È una delle affermazioni che sentirete di continuo nel mondo ebraico: l'odio gratuito distrusse Gerusalemme. Risolvi il problema dell'odio e Gerusalemme sarà ricostruita.

La fonte è un brano del Talmud (Yomà 9b). Innanzitutto il Talmud descrive la situazione che portò alla prima distruzione di Gerusalemme e il suo Tempio per mano degli assiri: idolatria, omicidi e adulterio. Poi i Saggi si chiedono - e nella domanda si sente la loro agonia ed angoscia: "E durante il periodo del Secondo Tempio, quando si occupavano della Torà, le mitzvòt e atti di gentilezza, perché fu distrutto? Perché vi era l'odio gratuito".

Leggete attentamente. Gli ebrei non stavano semplicemente studiando la Torà, osservando le mitzvòt e compiendo atti di gentilezza, ma erano totalmente presi ed immersi in queste cose come se fossero la loro attività primaria.

Tutte le prove storiche che abbiamo dimostrano che quella era un'epoca durante la quale lo studio della Torà era fiorente, accompagnata da molti, molti atti positivi.

Non era proprio il bagno di sangue di una lotta interna e odio per i quali uno si aspetterebbe duemila anni d'esilio.

Il mistero si approfondisce. Vi è una (solo una) storia per illustrare quell'odio gratuito; lo troviamo nel Talmùd (Ghittìn 55b).

"A causa di Kamtza e Bar Kamtza Gerusalemme fu distrutta. Vi era un uomo che aveva un amico di nome Kamtza e un nemico di nome Bar Kamtza. Quest'uomo fece una festa. Disse al proprio assistente "Vai a portarmi Kamtza".

Invece, l'assistente portò Bar Kamtza. Quando l'uomo trovò Bar Kamtza presente alla festa gli disse: Un momento! Io e te siamo nemici. Che cosa fai qui? Alzati e vattene!

Bar Kamtza rispose: Visto che sono già qui, fammi rimanere ed io ti pagherò per tutto ciò che mangio e bevo.

L'uomo rispose: No!

Bar Kamtza rispose: Pagherò per la metà dell'intera festa.

L'uomo rispose: No!

Pagherò per l'intera festa!

Ancora: No!

E poi l'uomo prese Bar Kamtza e lo buttò fuori dalla propria festa.

Bar Kamtza disse: I rabbini di Gerusalemme erano presenti e non hanno protestato. Vuol dire che erano contenti del fatto che sono stato buttato fuori!

A quel punto Bar Kamtza ideò un modo per calunniare il proprio popolo e convinse l'imperatore romano che gli ebrei stessero progettando una rivolta. Entro tre anni, Gerusalemme fu trasformata in una rovina, il Monte del Tempio fu appiattito e il nostro lungo e arduo esilio ebbe inizio.

Ora, aspettate un attimo:

È molto bello che i rabbini si assumono la responsabilità del disastro e se ne assumono la colpa. Cosa molto ebraica, tra l'altro...

Certo, l'indifferenza è imperdonabile.

Ma permettetemi di porre tre semplici domande:

1) Per questo Gerusalemme doveva essere distrutta? Questo era il peccato più grave che si poteva trovare al momento?

2) L'episodio non allude a chi fosse l'oste e chi fossero i rabbini muti. Si citano solamente due nomi: Per causa di Kamtza e Bar Kamtza Gerusalemme fu distrutta. Ebbene, sicuramente Bar Kamtza non era proprio una persona così affettuosa; non è il classico vicino di casa aspro che va poi a diffamare un intero popolo davanti all'imperatore perché si è sentito offeso.

Ma Kamtza, che cosa fece di male? Non era neanche presente alla festa! Perché è citato nel motivo del disastro?

3) Questa è la più importante: La punizione deve essere in qualche modo legata al peccato. Proprio perché la sua funzione è di rettificare il crimine, di riabilitare il criminale in modo che il problema non si ripeta.

Ora aiutatemi a capire: Come è che l'esilio e la dispersione in tutto il globo può riabilitare un crimine di insensibilità durante una festa?

MISTERO RISOLTO

Nella nostra serie Is Midrash For Real si spiega qual è la chiave di lettura per le storie di questo genere, che fanno parte del Midrash.

