La liberazione dall’Egitto, che è alla base della festività di Pesach, è legata al korban Pesach, l’offerta dell’agnello pasquale. L’agnello fu sacrificato, e poi mangiato, in ogni famiglia, come racconta il brano della Torà della parashat Hachodesh.

L’esodo dall’Egitto non fu solo la liberazione di numerosi individui, ma la liberazione di un popolo. Ebbe inizio con la dichiarazione divina: ho visto le sofferenze del mio popolo (Esodo 3, 7) cui fece seguito la richiesta: lascia partire il mio popolo (Esodo 5, 1) e il comando impartito a Moshe: Fa uscire il mio popolo, i figli di Israele dall’Egitto (Esodo 3, 10). Di conseguenza il Korban Pesach dovrebbe porre in rilievo il tema nazionale, l’idea della collettività e della Comunità, ma non è così. È vero che tutta la congregazione di Israel aveva ricevuto l’ordine di offrire, insieme, il sacrificio, ma le istruzioni dicevano che ogni casa doveva avere il suo agnello; ogni ebreo veniva scelto individualmente e contato affinché potesse partecipare al consumo del Korban Pesach ed ogni persona doveva stare nella sua casa, o compagnia, mentre veniva consumato il sacrificio pasquale (Esodo 13, 3; 12, 47).

Il Korban Pesach ci insegna che perfino un progetto comunitario deve cominciare con l’individuo, la famiglia e l’ambiente che lo circonda. Inoltre non sono le cose generali e le risoluzioni di grande portata che dovrebbero attirare la nostra attenzione, ma i piccoli doveri della vita quotidiana. Soltanto così si raggiungerà l’affrancamento dell’individuo e della Comunità.

(Da una lettera del Rebbe di Lubavitch, dell’11 nissan 5724; tradotta in Il Pensiero della Settimana, a cura del rabbino Shmuel Rodal).