Shavuòt, il giorno del Dono della Torà, viene anche evocato come il “giorno il cui Israele accettò le Assèret HaDibròt” – i Dieci Comandamenti.

La “Torà” non significa “Legge” bensì insegnamento. Quello che serve nella nostra vita quotidiana. Essa funge da ponte tra l’Essenza Divina e l’Uomo.

L’evento al Sinai fu spettacolare e impressionante, accompagnato da voci celesti e da suoni strepitosi, da tuoni e fulmini. Potremmo interrogarci sulla necessità di tutto questo frastuono per un Decalogo che non è altro un insieme di leggi che devono regolare tutte le società. In parte, perlomeno, c’erano già nei codici babilonesi, egizi, indiani e cinesi. Pertanto, dobbiamo ammettere che il peso delle Dieci Parole non è dovuto solo al suo contenuto ma anche alle circostanze particolari nelle quali furono trasmesse. Il comandamento “non uccidere” non è un ordine impartito da un capo locale al fine di evitare faide sanguinarie inutili; è il comandamento di un D-o Onnipotente ed è ciò che gli conferisce forza e significato. Trasgredire qualsiasi precetto divino significherebbe innanzitutto sfidare Hashèm - il Sig-re, e solo in seguito arrecare danni alla società umana. Conscio di questa verità, l’uomo potrebbe lasciarsi prendere dalla disperazione e domandarsi: “Che cosa Gliene importa, a D-o, di noi, residenti nella polvere?” Sbaglia chi pensa che si tratta di un concetto moderno: è un’idea innumerevolmente reiterata nelle Scritture ed è un interrogativo fondamentale di tutte le religioni.

Il Contatto con D-o

In realtà, il messaggio profondo delle Assèret Hadibròt è la risposta a questa sensazione di insignificanza dell’uomo; è il nocciolo dell’appuntamento al Sinai, com’è scritto: «Ecco, il Sig-re nostro D-o ci ha manifestato la Sua gloria e la Sua grandezza e abbiamo udito la sua voce emanata dal fuoco: abbiamo visto, questo giorno, che Do ha parlato con l’uomo e questi vide (Deuteronomio 5:21)». L’importanza dell'evento è il contatto che D-o ha reso possibile scendendo sul monte Sinai.

Per cominciare questo “contatto” occorreva uno stato mentale ricettivo – “faremo e ascolteremo”. Tuttavia, il senso intrinseco di questa dimostrazione d’impegno si rivelò solo in seguito, come fu espresso da Mosè quarant’anni dopo, quando, congedandosi dal popolo, disse: «E D-o no vi ha dato un cuore per sapere, occhi per vedere e orecchie per udire fino a questo giorno (Deuteronomio 29:3)». Tant’è vero che solo nelle generazioni successive fu possibile ritenere che il figli di Israele avevano sviluppat un cuore in grado di conoscere la Legge elaborata per loro.

Unione Assoluta

Questo principio non è solo un mezzo metaforico per affermare un concetto, è un tema ricorrente dei Testi. Si può affermare che la Torà intera è un racconto dettagliato dei conflitti e delle riconciliazioni nel processo della sua accettazione. Il tempo è indispensabile affinché un insegnamento veramente rivoluzionario venga completamente assorbito. A tal fine è ovviamente necessaria una lunga sequenza di fasi per svolgere una funzione tanto complessa. Nella storia di Israele, si può ritenere che solo all’epoca del secondo Bet haMikdàsh, il Santuario, il popolo nella sua globalità accettò la Torà come modus vivendi obbligatorio. Da quell’epoca fino ai nostri giorni non esistono più serie dissensioni tra ebrei e Torà. Insieme formano un’entità indissolubile.

Tratto da Likutè Sichòt