La parashà di Tzàv riferisce in dettaglio il Servizio da svolgersi nel Santuario. Ogni compito in relazione al Santuario e al suo funzionamento era svolto dai discendenti della famiglia di Aronne, i kohanìm, (sacerdoti). Sembrerebbe, quindi, che tutto ciò che è detto in questi passi del libro di Levitico sia di scarsa rilevanza per coloro, tra il popolo, che non sono diretti discendenti di tale famiglia. In verità, però, tutto il popolo ebraico è considerato popolo di sacerdoti, come dice il versetto: Voi sarete per me un reame di sacerdoti, una nazione santa (Yitrò 19, 6). Ciascun dettaglio relativo al Servizio da svolgersi nel Santuario costituisce, dunque, un’istruzione per noi tutti riguardo al modo in cui condurre la vita e accostarci sempre più al Sign-re.

Uno tra i compiti portati a termine nel Santuario consisteva nel togliere e portare via la cenere che si accumulava sull’Altare (Tzav 6, 3-4). Prima di tutto il sacerdote deve rimuovere l’accumulo di cenere in cui il fuoco avrà consumato l’olocausto sull’Altare per porlo presso l’Altare stesso, a est della rampa che conduce alla sua sommità. Terminato ciò, che costituisce il rituale di apertura del Servizio quotidiano, il Sacerdote cambia l’abito che reca le insegne sacerdotali con un altro, che lo distingue meno, e porta ciò che ha raccolto della cenere fuori dall’accampamento, in un luogo puro.

Il motivo del cambio d’abito sembra essere chiaro: rimuovendo la cenere probabilmente il sacerdote avrebbe sporcato i suoi abiti che non sarebbero più stati, in questa condizione, appropriati e neppure rispettosi. Un rapido sguardo ai compiti che spettavano al sacerdote durante il Servizio, tuttavia, mostra come, in altre circostanze, la sue vesti non fossero affatto più “pulite”. Era sua incombenza, infatti, macellare gli animali per i sacrifici, raccoglierne il sangue, spruzzare con questo l’altare e, infine, rimuovere la cenere: chiunque può immaginare facilmente in che stato fossero ridotti gli abiti sacerdotali dopo tutto ciò! Perché allora il Sacerdote doveva cambiarsi d’abito per prendere la cenere, ormai posta fuori dal recinto Sacro, e portarla fuori dall’accampamento?

Per rispondere a questa domanda Rashì introduce un paragone: sicuramente un servitore non indossa sempre il medesimo abito in ogni circostanza in cui serve il suo signore. Quando si trova alla sua presenza sicuramente il suo contegno e il suo aspetto sono improntati al massimo riguardo e al più alto rispetto. Ugualmente la Torà vuole sottolineare una differenza tra il servizio svolto all’interno del Santuario, in diretta prossimità con la Presenza Divina, e il servizio svolto all’esterno, dove la Presenza Divina non è manifesta in tal modo.

Forse potrebbe sembrare più appropriato che un altro Sacerdote si avvicendi al primo, prendendo la cenere e portandola fuori dall’accampamento. In fin dei conti in una dimora regale il ruolo di cuoco e quello di valletto, generalmente, non sono espletati da due persone differenti? Tuttavia il fatto che proprio lo stesso Sacerdote porti a termine sia i compiti da svolgere all’interno sia quelli all’esterno, permette di fare una riflessione sul vero significato del Servizio Divino.

Spesso sembra che determinati ruoli nella vita siano coronati da distinzione e rispetto. Li si svolgono mantenendo un atteggiamento di riguardo e indossando abiti costosi. Quando, poi, si è chiamati a svolgere una mansione ci si sente gratificati dal prestigio e dall’importanza che tale riconoscimento comporta.

Ci sono altre cose, invece, cui si tributa assai minore importanza, perché sono ritenute inferiori. Poiché si eseguono, come dire, lontano dalle luci della ribalta, non gratificano affatto l’ego, cosa che sicuramente avviene, invece, quando si ricopre una carica pubblica. Generalmente si cerca di non svolgere affatto queste mansioni o, al limite, le si compiono fino in fondo, ma con totale disinteresse e, forse, anche brontolando in po’. In fin dei conti, se paragonate alle prime, che portano celebrità, cosa vi si può trovare che sia di stimolo e le renda accattivanti?

Colui che serve D-o dal cuore con sincerità sa bene come gestire, rapportarsi, e quindi, comportarsi in entrambe le situazioni. E ben comprende, inoltre, la necessità che una sola persona, per essere completa, sia obbligata ad accettarle e a svolgerle con pari ardore. Egli può passare, quindi, senza sforzo dal Servizio svolto dentro il Santuario, luogo in cui la Presenza Divina è così palpabile e manifesta, a occupazioni più mondane che lo allontanano dal centro della Santità per calarlo nel mondo di tutti i giorni. Si trova a suo agio in entrambe le situazioni e pone lo stesso fervore nel portare a termine sia gli uni che gli altri atti, perché capisce che tutto ha uguale importanza affinché si compia il Volere Divino. La sua gratificazione deriva dal sapere che sta agendo, in ogni caso, al fine di rendere confortevole la dimora di D-o sulla terra.

Il medesimo insegnamento si può applicare ai rapporti interpersonali. Ci sono persone “importanti” che, sempre occupate, sono al centro dell’interesse generale e dei discorsi di tutti: stare insieme a loro gratifica e stimola. Ci sono altri, invece cui si pensa come a dei reietti, patetici rifiuti della società che muovono a compassione. Essi desidererebbero essere ascoltati, ma si ha sempre poco tempo e scarsa pazienza nei confronti delle loro richieste. Dopo tutto si hanno cose ben più importanti da fare che occupano tutto il tempo a disposizione!

Scendere al loro livello equivale a cambiarsi d’abito, coinvolgendo tutta la propria persona e tentando di vedere il mondo dal loro punto di vista, si tratta, in verità, di una cosa semplice, ma necessaria al fine di rendere completo il servizio nei confronti dei propri simili e cioè nei confronti di D-o.

D-o si pone in relazione a ciascuno di noi in modo analogo. Proprio come a qualcuno possa sembra di “abbassarsi” per giungere a un’altra persona, così fa il Signore quando si volge a noi per ascoltare i nostri desideri, i desideri e le preghiere di tutti, in qualunque modo e in qualsiasi momento si presentino. Questo si sperimenterà molto presto, in un futuro assai prossimo, quando D-o condurrà personalmente ciascun individuo, prendendolo per mano, fuori dal proprio esilio personale, verso la Redenzione completa.