La festa di Purìm celebra i miracoli che portarono alla salvezza del popolo ebraico dal decreto di morte di Haman nel 356 a.e.v. Pur essendo d'esilio, l’epoca in cui esplose il dramma narrato dalla Meghillà non era caratterizzata da persecuzioni per il popolo ebraico, bensì da pace e di prosperità quasi insolite. Gli ebrei occupavano posti di notevole importanza nella società e addirittura nel governo. Mordechai, il capo del Sinedrio, era un ministro della corte di Assuero ed Ester era la regina.
Gli ebrei si sentivano quindi a proprio agio, sicuri della stabilità della coesistenza con i popoli dei paesi ove risiedevano.
Fu tuttavia proprio da questa situazione idilliaca che emerse un decreto dalle proporzioni terribili quanto inattese. Un decreto che voleva l’annientamento dell'intero popolo colpevole solo di "essere disperso fra le nazioni" e tuttavia di mantenere salda la propria unità e identità.
Il Talmud (Pessachìm 87b) afferma che D-o sparge il popolo ebraico tra molte nazioni, affinché, qualora un decreto minacci gli ebrei di un determinato paese questi potrebbero trovare rifugio e accoglienza presso i fratelli residenti altrove. Nel corso della storia questa realtà di fatto contribuì a garantire al popolo ebraico la sua continuità. A Purìm, tuttavia, non fu questo il caso. Tutto il popolo ebraico si trovava braccato da un'unica giurisdizione, in serio pericolo e senza via di scampo, proprio all'apice di un periodo di prosperità.
Come spiegare quindi questo paradosso? È la storia stessa a insegnarci che D-o non applica al popolo ebraico le regole della natura. Questa realtà emerge anche dallo svolgersi degli eventi che avrebbero poi portato alla salvezza: invece di organizzare una missione diplomatica per trattare con il re, Ester richiede a Mordechai di osservare assieme al popolo un lungo digiuno e di pregare per compiere, tutti assieme, l'importante passo della teshuvà (ritorno, pentimento).
La regina stessa osservò questo digiuno, nonostante non potesse che intaccarne la grandiosa bellezza fisica che il re, al quale ora si rivolgeva con la richiesta di salvare il popolo ebraico, tanto aveva dimostrato di apprezzare.
Così come il decreto stesso era privo di senso nel contesto storico e nella naturale successione degli eventi, anche la salvezza, il miracolo, trascendeva le regole della natura.
La lezione di Purìm è valida per tutti noi, oggi come ieri. Qualora ci troviamo ad affrontare prove più o meno ardue che ci minacciano come popolo o come singoli, non dobbiamo dimenticare che pur non trascurando i mezzi "naturali" la vera forza si cela nel nostro legame con D-o e nella nostra fede nella Sua salvezza.
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