Abbiamo anche introdotto uno dei maestri dell'interpretazione midrashica, il seicentesco Rabbino Yehuda Loewe, conosciuto come il Maharal di Praga. Anche in questo caso il Maharal ci aiuta.

La prima cosa da sapere è che quando il Midrash cita un nome, c'è un motivo specifico per la citazione. Il nome vuol dire qualche cosa e in questo caso ha un legame con il tema della storia.

Cos'è "Kamtza", si chiede il Maharal. In primis, la parola kamtza vuol dire, in aramaico, una locusta. Questa è una creatura interessante. Viaggia in massa ma non ha una società. Come è scritto nei Proverbi "non vi è re tra le locuste". Non c'è un leader, un ordine specifico, delle famiglie organizzate... solo una massa di creature simili spostate dal vento.

Nello stesso modo, scrive il Maharal, potrebbe esistere una massa di persone che vivono insieme, lavorano insieme e fanno anche atti di gentilezza ma che comunque sono tenuti insieme solo da un "vento" che li ha uniti. Come le locuste, sono una moltitudine di persone ma non sono un popolo. Semplicemente abitano nello stesso paese ed hanno usi simili e quindi cercano di andare d'accordo.

Cosa c'è di talmente terribile in questo?

Il problema è che non è questo il popolo ebraico sul quale le basi del Tempio sono state costruite. Il Primo Tempio, scrive sempre il Maharal, poneva le basi sulla santità della Terra. La Terra d'Israele richiede una certa santità e questo è specialmente valido per Gerusalemme in particolare quando ci si vuole costruire il Tempio. Una volta questa santità fu profanata dall'idolatria, gli omicidi e l'adulterio, le basi sparirono e il Tempio non poté più reggersi.

Il Secondo Tempio fu costruito su un'altra base: Quella dell'integrità della comunità. Le persone tornarono in Israele dalla Babilonia su propria iniziativa e assunsero la responsabilità di insediarsi nuovamente nella Terra e di ricostruire Gerusalemme ed il suo Tempio. Tornarono come un'unica entità, come una persona con un solo cuore. Su queste basi furono ricostruite Gerusalemme ed il Tempio.

Ma quando l'integrità della comunità iniziò a sgretolarsi, lo stesso accadde alle fondamenta di Gerusalemme e del Tempio. Certo, vi erano ebrei che erano amici tra di loro ma l'amico stesso era un "kamtza", ovvero un alleato nella divisione. Il Maharal spiega che quando le persone vogliono creare delle divisioni prendono una persona come alleato, in questo caso Kamtza, in modo tale che un altro può essere quello odiato: Bar Kamtza. Questo era un segno che il sistema era danneggiato dall'interno. Era diventata una società-kamtza, una massa di individui tenuti insieme dal "vento" ovvero dalle circostanze.

LA CURA NELLA DISPERSIONE

Ebbene, com'è che l'esilio e la dispersione contribuirebbero a risolvere il problema?

Semplice, dice il Maharal. Visto che durante l'esilio gli ebrei non sono più una nazione definita da circostanze geografiche e neanche nel mangiare gli stessi cibi, nel vestirsi in maniera o simile o nel parlare la stessa lingua. La dispersione è sia geografica che culturale e psicologica e per questo siamo forzati a scoprire la nostra unione essenziale che si era trascurata facilmente quando vivevamo tutti nella stessa terra.

E l'abbiamo fatto. L'abbiamo scoperto in una maniera che non potrà mai essere persa.

È incredibile.

Certo, posso già sentire le proteste: Non è sufficiente! Ci sono discussioni! C'è odio e adirittura ebrei che odiano se stessi! C'è disprezzo tra diversi gruppi!

Queste sono le parole degli idealisti.

Ma i pragmatici possono tenere in considerazione la natura umana. Che è incredibile.

Tre adolescenti sono stati rapiti e in qualsiasi luogo di culto ebraico in cui potessi addentrarmi, per tre settimane, si pregava per i tre ragazzi. Da Singapore a Santa Cruz dal tempietto dei Satmar al tempio dei Reform, i nomi dei tre ragazzi erano sulle labbra e nei cuori di chi vi si recava a pregare. Su Twitter, su WhatsApp e sui "mi piace" di FB derivavano da ogni tipo di ebreo immaginabile. Persone che non hanno mai vissuto in Israele e forse neanche mai visitato il paese, erano tutte preoccupate.

