Ci sono quattro mitzvòt che sono prescritte a Purìm. Queste mitzvòt sono state istituite dal Sanhedrìn e dai Profeti e sono:

1. leggere la Meghillàt Estér

2. fare un pasto abbondante e gioioso

3. regalare dolci (mishloàkh manòt)

4. dare regali ai poveri

Più tardi i saggi hanno stabilito di leggere il passo E `Amalek venne dalla Parashà di Beshallàkh, che parla della guerra contro `Amalek nel deserto, e di aggiungere la preghiera di `Al Hanissìm nell'`Amidà e nella Birkhàt Hamazòn. L'Hallèl, comunque, non si dice a Purìm; una prima ragione è perché la lettura della Meghillà è in se stessa una forma di Hallèl (lode) a Dio. Altri, invece, ritengono che non si debba recitare l'Hallèl per un miracolo avvenuto fuori dalla terra di Israele.

Sono proibiti sia i digiuni che gli encomi funebri, sia il quattordici che il quindici di Adàr,in tutti i luoghi. Chi è in lutto non deve manifestarne nessun segno pubblico in questi giorni (come sedersi per terra o togliersi le scarpe), ma osserverà solo gli aspetti privati del lutto, come farebbe di Shabbàt.

Sebbene il lavoro non sia proibito a Purìm, è bene astenersi da esso. I saggi dicono: «chi lavora a Purìm non ne trarrà nessun beneficio».

1) La lettura della Meghillà

È necessario leggere la Meghillà almeno due volte, una la sera e l'altra durante il giorno successivo. Per quanto riguarda la sera, la lettura può essere fatta dall'uscita delle stelle fino al sorgere del sole, mentre per quanto riguarda il giorno, la lettura può essere fatta dall'alba al tramonto.

La mitzvà della lettura della Meghillà è valida sia per gli uomini che per le donne.

La lettura della Meghillà ha la precedenza sull'adempimento di tutte le mitzvòt positive della Torà, perfino lo studio della Torà è sospeso durante la lettura. L'unica mitzvà che ha la precedenza sulla lettura è quella di seppellire un morto.

Si esce d'obbligo anche ascoltando la lettura della Meghillà poiché l'ascolto è considerato come se fosse una lettura. Chi ascolta, però, deve stare bene attento a sentire ogni parola perché, altrimenti, non uscirebbe d'obbligo.

Le benedizioni recitate sulla Meghillà

Prima e dopo la lettura della Meghillà si devono recitare alcune benedizioni che si trovano stampate in tutti i prontuari di preghiera. Solo chi legge la Meghillà dovrà recitare queste benedizioni mentre chi ascolta deve limitarsi a rispondere Amèn a conclusione di ognuna di esse. È usanza riavvolgere il rotolo della Meghillà dopo averla letta e prima di recitare l'ultima benedizione perché è considerato irrispettoso lasciare la Meghillà aperta.

Nelle comunità sefardite, le benedizioni suddette non vengono recitate quando la Meghillà è letta solo per le donne.

2) Festeggiare e gioire

La seconda mitzvà è quella di fare un pasto abbondante e pieno di gioia.

La Seudà (pasto) deve includere carne e vino. Deve essere fatta durante il giorno, altrimenti non si esce d'obbligo. È usanza cominciare questa Seudà di pomeriggio, dopo aver recitato la preghiera pomeridiana, e poi continuare fino a sera.

Durante il banchetto è bene bere del vino, poiché questa bevanda porta allegria. I saggi hanno ordinato che si deve bere fino a raggiungere una leggera ubriachezza, ossia fino al punto in cui non si distingue la differenza fra le parole «maledetto sia Hammàn» e le parole «benedetto sia Mordekhài». Ma se si ha paura che ciò possa arrecare un danno alla propria salute o che possa portare all'esecuzione di atti irresponsabili, allora si è esentati dal bere.

Il significato del pasto festivo di Purìm

Vi sono vari motivi per cui i Maestri hanno istituito l'obbligo di un banchetto a Purìm. Secondo lo Zohàr, a Purìm impariamo che si può raggiungere la stessa elevazione spirituale che si ottiene a Yom Kippùr, con la grande differenza che, mentre a Kippùr affliggiamo il corpo con la rinuncia al cibo, a Purìm si sottolinea la necessità del piacere materiale e fisico e il suo potenziale nel compiere le mitzvòt. Anche il cibo, o il sonno o il rapporto sessuale e qualsiasi altro godimento corporeo, se posto al servizio di Dio, può dare all'uomo una veste di santità e purezza.

Secondo un altra tradizione rabbinica, attraverso il banchetto di Purìm, accompagnato da discorsi di Torà e da benedizioni, ogni ebreo corregge l'errore commesso dal popolo ebraico residente a Shushàn, che all'epoca del re Akhashveròsh si radunò nel palazzo reale per godere del banchetto offerto loro dal re e che, secondo il Talmùd, scatenò l'ira divina.

3) Regali ai poveri

È mitzvà dare due regali a due poveri, uno ciascuno, a Purìm. Anche una persona povera che vive di carità è obbligata a osservare questa mitzvà. Si esce d'obbligo attraverso ogni tipo di regalo: cibo e bevande, soldi, vestiti. Se il regalo è in denaro, l'ammontare deve mettere in grado il povero di comprarsi del pane sufficiente almeno per un pasto. Questi regali devono essere dati in tempo per permettere alla persona povera di usufruirne a Purìm, ma non possono essere dati prima di Purìm.

Questa mitzvà è valida anche per le donne.

4) Scambiarsi doni di cibo fra amici

È obbligatorio mandare un regalo ad almeno un amico. Questo dono consiste in almeno di due tipi di cibo. Scambiarsi doni è una mitzvà che vale sia per gli uomini che per le donne e deve essere compiuta durante il giorno di Purìm. Per uscire d'obbligo, lo si deve dare a una persona fuori dal nucleo familiare, uomini a uomini e donne a donne; si deve dare del cibo che può essere consumato senza ulteriori preparazioni come: piatti di carne o di pesce cucinati, cibo bollito, caramelle, dolci, frutta, vino o altre bevande. Non si esce d'obbligo regalando soldi ed è preferibile mandare questi regali a più amici possibile.

Anche i poveri sono obbligati a compiere questa mitzvà.

Sarebbe meglio che la consegna di questi regali fosse fatta da terzi, e non personalmente come avviene solitamente per tutte le altre mitzvòt, perché è l'espressione stessa Mishloàkh Manòt (mandare cibi) usata nella Meghillà che lo indica.

Le persone che sono in lutto per la perdita di un genitore o nei trenta giorni di lutto per la perdita di un coniuge, fratello/sorella o figlio D-o non voglia, non sono esenti dalle mitzvòt di Purìm. Non si danno i mishloach manòt all'individuo in lutto, ma li si possono dare alla famiglia.