Tishà beAv, il nono giorno del mese di Av, è il giorno più triste del calendario ebraico, nel quale sono stati distrutti i Templi di Gerusalemme.

Che cosa è successo il 9 Av?

Nel 1313 AEV: Le spie tornarono dalla Terra Promessa con resoconti spaventosi e gli Israeliti divennero riluttanti ad entrare nella terra. Di conseguenza il Sign-re decretò che essi vagheranno nel deserto per 40 anni. Altre info.

Entrambi i Templi di Gerusalemme furono distrutti in questo giorno. Il Primo Tempio fu bruciato dai Babilonesi nel 423 aev ed il Secondo Tempio cadde per mano dei Romani nell’anno 70 ev, scatenando un periodo di sofferenza dal quale il nostro popolo non è ancora uscito completamente.

La rivolta di Bar Kochvà contro i Romani nel 133 ev finì con la sua sconfitta. Gli ebrei di Betar furono trucidati nel 9 di Av, ed il Monte del Tempio fu raso al suolo e arato un anno dopo.

Più avanti nella storia del nostro popolo, accaddero numerose tragedie in questo giorno, tra cui l’espulsione degli ebrei dall’Inghilterra nel 1290 e dalla Spagna nel 1492.

Come si osserva Tishà beAv?

Il digiuno inizia al tramonto del 8 di Av e finisce al crepuscolo della notte seguente (quando il 9 di Av coincide con Shabbat il digiuno viene posticipato per un giorno). Durante questo giorno non:

  • si mangia né si beve
  • non si indossano scarpe di pelle
  • non ci si lava né si fa un bagno, lavando le mani solo fino alle nocche quando necessario
  • si mettono creme o unguenti
  • si hanno rapporti intimi
  • ci si siede su una sedia di altezza classica, fino a chatzòt (quando il sole arriva al suo apice)
  • si studia Torà (tranne quelle parti tristi che trattano della distruzione dei Templi )
  • si mandano regali né si saluta il prossimo (si può invece rispondere ad un saluto)
  • si fanno viaggi né attività di svago
  • non si indossano vestiti eleganti

Per altre info vedi: Le osservanze del giorno

Cosa si fa in questo giorno?

La proibizione di studiare Torà, tranne il materiale che riguarda la distruzione del Tempio o altri avvenimenti tristi, inizia a mezzogiorno della vigilia del digiuno. Poco prima dell’inizio del digiuno si mangia la seudà mafseket, il pasto separatorio. È un pasto semplice che si mangia seduti su uno sgabello basso, molti usano mangiare zuppe di lenticchie o verdure seguito da un pezzo di pane e un uovo sodo intinto in cenere, un simbolo di lutto.

Il pasto deve essere terminato prima del tramonto, quando tutte le leggi di Tishà beAv vanno in effetto.

Si prega in sinagoga, molti usano abbassare o spegnere le luci. In seguito alle preghiere serali si legge il libro di Echà, Lamentazioni.

Di mattina si prega la preghiera del mattino, gli uomini non indossano il tallìt e i tefillìn, filatteri perché sono considerati ornamenti. Durante la mattinata si leggono le kinòt, elegie che ricordano le tragedie avvenute al nostro popolo.

È permesso lavorare di Tishà beAv ma non consigliato se possibile. In questo giorno si dovrebbe focalizzarsi sul lutto e il pentimento. Se non si ha scelta e si deve lavorare, è preferibile iniziare dopo chatzòt, il mezzogiorno secondo la legge ebraica.

È usanza dare tzedakà, carità in questo giorno, come anche in altri giorni di digiuno.

Dopo chatzòt, è permesso sedersi su sedie e si indossano il tallìt e i tefillìn durante la preghiera del pomeriggio.

In molte comunità si usa pulire la casa e lavare il pavimento (sempre dopo chatzòt) come segno di aspettativa per l'arrivo del Messia, che aspettiamo con ansia.

Altre leggi e osservanze importanti del giorno si trovano a questo link Ordine del giorno

Dopo il digiuno

Dopo il calar del sole e prima di rompere il digiuno si fa la netilàt yadayim, il lavaggio rituale delle mani coprendo la mano intera con acqua, senza dire la benedizione. Si mangia il pasto del giorno che deve essere senza carne e pollo. Questo perché il Tempio è bruciato fino al giorno dopo, il 10 di Av, per cui le restrizioni del 9 di Av si applicano fino a chatzòt.



La gioia nella tristezza

Nonostante il lutto c'è anche un aspetto di gioia e conforto in questo giorno. Infatti la lettura di Echà, Lamentazioni, finisce con il verso "Riportaci a Te, o Sign-re, affinché possiamo essere ripresi! Rinnova i nostri giorni come un tempo".

Non per caso che le Scritture parlino di questo giorno come un moed, un giorno di festa e non si dicono perfino le preghiere penitenziali che si dicono in giorni feriali. Che arrivi presto il giorno quando potremo percepire con i nostri occhi come le sofferenze patite erano meramente un preludio per un periodo colmo di bontà e felicità, con l'arrivo del Mashiach, il Messia amen.