Un popolo disperso nel mondo da duemila anni pregava per questi ragazzi, facendo attenzione ad accendere i lumi dello Shabbàt per loro, mettere i Tefillìn per loro, perché? Perché sono ragazzi ebrei. Perché siamo un tutt'uno.

Dopo tre settimane, il terzo giorno del mese di Tammuz, ci è giunta la notizia e il cuore collettivo di Am Israel ha perso un colpo. Molti erano arrabbiati con D-o: come ha potuto permettere che queste preghiere, questa unione, si dissipasse nel nulla.

Ma poi si vide che non vi era un nulla.

Venne fuori che coloro che vorrebbero distruggerci avevano creato una vasta rete di tunnel del terrore, un'intera città nascosta che legava munizioni e tecnologia letale con i gruppi di terroristi, portando a scuole materne e mense di comunità nel sud di Israele.

Il complotto era il più demonico mai sentito: massacrare e rapire centinaia di bambini e civili israeliani durante il giorno sacro di Rosh Hashanà. E di attaccare da terra, cielo e mare. Ogni missile che avrebbero lanciato sarebbe stata una tragedia per Israele. Come disse un membro della Knesset, la tragedia sarebbe stata più immensa di qualsiasi altra nella storia dello stato, incluso quella della guerra di Kippur.

Osservando la storia ci si rende conto che fu il rapimento di quei tre ragazzi che mise in moto la reazione a catena degli eventi successivi che hanno sventato un incubo. Agitati dalle nostre incursioni per arrestare i rapitori, hanno iniziato troppo presto a lanciare i loro missili. Siamo stati forzati ad invadere per eliminare la minaccia. Di conseguenza abbiamo preso prigionieri di guerra i quali ci hanno rivelato i loro progetti mostruosi.

Ma approfondendo di più, vediamo che siamo stati salvati dai tunnel che abbiamo costruito noi. Tunnel sotto la superficie che legano un ebreo in una terra all'altro in un'altra terra, uno da un estremo a quello dell'altro estremo politico o culturale. Dei tunnel, non sottoterra ma nel cielo, non di terrore ma di amore.

Un giovane ebreo coperto di tatuaggi su un volo per Israele scopre che un rabbino Modern Orthodox è in viaggio con la missione di portare dei messaggi di consolazione alle famiglie dei tre ragazzi. Una scintilla si risveglia dentro lui e chiede di pregare con i tefillìn del rabbino. E poi dice "rabbino, a Seattle dove abito non saprei dove acquistare queste scatole nere, ma se ce li avessi li metterei ogni giorno".

A quel punto un chassìd di Satmar — quelli che nei media vengono descritti quali ultra-ultra-ortodossi — si fa sentire dalla poltrona dietro e dice "caro ebreo, se prometti di metterli ogni giorno te li mando io via Fedex gratuitamente".

Se queste tre persone dialogassero, probabilmente non sarebbero d'accordo su ogni tema sotto al sole. Ma come popolo sono un tutt'uno con una Torà, un cuore, e un paio di scatole nere...

Ed ora preghiamo tutti per il benessere degli eroi che mettono la propria vita in pericolo per garantire una vita pacifica per Israele. Preghiamo insieme per ogni persona minacciata dagli attacchi, perché ogni vita è infinitamente preziosa. Spesso controlliamo le notizie come se accadesse qui accanto. In realtà è così perché un ebreo di Parigi, Berlino, Los Angeles o Calgary potrebbe essere attaccato, D-o non voglia per quello che i suoi fratelli stanno facendo per proteggersi in Israele. I nostri nemici sanno benissimo che siamo un tutt'uno.

L'esilio e la dispersione hanno prodotto un miracolo. Hanno creato un'unione irriducibile che altrimenti non sarebbe stato immaginabile.

Questo esilio ha fatto il proprio lavoro. Ora è tempo che si concluda.

Traduzione di Rav Shalom Hazan