Molti eventi contribuirono alla salvezza del popolo ebraico dal decreto di Haman: la sostituzione di Esther al posto di Vashti; l’incitamento di Mordechai agli Ebrei perché si pentissero e pregassero; la notte insonne di Achashverosh, in cui gli viene ricordato che Mordechai gli aveva salvato la vita e ordina ad Haman di portarlo in parata per le vie di Shushan; la richiesta di Esther al re e il suo confronto con Haman, l’impiccagione di Haman, la grande guerra tra gli Ebrei e i loro nemici il 13 di Adar.
Ognuno di questi eventi gioca un ruolo importante nel miracolo di Purim. E, tuttavia, il nome della festa - la parola usata per esprimere la sua essenza - si riferisce ad un dettaglio apparentemente minore: il fatto che Haman scegliesse la data di quello che si proponeva essere il giorno dell’annientamento degli Ebrei tirando a sorte (pur in persiano significa sorte). Ovviamente, il significato di “sorte” è il cuore stesso di ciò che Purim rappresenta.
Perché, infatti, Haman tirò a sorte, perché non scelse semplicemente il primo giorno utile per attuare il suo malvagio decreto?
L’angelo e l’ubriaco
C’è un altro giorno nel calendario ebraico associato con il tirare a sorte: Yom Kippur. Durante uno dei momenti più emozionanti del servizio di Yom Kippur nel Tempio Sacro, il Kohen Gadol stava in piedi in mezzo a due capre e tirava a sorte per determinare quale delle due dovesse essere offerta a D-o e quale dovesse portare i peccati di Israele lontano, nel deserto.
Sembrerebbe difficile trovare due giorni più diversi nel calendario ebraico. Yom Kippur è il giorno più solenne dell’anno. È un giorno di ricerca spirituale e di penitenza; un giorno in cui ci connettiamo con il nocciolo di purezza inviolabile – nonostante le nostre mancanze e trasgressioni – che è custodito in ciascuno di noi per attingere da lì riparazione per il passato e determinazione per il futuro. Perciò è più che naturale che Yom Kippur sia il giorno di spiritualità assoluta, il giorno in cui trascendiamo la nostra fisicità per raggiungere la comunione con la nostra essenza spirituale. La Torà ci comanda di “affliggerci” a Yom Kippur – privare il corpo di cibo e acqua e di ogni piacere fisico. Yom Kippur è il giorno in cui gli uomini assomigliano di più agli angeli.
Purim, d’altra parte, è il giorno più fisico dell’anno. È un giorno di banchetti e di consumo di vino, il Talmud arriva a dire che “una persona è obbligata a bere a Purim fino a che non riconosce più la differenza tra ‘maledetto sia Haman’ e ‘benedetto sia Mordechai’ ”. I nostri saggi spiegano che Purim celebra la salvezza del corpo degli Ebrei. Ci sono feste (come Chanukà) che ricordano un tempo in cui era minacciata l’anima ebrea, quando i nostri nemici cercarono di sradicare la nostra fede e profanare la santità delle nostre vite; queste feste sono, di conseguenza, caratterizzate da osservanze “spirituali” (e.g. accendere la Menorah, recitare l’Hallel). A Purim, d’altra parte, fu il corpo ebraico a essere salvato – Haman non tramava di assimilare o paganizzare gli Ebrei, ma di eliminare fisicamente ogni uomo, donna o bambino ebreo dalla faccia della terra. Per questo motivo Purim è celebrato donando soldi ai poveri, mandando cibo agli amici, consumando un pasto sontuoso e bevendo fino ad esserne obnubilati.
A Yom Kippur digiuniamo e preghiamo, a Purim festeggiamo. Tuttavia lo Zohar vede nei due giorni delle somiglianze intrinseche, arrivando a tradurre il nome Yom HaKippurim (come la Torà chiama Yom Kippur) come “un giorno come Purim” (yom k’purim).
Ragione e Sorti
Il tirare a sorte esprime l’idea che si è andati al di là del regno dei motivi e delle ragioni. La lotteria è l’ultima risorsa quando non c’è ragione o impulso a scegliere un’opzione piuttosto che un’altra, cosicché la risoluzione del problema deve rimettersi a forze che vanno al di là del proprio controllo e della propria comprensione.
In questo giace il significato del tirare a sorte del Kohen Gadol a Yom Kippur. Dopo che tutto, nessun uomo è meritevole agli occhi di D-o. Siamo tutti chiamati a stare davanti a Lui con le nostre colpe e le nostre iniquità e, secondo ogni criterio razionale, dovremmo essere giudicati da Lui mancanti. Rinneghiamo ogni aspetto legato all’identità fisica, cibo e acqua, piaceri terreni e il nostro stesso senso della ragione e delle priorità. Tiriamo a sorte con D-o, fiduciosi che risponderà positivamente e si relazionerà a noi tenendo conto del fondamentale e puro legame che abbiamo con lui piuttosto che con la bilancia esistenziale dei pro e contro.
Il tiro a sorte di Haman è stato il suo tentativo di sfruttare la realtà soprannaturale del divino per il fine opposto. Il popolo ebreo, si disse Haman, può anche perseguire la saggezza di D-o sulla terra e volerne eseguire il volere, meritando così il Suo favore e la Sua protezione; ma sicuramente D-o, nella sua essenza, è al di sopra di tutto ciò, al di sopra delle nostre ragioni terrene e delle nostre nozioni di “virtù” e “merito”, al di là di concetti quali il “bene” e il “male”. In fondo, il volere divino è arbitrario come il lancio dei dadi. Perché non provarci? Potrei magari incrociare un capriccio sopranaturale che viene giusto nella mia direzione.
