Insegnano i Maestri che tutto il creato è espressione della Torà; nello Zohar è scritto: D-o guardò la Torà e creò il mondo. Il sabato è il giorno in cui D-o si riposò dopo la creazione: … nel settimo giorno D-o completò il lavoro che aveva fatto… cessò nel settimo giorno da tutto il lavoro che aveva fatto. D-o benedisse il settimo giorno e lo santificò poiché in esso aveva cessato la sua opera…(Genesi 2, 2-3).

La citazione sottolinea che, senza la cessazione del settimo giorno, la creazione non sarebbe stata completa. Nel complesso rapporto conflittuale tra spirito e materia, lo Shabbat pone una tregua; e come l’uomo riposa dopo sei giorni di lavoro, anche la terra ha il suo Shabbat: l’anno di Shemittà, l’anno sabbatico, che cade ogni settimo anno e durante il quale non si devono coltivare i campi. Poiché durante un ciclo settennale ricorrono mediamente 364 sabati, quanti sono i giorni di un anno, lo Shabbat della terra dura un anno intero; ovvero, la terra e l’uomo devono astenersi dal lavoro compatibilmente con i propri ritmi vitali.

Se lo Shabbat ricorre ogni sette giorni per l’uomo, e l’anno sabbatico ogni sette anni per la terra, Yovel, il Giubileo, si compie ogni sette anni sabbatici. I Maestri hanno inoltre individuato Yovel Hayovelim (il Giubileo dei Giubilei), ogni 2500 anni; l’edificazione del Mishkan iniziò nell’anno 2448 dalla creazione del mondo, quasi in coincidenza con Yovel Hayovelim.

A proposito del numero sette e dello Shabbat, riportiamo il seguente midrash:

Disse rabbi Simeone ben Yochày: «Quando fu terminata l’opera della creazione, il Sabato (il Settimo Giorno)si lamentò: “Signore dell’universo, tutto quel che hai creato è fatto a coppia: e a ogni giorno della settimana Tu hai concesso un compagno; soltanto io sono rimasto solo”. E D-o gli rispose: “La Comunità di Israele sarà il tuo compagno”».

Esaminando con attenzione il passo di Genesi che tratta della creazione del mondo, si nota che ogni giorno della creazione corrisponde parallelamente a un altro, formando una coppia.

Infatti:

1° giorno: D-o crea la luce.

4° giorno: D-o crea il sole, la luna, le stelle ecc.

2° giorno: D-o crea il mare e il cielo.

5° giorno: D-o crea i pesci e i volatili.

3° giorno: D-o crea la terra con la vegetazione.

6° giorno: D-o crea gli animali della terra e l’uomo.

È ovvia quindi la corrispondenza: sia nel primo giorno sia nel quarto D-o crea la luce.

Nel secondo giorno viene creato il cielo e la terra, che serviranno anche per i pesci e i volatili, creati nel quinto.

Nel terzo giorno D-o crea la terra con la vegetazione, che servirà come nutrimento all’uomo e agli animali, creati nel sesto.

Per cui l’obiezione dello Shabbat è legittima.

Sennonché risponde D-o: lo Shabbat ha un compagno più importante, il popolo ebraico, con il quale forma un’unione mistica.

Sull’importanza delle sequenze numeriche, del sette, dei suoi multipli e del cinquanta, riportiamo ora alcuni brani tratti da uno scritto di rav Riccardo Di Segni (Rav Riccardo Di Segni, Santificherete il Cinquantesimo Anno (Levitico. 25, 10). Per gentile concessione del sito www.menorah.it).

Fin dalle sue origini l’ebraismo ha dato un gran valore simbolico ai numeri. La storia della creazione del mondo, con cui si apre il racconto della Genesi, è tutta costruita sul ritmo del sette, finalizzata all’istituzione e alla consacrazione del Sabato…

È stato osservato che l’ebraismo è una religione e una cultura che si distingue dalle altre per aver costruito i suoi monumenti non nella dimensione spaziale ma in quella temporale. Per questo rilievo dato al tempo diventa essenziale non solo la sua misurazione, ma anche la sua classificazione, in cui si stabiliscono frequenze e ricorrenze, e una gerarchia di importanza e di sacralità.

Ciò significa che la suddivisione del tempo scandita dalle cadenze festive è determinata da elementi che ne stabiliscono la qualità e il valore. Questi elementi sono rappresentati dai numeri, le cui sequenze rimandano a significati simbolici particolari. Poiché il numero sette si riferisce all’istituzione dello Shabbat, la ricorrenza dei cicli di sette anni acquista una sacralità particolare. Rav Di Segni prosegue così:

Nella misurazione del tempo… convivono, fin dalle origini, diversi sistemi; da quello delle decine a quello del sei e quello del sette. Il sei, o meglio il 60 (6 x 10), ricorre ad esempio nelle antiche genealogie da Adamo a Noè (cap. 5 della Genesi), dove le cifre sono multipli alti del 60 con l’aggiunta di piccoli multipli del 7. Così come ricorre il numero 127 (60 x 2 + 7) nella vita della matriarca Sara (Genesi 23, 1) e nel numero delle province persiane nella storia di Ester (Ester 1, 1; 5, 9; 9, 30).

Nella coesistenza di diversi sistemi il numero 50 viene ad assumere un’importanza particolare, come punto d’incontro di multipli differenti: 5 x 10 o 100: 2, e soprattutto 7 x 7 + 1 [dove l’uno è il numero sacro per eccellenza poiché identifica il Creatore ]. Per questa particolarità la parola “cinquanta” (chamishìm) è molto frequente nella Bibbia comparendo quasi 150 volte, e… il numero 50 ricorre in numerose situazioni storiche e rituali, cariche di significati speciali: 50 sono i giusti che Abramo pensa di trovare a Sodoma, all’inizio della sua supplica-discussione con D. (Genesi 18, 24); i capi del popolo sono ordinati per gruppi di 10, 50 ecc. (Esodo 18, 21); nel tabernacolo ritorna con insistenza la misura di 50 braccia (Esodo 26 e 36)… In termini mistici il dono della Torà sul Sinai è una sorta di vincolo nuziale tra D. e la comunità di Israele, e ciò è avvenuto dopo 50 giorni dalla liberazione dall’Egitto…

Lo schema del 7 x 7 + 1 si ripete nell’istituzione del Giubileo (Levitico 25, 10), [che ricorre ogni] sette “sabati” di anni, cioè sette gruppi di sette anni…

Ora se si prende all’inizio del libro della Genesi la prima tau (che sta alla fine della parola bereshìt, lett. in principio) e si cerca la lettera successiva a 50 lettere di distanza, e quindi quella dopo ancora a 50 lettere e così di seguito, le prime quattro lettere trovate formano la parola Torà. Un caso? Si proceda allo stesso modo per il libro successivo, l’Esodo, dove la prima tau sta alla fine della parola shemòt (lett. i Nomi) e il risultato sarà identico. Reperti analoghi, con qualche differenza di struttura, si hanno anche negli altri tre libri [della Torà]. Come a dire: il numero 50 richiama la Torà.

Tratto da: Il Giubileo Rigenerazione della Terra e dell’Anima, Lulav 2001