Il decreto di fu realizzato riguardo le parole di questo Purim, e furono scritto nel libro (Estèr 9:32)

Ogni anno, il 14 di Adar, osserviamo la festa di Purim, onorando l’osservanza del giorno come è stato fatto per più di 2.300 anni. Leggiamo la “Meghillà di Estèr”, inviamo cibi agli amici, aumentiamo la Tzedacha per i poveri, facciamo un pasto festivo, colmo di cibo, vino e gioia incontenibile.

In origine però, c’erano due differenti concezioni di come il miracolo di Purim dovesse essere commemorato, propugnate dai due eroi e fondatori di Purim, Mordechai e Estèr.

L’osservanza delle mishloach manot (l’invio di porzioni di cibo), matanot la’evyonim (regali ai poveri) e mishet v’simchah (il banchetto e i festeggiamenti) furono proposti congiuntamente da Mordechai ed Estèr. Invece, il concetto di Meghilla venne solamente da Estèr: fu lei, e non Mordechai, che sostenne che la storia di Purim dovesse essere scritta su di un rotolo e inclusa tra i 24 libri della Torah scritta, e che questo resoconto scritto dovesse essere letto pubblicamente ogni Purim.

Un’altra differenza è che fu Mordechai, piuttosto che Estèr, che desiderava fare di Purim uno Yom Tov a tutti gli effetti, un giorno di riposo sabbatico come i primi e gli ultimi giorni di Pesach e Sukkot.

I differenti Purim immaginati da Mordechai e Estèr riflettono i loro rispettivi ruoli negli eventi di quel tempo. Mordechai personifica la fede nel proprio popolo, con il suo rifiuto di inchinarsi a Haman; fu lui a identificare la fonte della vulnerabilità di Israele nel decreto di Haman, lui che invitò il popolo ebraico a pentirsi e tornare a D-o, lui che li guidò nei tre giorni i digiuno e preghiera, radunando insieme al popolo migliaia di bambini ebrei e studenti di Torah per suscitare la misericordia divina. Estèr, d’altro canto, fu quella che rischiò la vita parlando al Re Achashveirosh del problema, che provocò la collera del re contro Haman e che prevalse su di lui facendo in modo che il re autorizzasse gli ebrei a difendersi contro i loro nemici.

Mordechai fu l’anima di Purim, Estèr ne fu il corpo. In altre parole Mordechai fu l’anima di Purim perché rettificò lo stato spirituale del suo popolo e li convocò per chiedere la salvezza divina. Estèr fu il corpo di Purim, quella che manipolò gli eventi fisici attraverso i quali la salvezza arrivò.

Così Mordechai si immaginava Purim come uno Yom Tov, un giorno in cui l’Ebreo rifugge da ogni attività creativa che possa essere compiuta nel mondo materiale, mentre Estèr lo vedeva come un giorno profondamente calato nella realtà fisica. E fu Estèr che insistette affinché la storia di Purim fosse messa per iscritto e letta ad alta voce ogni anno, mentre Mordechai pensava fosse sufficiente – come nelle parole della Meghilla - che fosse ricordata attraverso le Mitzvot che commemorano gli eventi, come nel caso delle altre feste. Per Mordechai era sufficiente che le generazioni future si ricordassero del miracolo osservando i rituali di Purim, mentre Estèr sentiva che gli eventi dovessero esseri perpetuati non solo come pensieri nella coscienza di Israele ma anche nella forma fisica scritta e verbalizzata delle parole.

(Questo è coerente con il pensiero cabalistico quando sostiene che lo spirito è l’elemento maschile della creazione mentre la parte fisica è rappresentata dagli elementi femminili. Perciò Mordechai si collegava agli elementi spirituali o “maschili” di Purim, mentre Estèr si identificava con la sua dimensione fisica o “femminile”.)

La Soluzione

Purim è la storia di Estèr, il suo miracolo, la sua festa. Quando l’osservanza di Purim fu istituzionalizzata dal Sinedrio, nel primo anniversario del miracolo, fu la visione di Estèr a prevalere: il Purim che osserviamo oggi è quello fisico di Eshter piuttosto che quello spirituale di Mordechai. Ed infatti, la sezione della Torah dedicata alla storia di Purim è chiamata “il libro di Estèr (la meghilla di Estèr)” non “la Meghilla di Mordechai” o “la Meghilla di Mordechai e Estèr” o “la Meghilla di Estèr e Mordechai”. Purim è decisamente la storia di Estèr, il Miracolo di Estèr, la festa di Estèr.