Il Talmud dice che “quando il tiro a sorte” di Haman cadde sul mese di Adar, egli se ne rallegrò grandemente, dicendo: “la sorte ha scelto per me il mese della morte di Mosè. Questo è quello che sostengo da tempo” esulto Haman.”Mosè può aver dato la Torà a Israele, il documento che prova l’affezione di D-o per quel popolo ma anche Mosè è mortale. Anche Mosè è parte della realtà fisica, razionale, una realtà che può essere trascesa dalla realtà della “sorte” a cui ho accesso. L’esito del mio tentativo di giocare con la sorte dimostra che ho soppiantato Mosè – soppiantato i meriti di Israele agli occhi di D-o.
Ciò che Haman non capì, aggiunge il Talmud, fu che Adar era sì il mese della morte di Mosè ma anche il suo mese di nascita. In ultima analisi, il significato del tentativo di Haman era esattamente il contrario di quanto lui pensasse. Sul piano fisico, stava dicendo la sorte, possono esserci variazione e fluttuazioni nella relazione tra D-o e il Suo popolo. A volte Israele può essere più meritevole della Sua protezione e benedizione, a volte meno. Infatti il Talmud spiega che la ragione per cui ad Haman era stato dato il permesso di minacciare Israele era che esso si era inchinato all’immagine di Nabuccodonosor e aveva partecipato al banchetto dato da Achashverosh per celebrare la distruzione del Tempio. In questo livello di realtà Mosè può anche “morire”; ma la relazione di D-o con il suo popolo trascende le fluttuazione della realtà terrestre. Anche al livello in cui, come dicono i Salmi, “l’oscurità è luce” e il “bene” e il “male” sono parimenti insignificanti davanti a Lui, D-o sceglie – per nessuna ragione tranne che questa è la Sua scelta – la nazione di Israele.
Nelle parole del profeta (Malachia 1:2): “non è Esau fratello di Giacobbe? Dice D-o. Ma io amo Giacobbe” Così anche quando la realtà sembra arbitraria come il lancio dei dadi – poiché il giusto Giacobbe non è più meritevole (poiché il “valore” è un argomento discutibile) del malvagio Esau – la scelta divina cade sempre sui Suoi prescelti.
Così, la festa di Purim trae il suo nome dal tiro a sorte di Haman. E questo non è solo un dettaglio incidentale nella storia di Purim, ma il singolo evento che più esprime ciò che Purim rappresenta.
La materia ha importanza?
Yom Kippur è davvero “un giorno come Purim”: sono entrambi momenti nel tempo fisico che trascendono le stesse leggi fisiche dell’esistenza. Momenti in cui ci solleviamo al di sopra della struttura razionale della realtà e affermiamo il nostro legame soprannaturale con D-o, legame non toccato dalle limitazioni della vita mortale. Un legame libero da cause e motivi come il destino in caduta libera.
Ma c’è anche una differenza significativa tra questi due giorni. A Yom Kippur, la nostra trascendenza si esprime attraverso l’allontanamento da tutte le trappole fisiche. Ma lo stesso fatto che queste potrebbero interferire con la natura trascendentale del giorno indica che non ne siamo totalmente liberi. Per questo Yom Kippur è solo “un giorno come Purim” (k’purim), perché raggiunge solo la sembianza dell’essenza di Purim.
Il segno definitivo della trascendenza è che lì lo stato di trascendenza non è svanito o soppresso, ma serve lui stesso al fine trascendente. Il miracolo di Purim fu l’affermazione di D-o della sua scelta sopraesistenziale di Israele, e tuttavia il miracolo fu interamente calato nella natura. Ogni cosa accadde piuttosto naturalmente: la bellezza di Esther piacque ad Achashverosh e lui la fece diventare la sua regina; a Mordechai accadde di udire per caso un piano per uccidere Achasveirosh, e anni dopo il fatto venne ricordato dal re durante una notte insonne; Esther trovò il modo di far uscire dalle grazie della corte reale Haman, lo fece impiccare, e manovrò affinché Mordechai ne prendesse il posto; e così via. Ma è per questa ragione che Purim è il più grande dei miracoli – un miracolo in cui l’ordine naturale non è semplicemente eluso o soppiantato, ma in cui la natura stessa diventa lo strumento del miracolo.
La stessa cosa è vera a livello individuale: la definiva trascendenza dalla materialità è raggiunta non privando il corpo e sopprimendo lo stessa sfera fisica, ma trasformando il fisico in uno strumento del volere divino. Perciò “Purim” è il giorno in cui siamo al nostro massimo fisicamente, e allo stesso tempo esibiamo una abnegazione totale a D-o che trascende tutti i dettati e i parametri dello stato fisico-razionale, trascendendo anche l’assioma “maledetto sia Haman” e “bendetto sia Mordechai”.
Yom Kippur è il giorno che permette agli ebrei di sollevarsi al di sopra delle costrizioni fisiche e razionali. Purim è il giorno che permette agli Ebrei di vivere la vita fisica come veicolo per un sovra-fisico, sovra-razionale legame con D-o.
Basato sugli insegnamenti del Rebbe di Lubavitch, adattato da Yanki Tauber per gentile concessione di MeaningfulLife.com e Chabad.org. Traduzione della Scuola del Merkos di Milano.
Parliamone