiava che ogni persona ebrea non era che 'metà' di una cosa e non una cosa completa; solo insieme ad un altro ebreo poteva esservi una cosa completa. In altri termini uno non deve mai vivere solo per se.

La Torà ci dice che lo shekel era di venti gherà e che quindi mezzo shekel valeva dieci gherà. È stato detto che i dieci gherà facevano ricordare agli ebrei i Dieci Comandamenti e che grazie al loro contributo di dieci gherà essi si salvarono da Haman, il quale offerse ad Assuero diecimila kikar (vedi tabella) perché gli vendesse gli Ebrei per farne tutto ciò che a lui sarebbe piaciuto. In questo modo, i Rabbini ci ricordano che se osserviamo i Dieci Comandamenti (nei quali vengono indicate tutte le 613 mitzvòt come è stato spiegato dal Rabbino Saadia Gaon), saremo salvi dei nostri nemici, gli Haman che sorgono in ogni generazione.

Il gherà è la più piccola moneta di cui si parla nella Torà e viene anche chiamato kesità. Giacobbe, come ricorderete, comperò un appezzamento di terra vicino a Shechem per il quale pagò cento kesità per piantare la sua tenda. Confrontateli con i quattrocento shekel che il suo nonno Abramo pagò per la grotta di Machpelà come luogo di sepoltura. Egli era felice di pagare quel prezzo elevato perché sapeva che Adamo ed Eva erano sepolti lì ed egli voleva coricarvi perché riposasse con loro e desidera avere pure un posto per se

Il mezzo shekel si chiamava beka (spezzato in due ).

Tremila shekel costituivano un kikàr, un talento. Era una quantità di argento (o oro) che pesava 3000 shekel. Il vocabolo stesso shekel significa effettivamente 'peso'. Era un certo quantitativo di argento, giacché nei tempi remoti si adoperavano come moneta determinati pesi di argento o oro.

Abbiamo così la seguente tabella della valuta dei tempi passati:

1 kikar = 3000 shekalim
1 shekel = 2 beka'im
1 beka = 10 kesità
1 kesità = 1 gherah

Nei tempi moderni la moneta viene coniata da ogni governo, e le monete di ogni denominazione risultano identiche l'una all'altra. Non occorre pesarle tutte le volte che acquistiamo o vendiamo qualcosa, ma nei tempi antichi chiunque fosse abbastanza ricco e conosciuto per la sua onestà poteva coniare la propria moneta.

Gli shekalìm di Abramo erano "correnti presso i mercanti", vale a dire che erano accettabili e passavano facilmente da una mano ad un'altra senza che fosse necessario pesarli. Ci si poteva fidare di Abramo per un peso onesto. I nostri Rabbini ci dicono che le monete di Abramo recavano incisi un vecchio e una vecchia da una parte, e un ragazzo ed una ragazza dall’altra.

Vi era un insegnamento nelle due facce delle monete di Abramo: la vecchia generazione da una parte e la giovane dall'altra, in altri termini, i figli dovevano seguire le orme dei loro genitori, per procedere insieme, la mano nella mano, e formare insieme i due lati della stessa moneta!

La Torà ci dice molto spesso il prezzo di acquisto delle cose od il valore degli oggetti. Oltre quelli già nominati ci viene detto che Giuseppe fu venduto per venti pezzi d'argento. Viene descritto quanto pesavano in oro e argento gli arredi del Bet-Hamikdash. Ci si parla delle tasse che venivano imposte dal Re Salomone, e quanto rame, argento e oro, venne speso per la costruzione del Bet Hamikdash.

Ci viene riferito pure che il profeta Geremia acquistò un campo dal suo cugino Chanamel in Anatòt, la città dei kohanim, per sette shekalim e mezzo, che egli "pesò su di una bilancia".