Perché Purim è la festa del corpo degli Ebrei. Anche Mordechai lo capì quando, insieme con Estèr, instituì una serie di mitzvot decisamente “fisiche” per Purim: doni di cibo e soldi, gioia raggiunta attraverso i banchetti e il bere.

Ad un livello più basico, ciò è dovuto al fatto che “il decreto doveva distruggere e uccidere il corpo del popolo ebraico…non la sua anima (come, per esempio fu nel caso del tentativo dei Greci al tempo di Chanukà)…da qui, la salvezza è commemorata attraverso mezzi fisici…”

Inoltre, la fisicità di Purim riflette la forma “naturale” del miracolo che commemora. Nessun mare si divide a Purim, nessun olio brucia otto volte tanto la durata potenziale, nessuna voce divina esce da una montagna in fiamme. Per un osservatore superficiale, gli eventi di Purim non sembrano nemmeno miracolosi, ma solo una serie di fortunate coincidenze. Infatti, il nome di D-o non è menzionato nemmeno una volta nella Meghillà di Estèr (!) – un’assenza totalmente coerente con la “sceneggiatura” da intrigo di palazzo che coinvolge un ministro malvagio, una bella regina e un re incostante. Mentre altre feste celebrano l’intervento sopranaturale di D-o nella storia per il bene del suo popolo, Purim esalta la mano di D-o celata nel mondo naturale. La divina provvidenza implicita anche nel più banale meccanismo della realtà fisica.

Una Materia di Essere

Ad un livello più profondo, la natura fisica di Purim è il cuore del suo contributo unico alla relazione tra D-o e Israele.

Saggezza comune vuole che lo spirito sia superiore alla materia. Il fisico è finito e temporale, mentre lo spirituale non è legato al tempo e allo spazio; il fisico è inerte, lo spirituale vibrante e trascendente. Tuttavia il corpo fisico si relazione alla verità divina in un modo che va al di là della portata dell’ampiezza della realtà spirituale.

L’anima dell’uomo fu forgiata ad “immagine di D-o”. Le sue qualità e le sue virtù – la sua intelligenza, la sua compassione, il suo senso della bellezza e dell’armonia – sono qualità divine, divini attributi riflessi nello spirito umano. Ma queste sono semplicemente qualità divine, piuttosto che vere espressioni dell’essenza di D-o.

Dire che D-o è saggio, compassionevole o armonioso è riferirsi ad un aspetto superficiale del Suo essere, totalmente estraneo alla divina essenza.

C’è comunque un elemento della creazione di D-o che riflette la quintessenza del suo essere: la realtà fisica. L’oggetto fisico è – inequivocabilmente e definitivamente. "Io sono" proclama "e il mio essere è totalmente definito dalla mia esistenza." Verosimilmente, ciò rende il fisico il più grande nascondiglio della verità divina, la più evidente negazione dell’assioma – proclamato da Mosè nel Deuteronomio 4:35 . “Non c’è nessun altro al di fuori di Lui”. Ma è precisamente per questa ragione che, in tutta la creazione, l’oggetto fisico è anche la più fondamentale espressione dell’essere divino. Perché nell’oggetto fisico abbiamo un modello per l’esistenza assoluta. Infatti, è solo come un analogo dell’essere del suo Creatore che l’oggetto fisico può possedere questa qualità, che, in essenza, è la prerogativa esclusiva del Divino.

Il nostro calendario è pieno di vie spirituali di relazione con D-o: l’esperienza di libertà di Pesach, la conferma della rivelazione sul monte Sinai a Shavuot, il timore reverenziale di Rosh HaShanah, la teshuva di Yom Kippur, la gioia sublinme di Sukkot e di Simcha Torah, la luce sottile di Chanukà. Ma una volta all’anno accediamo ad una dimensione della nostra relazione con D-o che nessuna esperienza spirituale può catturare. A Purim, è la nostra fisicità che afferma il nostro impegno con D-o, esprimendo la verità che l’essere definitivo del nostro corpo non è altro che il riflesso dell’essere assoluto di D-o

Di Yanki Tauber per gentile concessione di MeaningfulLife.com e Chabad.org. Traduzione della Scuola del Merkos di Milano.