Qual è il momento migliore per ammonire i propri figli? Molti rimarrebbero sorpresi, forse, dal punto di vista esposto nella Parashà di questa settimana, la prima del quinto libro della Torà, nella quale Moshè inizia a congedarsi per sempre dal popolo, i suoi figli spirituali, facendo degli ammonimenti.


Rashì sottolinea questo fatto dicendo che "Moshè non li ammonì se non prima della sua morte. Da chi imparò [questo comportamento]? Da Ya'akòv... e anche Yehoshua (Giosuè) non li ammonì se non prima della sua morte, e anche Shemuèl...e così anche David si comportò con il suo figlio Shelomò..."

Rashì continua spiegare le varie motivazioni per le quali il momento del congedo è quello ideale per l'ammonizione genitore-figli o maestro-allievi, tra cui la mancanza di interesse personale ed altre motivazioni; ma la domanda sorge spontanea.

Chiunque avesse seguito la lettura della Torà settimanale avrebbe sicuramente notato varie altre situazioni in cui gli ebrei sono stati ammoniti, anche fortemente, da Moshè! Partendo da subito dopo l'uscita dall'Egitto quando si sono trovati con gli egizi dietro e il mare davanti ed hanno detto "mancavano forse delle tombe in Egitto?!" e molti altri esempi.

Come si fa, quindi, a dire che Moshè non li ammonì se non prima di morire?

La spiegazione:

Tutti gli ammonimenti che troviamo finora nella Torà da parte di Moshè sono stati espressi come risposta o reazione ad una situazione che si stava svolgendo in quel momento. Ossia, non si trattava di insegnamenti di vita o lezioni con istruzioni generali, ma di reazioni in tempo reale. Questo comportamento, nella halachà, si chiama "le'afrushe me'issura", ovvero il dovere di distogliere, separare, la persona da un "reato" che sta commettendo.

Gli ammonimenti della nostra Parashà non entrano in questa nuova categoria, poiché non trattano un problema accaduto o in corso il quel momento.

Moshè ricorda molti eventi dei quarant'anni trascorsi dall'Esodo fino a quel punto. Nello specifico ci sono tre elementi in questi ammonimenti: 1) L'accaduto è avvenuto tempo addietro. 2) Non si tratta di un solo problema ma di varie situazioni problematiche. 3) Gli ammonimenti non sono rivolti a chi ha commesso i reati, i quali sono già morti nel corso dei quarant'anni, bensì ai loro discendenti che entreranno nella Terra.

Per questo Rashì dice che Moshè non li ammonì se non prima della sua morte.

L'ammonimento non è quindi un modo per riprendere chi sta sbagliando. È uno strumento per guardare il passato e partire bene per il futuro.

Basato su un discorso del Rebbe di Lubavitch. Parashà Devarìm, 5747 (1987)