Sotto il dominio Persiano, nel periodo in cui avvenne la storia di Purim, era in uso una moneta d'oro persiana chiamata darkemon (o adarkemon). Vi si fa accenno nei libri di Ezra e Nechemia. Abbiamo già detto che Haman pagò diecimila kikar d'argento ad Assuero per gli Ebrei. Questa somma corrisponde a trenta milioni di shekalim d'argento, una fortuna enorme, ciò testimonia la grande ricchezza di Haman e dimostra ancora di più, quanto egli odiasse gli Ebrei, per il fatto che era disposto a spendere una tale fortuna pur di distruggerli.

Quando la Terra d'Israele passò sotto il dominio dei Re Tolemaici dell'Egitto, le loro monete ebbero corso nella Terra di Israele, e così più tardi, quelle dei re Seleucidi (Greci) della Siria. Ancora più tardi, quando gli Asmonei riconquistarono la libertà e l'indipendenza della Terra Santa, essi coniarono le loro proprie monete recanti delle iscrizioni in Ebraico. Simone il Maccabeo, che era Nassì (Principe) e Kohen Gadol (Gran Sacerdote), quando succedette a suo fratello Giuda, coniò delle monete d'argento (shekel e mezzo shekel) e di rame.

Molte monete di quell'epoca sono state trovate scavando in vecchie località della Terra Santa, e sono esposte in numerosi musei in varie parti clel mondo. Una di queste, reca su una faccia, in caratteri Ebraici antichi, l'iscrizione: 'quarto anno' e 'mezzo', e sull'altra: 'Dalla redenzione di questa Terra'. Ciò significa che era un mezzo shekel emesso nel quarto anno della liberazione. Su questa moneta era pure inciso un Lulav e due ceste di frutta. Sono state pure scoperte delle monete emesse da Jochanan Hyrcanos recanti il suo nome, ed altre emesse da Alexander Yannai e altri re della famiglia degli Asmonei.

Sotto il governo dei governatori Romani in Terra Santa, circolavano delle monete di rame coniate da essi.

Sulle monete romane era di solito inciso un ritratto dell’imperatore Romano, e questa era una legge in vigore in tutti i paesi governati dai Romani. Ma essi fecero una eccezione per la Terra Santa poiché agli Ebrei era proibito rappresentare le sembianze dell'uomo. E perciò, vi era sulle monete un vaso od una pianta.

Dopo che Tito ebbe conquistata e distrutta Gerusalemme, vennero emesse delle monete con la scritta: «ludaea capta» incisa su di esse. Ma, durante il breve periodo di indipendenza acquistata in seguito alla rivolta di Bar Kochba, vi furono nuovamente sulla Terra di Israele monete ebraiche.

Durante l'epoca talmudica, si ritrovano le seguenti monete: mané, equivalente a cento Zuzim. Lo zuz, pure chiamato dinnar, era di argento. Quattro dinari facevano una sela. Vi era anche un dinnar d'oro che valeva venticinque dinnarin d'argento. Vi erano ventiquattro issarìm nel dinnar ed un issar valeva otto perutòt. Possiamo quindi segnare la seguente tabella:

1 MANEH = 10 dinnarim (zuzim)
1 SELA = 4 dinnarin (zuzim)
1 SELA = 1 shekel sacro o 2 shekel ordinari
1 SHEKEL = 2 dinnarim (zuzim)
1 DINNAR (ZUZ) = 6 ma’ah
1 MA’AH = 4 issarim
1 ISSAR = 8 perutoth

Se siete collezionisti di monete questa tabella vi sarà utile. In ogni modo, quando studiate Ghemarà, vi sarà ancor più utile conoscere queste monete ed il loro valore.

Per quanto non abbiamo più lo shekel sacro ed il mezzo shekel, osserviamo ancora l’usanza del mezzo shekel, con un contributo speciale per Tzedaka, che versiamo abitualmente nel giorno del Digiuno di Ester, prima di Purim, o nel giorno stesso di Purim.